Investimenti: la quarta rivoluzione industriale

La meccanica, la distruttiva e la fiduciosa

Sotto è raffigurato uno dei grafici che oggi vanno per la maggiore negli ambienti finanziari (vedi Figura 1):

Questo grafico mostra chiaramente che negli ultimi 80 anni le azioni value hanno sovraperformato le azioni growth per l’83% del tempo. I gestori value ricorrono spesso a questo grafico per mettere in chiaro che – a loro avviso – le azioni value torneranno, e molto presto, a sovraperformare quelle value. Di fatto, quel momento potrebbe essere sopraggiunto già mentre scrivo. Per una parte di quest’anno le azioni value hanno fortemente sovraperformato la media di mercato. È uno slancio che i gestori value devono iniziare a ritrovare anzi, a dirla tutta, che devono proprio compiere. In altri termini, qualsiasi gestore di portafoglio di età superiore ai 30 anni – ossia, presumibilmente, la maggior parte di noi – è stato probabilmente formato, istruito e abituato a ragionare secondo un approccio d’investimento value e secondo la teoria del “ritorno alla media” (mean reversion) degli investimenti. Dopotutto, sovraperformare per tre quarti di secolo nell’83% dei casi è quanto di più vicino a un “risultato certo”, prevedibile in qualsiasi scenario di investimento.

L’importante, quando si interpretano i dati, è trarne le giuste conclusioni. Certamente nessuno vorrebbe uscire dalla bolla “dot com” del 2000 dicendo “bene, dovrò tenermi alla larga da qualsiasi titolo tecnologico”. Significherebbe trarre una conclusione errata da un evento basato sui dati. Quindi, permettetemi di condividere alcuni punti di questa Figura 1 dalla mia prospettiva di gestore growth.

In primo luogo, questo grafico presenta un certo numero di elementi distorsivi. La linea del tracciato precipita al punto da cadere in grembo al lettore, spingendo a domandarsi: “quando finirà tutta questa follia?” Da ostinato gestore growth, per me questo grafico è sottosopra – come le mappe che posizionano in alto l’Australia e in basso il Nord America e l’Europa (vedi Figura 2). Naturalmente non esiste una raffigurazione corretta e una errata. Dipende semplicemente dalla prospettiva.


In secondo luogo, la scala è alterata. Un’asse delle ordinate che rappresenta valori compresi dal +15% al -10% aumenta il peso di un estremo a scapito dell’altro; a nostro parere, un asse simmetrico è più appropriato. In parole povere, correggeremmo queste due distorsioni, modificando la scala e capovolgendo il grafico in modo che assomigli alla Figura 3. Questo grafico ha un aspetto leggermente migliore, ma è necessario aggiungere altro poiché non spiega del tutto i punti che cerchiamo di chiarire.

Il grafico presenta un’altra distorsione che può risultare ancora più difficile da cogliere perché fa leva su un’idea molto ben radicata nella psiche degli investitori value: la teoria del “ritorno alla media” degli investimenti. La teoria del “ritorno alla media” degli investimenti, un pilastro del value investing, è la teoria secondo la quale i fondamentali possono sganciarsi temporaneamente dall’economia ma alla fine ripristineranno un equilibrio stabile. Quindi, per sfruttare con successo la teoria del “ritorno alla media” degli investimenti si dovrebbe investire quando un’azione sta sottoperformando. Questo grafico suggerisce anche implicitamente che ci avviamo di nuovo verso una fase di robusta sovraperformance delle azioni value.

Per illustrare il punto, possono risultare utili due esempi di teoria del “ritorno alla media” degli investimenti. Se il prezzo del petrolio oscilla in una forbice compresa fra 30 e 70 dollari, chi investe secondo la teoria del “ritorno alla media” degli investimenti potrebbe acquistare greggio a 30 dollari e venderlo a 70 dollari. Dopo tutto, i trasporti non spariranno. Ma cosa accadrà quando i veicoli elettrici cominceranno ad avere un impatto significativo sul parco globale delle auto? Se negli Stati Uniti operano tre reti televisive, chi investe secondo la teoria del “ritorno alla media” degli investimenti dovrebbe acquistare l’emittente con i peggiori ascolti perché è destinata a trovare un programma di successo. Del resto, esistono solo tre reti e dobbiamo pur guardare qualcosa. Ma cosa succede quando iniziamo a guardare la TV sui nostri computer?

Crediamo che nei periodi in cui interviene un importante cambiamento comportamentale, la teoria del “ritorno alla media” degli investimenti non funzioni. È nostra convinzione che funzioni meglio in contesti competitivi stabili. La teoria del “ritorno alla media” degli investimenti equivale ad assumere posizioni “short” ossia ad investire contro l’innovazione e il cambiamento. Essenzialmente, è l’idea che si tenda sempre a ripristinare un equilibrio stabile. È una posizione di investimento ardita per chi crede, come noi, di vivere la vigilia di uno dei più grandi periodi di innovazione visti negli ultimi cento anni. Vi consigliamo vivamente di leggere il nostro articolo dell’agosto 2020, “Investire nell’innovazione”, per comprendere meglio il nostro pensiero su questo momento cruciale per gli investitori. Come investitori nell’innovazione sui mercati pubblici, cerchiamo di individuare i momenti di rottura. La rottura fa pensare ad un evento nuovo o diverso, quindi permettetemi di modificare il grafico originale ancora una volta.

Come può vedersi nella Figura 4, abbiamo accorciato la linea temporale agli ultimi 10 anni, ritenendo che un orizzonte temporale di 10 anni sia più appropriato di uno di 85 anni per la maggior parte degli investitori.

A cura di Matthew Moberg, portfolio manager di Franklin Equity Group

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