Asset allocation: azionario europa vs Usa, i quattro punti da considerare

È il momento delle previsioni per il nuovo anno e, come sempre, non ci si chiede soltanto se il prossimo sarà un periodo buono o cattivo per il mercato azionario. Dalla sfera di cristallo si vorrebbe sapere anche se nell’arco dei prossimi dodici mesi le Borse americane andranno meglio di quelle europee. “Questa volta sembra esserci un consenso unanime nel prevedere per il 2022 un boom delle borse del Vecchio Continente. Un boom per davvero, questa volta – sarebbe forse il caso di aggiungere, visto che la scommessa sull’Europa, più volte rinnovata, si è sempre mostrata perdente”. Ad affermarlo è Walter Sperb, Capital Market Strategist di Flossbach von Storch, che di seguito illustra nel dettaglio l’outlook.

Per quale motivo l’indice azionario statunitense S&P 500 riesce sistematicamente a mettere a segno risultati assai migliori del suo corrispettivo europeo, l‘indice Stoxx 600, avente simile capitalizzazione?

E poi: i buoni risultati degli ultimi anni depongono a favore di una prosecuzione del trend o siamo invece di fronte a una roulette? Dobbiamo pensare che se la pallina si è fermata sul rosso per dieci volte consecutive, al prossimo giro non potrà che toccare al nero? Se questo non può assolutamente dirsi al tavolo da gioco, in borsa le tendenze non di rado derivano da motivazioni dalle quali può dipendere la relativa prosecuzione o, al contrario, un imminente cambio di rotta. Cominciamo dunque a interrogarci sul perché della tendenza e probabilmente arriveremo a capire se la stessa proseguirà o s’invertirà.

L’andamento dei titoli azionari rispecchia in primo luogo l’andamento dei profitti delle imprese sottostanti. Per vedere quanto stretta sia questa correlazione basta uno sguardo ai dati storici: a metà novembre del 1955 l’indice S&P 500 quotava 46,50 punti e, in 66 anni, il suo valore è aumentato di quasi cento volte. Ma dall‘inizio degli anni Cinquanta anche gli utili delle imprese su cui si basa l’indice S&P 500 sono centuplicati. Si può dunque affermare che l’indice è cresciuto ma non è rincarato. Gli investitori lo pagano dunque cento volte di più, ma ricevono anche un guadagno cento volte maggiore.

L’aumento degli utili delle imprese, che trascina poi l’aumento dei corsi azionari, è impressionante. Altrettanto impressionante è anche la costanza dell’incremento, che per quasi settant’anni si è aggirato intorno al 7% annuo. La tendenza non è cambiata negli ultimi 20 anni. Proprio tale forza e prevedibilità degli utili medi, in altre parole la qualità degli utili, rendono particolarmente interessanti le imprese statunitensi per gli investitori.

Per le imprese europee il quadro appare molto diverso, o almeno per la maggior parte di esse. Lo Stoxx 600, un indice azionario generale, è composto in grande misura da imprese cicliche il cui andamento è fortemente influenzato dalla congiuntura economica. Per via di questa direzione fortemente ciclica, non soltanto la crescita degli utili delle imprese confluisce in modo meno significativo nell’indice, ma registra anche oscillazioni molto maggiori, a seconda che l’economia corra o meno.

Per l’investitore, ciò significa che un investimento nello Stoxx 600 comporta un rischio maggiore rispetto all’investimento nello S&P 500, e ne consegue che il mercato debba costare complessivamente meno. Diversamente, cioè a parità di prezzo, l’investitore accorto prediligerebbe il mercato caratterizzato da una crescita degli utili più marcata e stabile, ovvero il mercato USA. La seconda conseguenza è che chi sceglie di investire nel mercato azionario europeo debba essere molto ottimista circa le prospettive di crescita degli utili e dell‘economia.

Tutto diventa chiaro se per comprendere il potenziale del mercato europeo si affronta la domanda “Cosa sconta il mercato?”. Ipotizziamo per i prossimi anni un livello dei tassi e una crescita degli utili entrambi al 3%. In questo modo presupponiamo che gli utili delle imprese presenti nello Stoxx 600 crescano di 1,5 volte rispetto ai decenni passati. Per un mercato molto ciclico, si tratta di un’ipotesi molto ottimistica. Si dovrebbe di conseguenza inserire nel nostro calcolo un livello dei tassi molto superiore – normalmente se ci si attende una crescita robusta, si mette in conto anche un certo incremento dei tassi d‘interesse.

In tale scenario per l’indice Stoxx 600 si prospetterebbe un potenziale di crescita del 10% abbondante. La crescita degli utili delle imprese statunitensi dovrebbe però dimezzarsi rispetto agli ultimi 10, 20, 40 e 70 anni. A parte il fatto che servirebbe una spiegazione convincente per uno scenario che contempli una marcata crescita degli utili di azioni cicliche, a fronte invece di un dimezzamento della crescita dei risultati di aziende che da decenni risultano costanti, ciò non basterebbe per giustificare un andamento migliore delle azioni in Europa.

Si potrebbe giustamente argomentare che l’investimento ciclico non viene scelto principalmente in ragione delle aspettative di utile a lungo termine, bensì affiancato in momenti molto precisi, ovvero quando si prospetta una crescita economica sostenuta. In questo caso si tratterebbe però di una strategia di “market timing”, mirata a conseguire un guadagno grazie all’individuazione del miglior momento di ingresso e uscita.

Si tratta di strategie rischiose e per sceglierle occorre piena consapevolezza. Osservando l’andamento relativo del mercato azionario europeo rispetto a quello statunitense dal 2008 a oggi, si può chiaramente osservare una tendenza inequivocabilmente favorevole al mercato statunitense. Dunque chi punta sul miglior andamento delle borse europee si assume un rischio maggiore, esattamente come chi, in una scommessa sportiva, punti su un outsider. È comprensibile che la quota per la vittoria dell’outsider sia notevolmente più cara. Chi punterebbe 100 euro su una squadra di serie B in una sfida con i campioni in carica di serie A, con la prospettiva di un guadagno di 5 euro in caso di vittoria degli sfidanti? Allo stesso modo, gli investitori che vogliono puntare sull’Europa a livello di andamento azionario devono sapere che in tre delle 4 (brevi) fasi in cui le borse del Vecchio Continente hanno battuto quelle statunitensi per almeno due settimane non si è mai concretizzato un guadagno del 10%.

Tutte queste circostanze naturalmente non escludono che anche nel 2022 possano esserci brevi periodi in cui i fan delle azioni europee vedranno avverarsi la speranza della vittoria dell’outsider sul campione in carica. Resta comunque il fatto che simili previsioni sono soltanto speculazioni, ossia scommesse con un rapporto probabilità/rischio avverso. Dovesse concretizzarsi la crescita auspicata, se ne trarrebbe vantaggio anche optando per borse o mercati stabili. In assenza di crescita, invece, si starà decisamente meglio scegliendo questi ultimi e non investimenti ciclici.

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