Mercati: la Fed torna sotto i riflettori

Gli occhi degli investitori sono puntati sulla due giorni della Fed, oggi e domani, per capire quali saranno le prossime mosse. La scelta è quella tra anticipare i tempi di chiusura del tapering, originariamente fissata a fine giugno e quindi alzare i tassi già nel corso del primo semestre del 2022 sacrificando la crescita economica e l’occupazione, oppure lasciare ancora ferma la scadenza di giugno in attesa di ulteriori dati, a beneficio della crescita e dell’occupazione.

Sulla decisione non crediamo che peseranno gli effetti economici della variante Omicron che, secondo alcuni, potrebbe indurre la Fed a un nulla di fatto. Vedremo. Sta di fatto che il cambiamento della strategia di Powell ha destato qualche dubbio tra gli investitori che si chiedono se siano saltati i modelli previsionali dell’andamento dei prezzi al consumo o se invece la Fed non stia diventando sempre più legata alla politica perdendo il suo carattere di indipendenza. Intanto i dati evidenziano un surriscaldamento dell’economia, forti pressioni inflazionistiche e una crescita economica sostenuta (anche se attesa in riduzione). La Fed non può più perdere altro tempo con un atteggiamento morbido e deve dare un segnale forte che è pronta a tutto per combattere l’inflazione.

L’elevata crescita dei prezzi è indubbio che abbia spaventato anche l’amministrazione Biden che, non dimentichiamolo, dovrà affrontare le elezioni di midterm nel novembre 2022, e non gradisce in alcun modo avere una economia con prezzi al consumo in forte crescita che vanno a colpire, come una tassa neanche tanto occulta, le famiglie meno abbienti.

Nel breve periodo la Fed ha tuttavia pochi strumenti per fronteggiare l’inflazione dovuta ai prezzi energetici e ai colli di bottiglia nel sistema di approvvigionamenti (in probabile ulteriore aumento a causa della nuova variante), ma può invece fare molto per ridurre le aspettative di inflazione di medio/lungo periodo. Per fare questo è però necessario un deciso cambio di rotta nella politica monetaria. Lecito quindi aspettarsi che al prossimo meeting la riduzione degli acquisti di titoli governativi possa anche essere maggiore di quello che si aspettano i mercati proprio per dare un segnale forte e abbassare le aspettative di inflazione di medio termine.

Un cambio radicale della politica monetaria che aumenta i dubbi sulle dichiarazioni troppo soft e dovish degli scorsi mesi. Possibile quindi che la FED possa decidere di raddoppiare o triplicare la velocità del tapering, tagliano gli acquisti di 30/45 miliardi di dollari al mese (dai 15 miliardi attuali), terminando il processo nei primi mesi del 2022 ed avere così le mani libere per un rialzo dei tassi. Se necessario.

Che succede al mercato azionario se questo scenario dovesse essere confermato?

Nel 2022, pur in presenza di un possibile aumento dei tassi nominali e di una riduzione dell’inflazione, i tassi reali dovrebbero rimanere ancora negativi (ma meno che nel 2021) e questo favorirebbe il mercato azionario, anche se ci aspettiamo una minore spinta rispetto al 2021. Nella fase di transizione vediamo però un aumento delle volatilità. Diversamente dal 2021, crediamo che la scelta premiante sarà quella di un approccio bottom up, piuttosto che top down.

A cura di Antonio Tognoli, Head of Research di Integrae Sim

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