Ma questa non è la sola buona notizia perché relativamente alle iscrizioni all’Albo unico dei consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede, alla data del 1° ottobre 2021, risultano pari a 52.181. Da inizio anno al 30 novembre scorso sono state deliberate 2.566 iscrizioni, numero quasi raddoppiato rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (1.359). È evidente, dunque, il trend di crescita delle iscrizioni. Relativamente alla sezione dei consulenti finanziari autonomi, al 26 novembre 2021 risultavano 421 iscritti (da inizio anno sono state deliberate 136 iscrizioni) e 48 Società di consulenza finanziaria (da inizio anno deliberate 4 iscrizioni).
Un recente studio di Bain & Company ha rilevato che il segmento affluent (con ricchezza investibile fino ai 500 mila euro), servito per il 65% del mercato dai player tradizionali, sta lentamente ma costantemente evolvendo verso il modello delle reti. I consulenti rosicchiano circa l’1% annuo alle banche, e lo studio prevede per i prossimi anni un incremento addirittura superiore. E nell’altrettanto recente studio di Excellencc Consulting si dimostra che le prime sette reti di consulenti finanziari (Fideuram, Banca Mediolanum, Finecobank, Banca Generali, Azimut, Allianz Bank FA, Banca Euromobiliare) si sono dimostrate più remunerative nei confronti degli azionisti rispetto alle prime sette banche commerciali (Unicredit, Intesa Sanpaolo, BancoBpm, MPS, Credit Agricole, Bnl, Credem). Infatti, il Roe, ricalcolato non considerando le rettifiche sui crediti imputabili all’effetto Covid, in media è pari al 22% per le reti, mentre per le commerciali si ferma al 2%. Determinanti sul risultato in particolare sono le rettifiche su crediti: 0,7 bps rispetto agli asset nel caso delle reti, 25 bps per le banche commerciali. Insomma, se i primi trent’anni dell’industria si chiudono con questi risultati, c’è da credere che i prossimi trenta saranno altrettanto entusiasmanti.