Asset allocation: l’impatto dei tassi

La Banca Centrale Americana – Federal Reserve System (FED) – ha intrapreso la graduale riduzione dell’acquisto di assets e come infra dettagliato il mercato si attende che un primo rialzo dei tassi seguirà a stretto giro nel 2022. La Banca Centrale Europea (BCE), invece, ha ribadito la volontà di lasciare invariati i tassi di interesse per tutto il 2022: in una sua recente dichiarazione la presidente Lagarde ha dichiarato che è altamente improbabile che nel corso del prossimo anno si verificheranno le condizioni per un rialzo dei tassi alla luce di un’inflazione che, pur in rialzo, non è considerata strutturale. Inoltre, la nuova ondata di Covid che sta travolgendo il vecchio continente e che potrebbe rallentare la ripresa economica, potrebbe indurre la BCE a ulteriore prudenza e a rinviare quindi eventuali decisioni in merito a un cambio delle politiche monetarie.

In questo scenario, ecco di seguito la view di Giancarlo Bilotta, Portfolio Manager e Credit Strategies di Plenisfer Investments SGR.

Una posizione, quella della BCE, a cui i mercati sembrano credere, come si evince dalla curva dei rendimenti a breve termine (fino a 1 anno) dei future del mercato monetario, che riflettono le attese di mercato sulle decisioni di politica monetaria della BCE. In altre parole, il mercato sembra scommettere che l’inflazione sia più un tema da monitorare in America che non in Europa.


Recentemente questa dinamica è visibile nel tasso Eonia Forward a un anno. Il grafico in basso mostra come questo tasso si sia mosso tendenzialmente al ribasso nel corso del 2021.

Questo indica – a nostro avviso – che il mercato oggi crede che la BCE saprà navigare un periodo di inflazione sostenuta senza essere obbligata a interventi urgenti. Diminuisce quindi la probabilità che il mercato si faccia trovare impreparato di fronte a un inatteso aumento dei tassi.

A fronte di questo disallineamento tra banche centrali di USA e Europa, quali sono le implicazioni per le diverse asset class?

  1. I rendimenti nominali a lungo termine dei titoli governativi sono scesi specialmente in Europa dove si è verificata un’ulteriore compressione dello spread dei paesi periferici (Italia, Spagna, Portogallo e Grecia): nelle ultime tre settimane il Bund è tornato a rendere 25 bp negativi rispetto ai 10 di fine ottobre. Questo implica una ulteriore riduzione dei tassi di interesse reali: quelli a 10 anni tedeschi sono pari a -2,21% (utilizzando i bund inflation linked a scadenza decennale).  L’andamento al ribasso in Europa dei tassi reali ha supportato il rally dell’equity: S&P ha infatti registrato a partire da novembre un + 2,5%, in linea con quanto fatto da Eurostocks.
  2. Sul fronte delle valute, il deprezzamento dell’euro nelle settimane recenti è spiegabile, a nostro avviso, alla luce della dinamica dei tassi reali con quelli europei che hanno accelerato al ribasso ampliando il gap con quelli americani. In Plenisfer riteniamo che l’eventuale inasprimento della pandemia in Europa, con conseguenti nuove restrizioni, porterà a un ulteriore indebolimento dell’euro perché gli investitori cercheranno rifugio in valute più forti. Lo stesso vale per i tassi: l’annuncio di lockdown mirati in Austria e di possibili interventi simili in Germania ha generato nervosismo sui mercati poiché la “quarta ondata” è uno dei fattori di attenzione della BCE e potrebbe implicare il prolungamento della fase accomodante e l’ulteriore rinvio del rialzo dei tassi.

In generale, tassi e valute hanno vissuto un periodo di elevata volatilità che invece è rimasta bassa sul fronte dell’equity, asset class che tipicamente a novembre beneficia di una fase di stabilità successiva alla fase dei risultati trimestrali.

In conclusione, per l’ultima parte del 2021, restano due grandi incognite da monitorare, tra loro interconnesse.

Da un lato, per le ragioni descritte, l’evoluzione della situazione pandemica, dall’altro le decisioni relative ai programmi di Quantitative Easing.

Per quanto riguarda la FED, recentemente il Vice Presidente Clarida ha dichiarato che potrebbe essere necessaria un’accelerazione del tapering (il rallentamento del ritmo di acquisti di asset) nel caso in cui i dati dovessero evidenziare, da qui a fine anno, un’ulteriore balzo dell’inflazione con miglioramenti anche sul fronte dell’occupazione. La conferma di Powell alla presidente della FED ha, agli occhi degli operatori, aumentato la probabilità che questo scenario si materializzi e il mercato si attende adesso 3 rialzi dei tassi entro un anno contro i 2 attesi solo un mese fa (stima da curva dei tassi di mercato monetario, fonte Bloomberg).

Nella riunione del 16 dicembre la BCE chiarirà invece come intende sostituire il Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP), in scadenza a marzo, con i programmi di acquisto ordinari. In base alle ultime dichiarazioni della BCE, il mercato si aspetta che parte degli acquisti previsti dal PEPP siano eseguiti attraverso il programma ordinario APP (Asset Purchase Programme) che attualmente si attesta a 20 miliardi di euro di acquisti mensili rispetto ai 70 previsti dal PEPP.

Le attese del mercato saranno rispettate?

Difficile dirlo, ma crescono anche all’interno della BCE gli esponenti che pressano per una riduzione degli stimoli e tra questi, da ultimo, figurano il membro del Comitato Esecutivo della BCE, Isabel Schnabel (tra i responsabili per il piano di acquisti), che vede un possibile rialzo dell’inflazione, e Klaas Knot, membro del Governing Council, che ha dichiarato di non attendersi un impatto sull’inflazione, e quindi sulla politica monetaria, da ulteriori lockdown mirati.

In Europa i tassi reali sono ancora più compressi rispetto a quelli statunitensi e quelli nominali sono in territorio negativo: il mercato potrebbe essere più vulnerabile a un aumento di questi ultimi.

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