Mercati: si addensano le nubi all’orizzonte

La settimana rimane incentrata inevitabilmente sul dato legato all’inflazione americana di venerdì prossimo, con stime che vedono il termometro dei prezzi lievitare al 6,7% segnando un nuovo massimo pluridecennale; venerdì scorso pesante delusione per i dati sul mercato del lavoro USA che mostrano la crescita più debole da inizio anno (sebbene con un tasso di disoccupazione che si porta inaspettatamente al 4,2%) senza per questo offrire alcun conforto a chi forse un po’ spera in dati negativi che facciano ripensare alla FED il recente orientamento che appare di giorno in giorno più restrittivo.

Malgrado rassicurazioni sulle prossime evoluzioni dei mercati azionari che appaiono sempre meno convinte, qualcuno inizia a tirare i remi in barca.

Non parlo solo di Goldman Sachs (che ha questo week-end tagliato le stime di crescita statunitensi dello 0,4% per quest’anno e dello 0,3% per il 2022) ma anche di quelli che in teoria dovrebbero avere il polso della situazione, ovvero i CEO delle grandi aziende che malgrado le reiterate promesse di ulteriori rialzi azionari nei mesi a venire, hanno proceduto a liquidare le loro posizioni sulle aziende da loro guidate al ritmo più elevato mai registrato: 69 mld in azioni quest’anno ed un incremento del 30% rispetto all’anno passato (che certo non era ben augurante)…

Come disse il tizio cadendo dal grattacielo: “fin qui tutto bene”.

A cura di Michael Palatiello, ad e strategist di Wings Parnets Sim

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