Investimenti: perché le small cap battono i giganti

“Guardando all’andamento dei mercati globali nel 2021, nonostante una performance assolutamente positiva rispetto ai paesi industrializzati, i mercati emergenti rischiano di rimanere indietro rispetto ai mercati sviluppati più di quanto non lo abbiano fatto negli ultimi 20 anni circa. Tuttavia, questo vale soprattutto per le grandi aziende che hanno un peso relativamente consistente negli indici di borsa. Se, invece, si analizzano le aziende più piccole di questi mercati, in genere molto più cicliche, la situazione è completamente diversa“. Ad affermarlo sono gli esperti del del team CEE & Global Emerging Markets di Raiffeisen Capital Management, che di seguito spiegano nel dettaglio la view.

Esse sono assolutamente in grado di tenere il passo con i mercati azionari sviluppati. Nel complesso, rimaniamo ottimisti sui mercati emergenti in generale, anche se a breve termine non si intravede ancora nessuna vera inversione di tendenza della performance relativa.

Le small cap dei mercati emergenti quest’anno sono molto più forti dei giganti dell’indice

Uno sguardo più attento rivela che le small cap dei paesi emergenti e, in particolare, di alcuni paesi (come, per esempio, Russia e India) riescono assolutamente a tenere il passo con i mercati azionari delle nazioni industrializzate. Le small-cap generalmente hanno un rendimento leggermente migliore nel lungo termine rispetto alle grandi “blue chip”. Tuttavia, questa discrepanza (circa il 17% solo nei primi 10 mesi nei paesi emergenti) è insolita e suggerisce una correzione in futuro. Prevedendo anche solo un parziale ritorno verso la media, e una continua tendenza di fondo positiva sui mercati, le large cap dei mercati emergenti dovrebbero comunque avere un certo potenziale di ripresa e, di conseguenza, anche molti indici azionari dei paesi emergenti.

Outlook ancora favorevole nel lungo termine per l’azionario emergente

Continuano i flussi di capitale verso i mercati emergenti, sia nelle obbligazioni che nelle azioni, anche se con somme nettamente inferiori a quelle che gli investitori e soprattutto le aziende stanno destinando ai mercati sviluppati e soprattutto agli USA. I flussi di capitale sono tuttavia un fattore determinante soprattutto a breve termine.
Nel lungo termine è più opportuno guardare anche ad altri parametri, come ad esempio le valutazioni. Sotto questo punto di vista il quadro a lungo termine nella maggior parte dei paesi emergenti è decisamente positivo. È quindi molto probabile che l’anno in corso rappresenti una sorta di livello minimo e, per il momento, sembrerebbe che da qui le cose possano solo andare meglio – beninteso, questa considerazione vale relativamente ai mercati emergenti, non necessariamente anche in termini assoluti. Ma anche in termini assoluti la situazione sembra abbastanza buona.
Guardando oltre le valutazioni, non vanno trascurati gli effetti legati alla pandemia. Nonostante i tassi di vaccinazione più bassi, in diversi paesi emergenti i fattori demografici (popolazione più giovane e meno soggetta a malattie gravi) in futuro potrebbero avere un impatto positivo e, a lungo termine, persino significare una predisposizione inferiore a nuove infezioni rispetto all’immunità nei paesi industrializzati basata soprattutto sulle vaccinazioni.

La lotta al cambiamento climatico spinge gli investimenti nei paesi emergenti

La COP26 avrà anche deluso qualche aspettativa. Tra le altre cose, il vertice ha comunque mostrato chiaramente una cosa: le nazioni industrializzate sono chiamate a supportare massicciamente i paesi emergenti in futuro. Da un lato, perché nonostante le riduzioni di CO2 già avvenute, a livello pro capite le nazioni industrializzate si attestano ancora molto al di sopra dei paesi in via di sviluppo, persino della Cina o dell’India. Dall’altro, perché l’Europa, il Giappone e gli USA hanno potuto portare avanti la loro industrializzazione completamente senza alcun rispetto per il clima e l’ambiente. Se ora chiedono che i paesi emergenti agiscano diversamente, dovranno offrire qualcosa in cambio, e qualcosa di molto importante. Nel migliore dei casi, questo significa rilevanti investimenti in infrastrutture sostenibili e in tecnologie rispettose del clima nei paesi emergenti, finanziati dalle nazioni industrializzate. A questo proposito a Glasgow è stato deciso poco o niente, ma dal punto di vista odierno sembra chiaro che ci si muoverà in questa direzione.

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