Mercati al crocevia della Fed

L’attenzione è ovviamente tutta concentrata sulle attese del discorso di Powell, che dovrà porre molta attenzione a ogni singola parola evitando di mandare segnali poco chiari ai mercati.

Già troppi infatti sono stati gli errori di comunicazione: prima ha negato la necessità di aumentare i tassi nel 2022, poi ha sostenuto che sarebbe passato un po’ di tempo tra la fine del tapering e l’aumento dei tassi e infine ha lasciato intendere che il primo rialzo ci sarà immediatamente dopo la chiusura del tapering. Segnali molto contrastanti che i mercati non accolgono mai con favore, ed infatti hanno reagito aumentando “l’indice della paura”, il VIX (volatilità), che ieri ha toccato i massimi degli ultimi 12 mesi.

La situazione si complica ulteriormente per effetto dell’inasprirsi dello scenario geopolitico relativo all’Ucraina, i cui venti di guerra potrebbero far salire ulteriormente il prezzo del gas, vanificando gli sforzi per tenere sotto controllo l’inflazione e minare la ripresa economica. Questo vale ovviamente per l’Europa che, nell’ipotesi di un forte rallentamento economico e in presenza di un dollaro forte, potrebbe non fornire un adeguato supporto alle esportazioni USA, contribuendo a smorzare la crescita del PIL.

La paura degli investitori non è tanto relativa ad un aumento dei tassi di interesse a marzo, che sembra essere ormai stata digerita dai mercati. Quanto sul fatto che la FED stia precipitando verso un errore politico inasprendo oltre il dovuto le condizioni monetarie, soprattutto in vista di un peggioramento dei dati economici.

Gli indici PMI manifatturiero e dei servizi rilasciati lunedì scorso hanno infatti segnalato che l’attività commerciale e dei servizi si stanno indebolendo velocemente, a causa in gran parte degli effetti dell’impatto di Omicron. Ma anche la fiducia dei consumatori rilasciata ieri si è indebolita e la stima dell’indicatore dell’Università del Michigan di gennaio che verrà rilasciato venerdì prossimo è atteso in flessione, ponendo ulteriori ombre sulla ripresa economica. In altre parole, il rischio che si corre è che una crescita troppo veloce dei tassi inneschi una shock sulla crescita economica (al momento i Fed Funds stanno scontando 4 rialzi nel 2022).

Ma sono anche altre le risposte che gli investitori si attendono dalla FED: come verrà ridotto il bilancio da oltre nove trilioni di dollari, che Powell stesso ha riconosciuto essere molto al di sopra di quanto dovrebbe essere, senza tuttavia fornire indicazioni di come potrebbe essere ridotto?

Siamo anche a ridosso della campagna di rilascio degli utili del quarto trimestre, ma soprattutto delle anticipazioni sull’andamento del 2022 delle società quotate. Secondo quanto riportato da Facset, nel 4Q21 le banche dell’indice S&P 500 sono attese ridurre gli utili netti del 2,4% rispetto al 4Q20. Le banche USA che nel 2022 saranno inoltre alle prese con il problema delle riserve costruite nel 2020 per arginare le perdite su crediti causate dal Covid, che nel 2021 con la ripresa economica hanno cominciato a rilasciare spingendo i risultati. Va da se che l’effetto sui risultati 2022 sarà molto meno visibile rispetto al 2021. Gli utili netti delle altre società dovrebbero invece essere cresciuti del 22% nel 4Q21 rispetto al 4Q20, grazie soprattutto ai settori energetico, industriale e dei materiali.

A cura di Antonio Tognoli, Head of Research di Integrae Sim

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