Investimenti: l’obbligazionario s’è desto

La volatilità del mercato obbligazionario è aumentata di recente, mentre le banche centrali cercano di trovare un equilibrio tra l’alleviare i timori sull’inflazione e continuare a incoraggiare la crescita. Questo a seguito di un lungo periodo in cui la volatilità delle obbligazioni è stata artificialmente soppressa dalle enormi iniezioni di liquidità delle banche centrali che si sono succedute dopo la crisi finanziaria globale”. A sostenerlo è Quentin Fitzsimmons, gestore del fondo T. Rowe Price Funds SICAV – Global Aggregate Bond Fund di T. Rowe Price, che di seguito illustra nel dettaglio la view sul settore dei bond.

Quanto dura un periodo “transitorio”?

L’inflazione sta destando preoccupazione in tutto il mondo, poiché in seguito all’allentamento delle misure di lockdown dovute all’epidemia da COVID-19 la ripresa della domanda repressa si scontra con i vincoli dell’offerta e l’aumento dei prezzi dell’energia. I mercati hanno reagito speculando sulla velocità con cui le banche centrali potrebbero ridurre gli acquisti di asset e aumentare i tassi di interesse: da qui la volatilità nei mercati del reddito fisso, in particolare nella parte anteriore della curva. Finora, le principali banche centrali hanno risposto insistendo sul fatto che “guarderanno oltre” l’aumento dell’inflazione, perché è probabile che essa sia di natura transitoria.

Questa affermazione sta diventando più difficile da sostenere, tuttavia, e gli istituti centrali stanno sentendo la pressione. La realtà è che le banche centrali dei Paesi più piccoli, la cui credibilità è più fragile di quelle della Fed o della BCE, stanno già cedendo: quella brasiliana e russa, per esempio, hanno entrambe aumentato i tassi rapidamente. Ma anche quelle più tradizionali e ortodosse si stanno lentamente facendo trascinare: lo abbiamo visto all’inizio di novembre, quando la Reserve Bank of Australia ha annunciato che abbandonerà la sua politica di controllo della curva dei rendimenti.

È difficile non provare un po’ di comprensione per le banche centrali: il dilemma che affrontano è davvero difficile. Se sono troppo lente a reagire alla minaccia dell’inflazione, questa potrebbe andare fuori controllo; se agiscono troppo in fretta, rischiano di spaventare i mercati e strangolare la ripresa. Devono quindi procedere con molta attenzione: per quanto cautamente venga comunicato, se una banca annuncia che potrebbe dover alzare i tassi l’anno successivo, i mercati aggiusteranno immediatamente le loro aspettative e questo causerà volatilità.

In effetti, proprio questo scenario si è verificato recentemente, quando la BoC (Bank of Canada) ha rilasciato una dichiarazione in cui ha detto che prenderà in considerazione l’aumento dei tassi “nei trimestri centrali del prossimo anno” in risposta all’aumento dell’inflazione. Mentre un vago impegno a pensare di alzare i tassi a metà del 2022 potrebbe suonare come una posizione da colomba per molti investitori, i mercati hanno reagito come se la BoC avesse adottato una posizione da falco: il dollaro canadese è impennato, e i bond sono stati colpiti duramente.

Gli investitori sono alla ricerca di strategie per gestire la volatilità

Finché permane l’incertezza sul percorso dell’inflazione e sulle risposte delle banche centrali, è probabile che la volatilità nei mercati del fixed income persista. Gli investitori obbligazionari preoccupati si stanno affrettando a comprare titoli legati all’inflazione come forma di assicurazione contro il continuo aumento dei prezzi, per poi scoprire che non ce n’è abbastanza per tutti. I Paesi che emettono debito legato all’inflazione affrontano un problema di passività contingente, nel senso che se l’inflazione continua a salire, anche il costo del servizio di quel debito aumenterà. Questo è il motivo per cui alcuni Paesi, in particolare il Regno Unito, sembrano riluttanti ad emettere più obbligazioni legate all’inflazione, anche se è chiaro che per esse c’è mercato.

Un altro modo per mitigare il rischio sarebbe quello di ridurre l’esposizione ai tassi d’interesse abbassando la duration di portafoglio, o addirittura eseguendo una strategia di duration negativa. In alternativa, gli investitori possono prendere in considerazione strategie di posizionamento strutturale della curva, che cercano di beneficiare dei cambiamenti nella forma della curva dei rendimenti, non solo del livello complessivo di duration.

Al momento, tentare quest’ultima strategia può essere complicato, perché non c’è accordo sul fatto che la curva dei rendimenti debba essere più piatta o più ripida. I rendimenti diventano più ripidi se ci si aspetta una ripresa, ma anche se si prevede una maggiore inflazione, perché la gente vuole essere compensata per tale rischio. Recentemente, però, la curva si sta appiattendo: questo è un fenomeno comune all’inizio di un ciclo di rialzi dei tassi, quando la parte anteriore della curva si sposta verso l’alto e la parte posteriore rimane ancorata o si sposta verso il basso a causa delle preoccupazioni sulla crescita futura. Una curva che si appiattisce implica che i mercati ritengono che le banche centrali principali prenderanno presto la decisione di operare dei rialzi.

La probabilità di una volatilità continua rafforza le ragioni per adottare un approccio attivo agli investimenti obbligazionari, in particolare perché al 29 novembre l’indice Bloomberg Global Aggregate Total Return segnava un calo del 4,5% per il 2021. Non solo esiste un’ampia gamma di risultati potenziali a seconda della velocità, dei tempi e dei livelli dei rialzi delle banche centrali, si deve anche operare una scelta di asset class – quanta protezione dall’inflazione si vuole, e quanto essa costerà – così come di posizionamento della curva dei rendimenti: è un contesto davvero adatto alla gestione attiva.

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