Axa IM: azionario senza alternative

I temi fondamentali del 2022 saranno quelli che hanno caratterizzato la fine del 2021. Ovvero: l’impatto del Covid sui mercati, l’evoluzione dell’inflazione, la possibile crescita dei tassi, le elezioni e la transizione green. Tuttavia, ciò che emerge dall’outlook 2022 di Axa IM, è che il quadro attuale reggerà fino alla metà dell’anno, momento in cui potrebbe assestarsi o cambiare. Non manca il rischio Italia. Ma andiamo nel dettaglio.

Rischio inflazione. Secondo Alessandro Tentori (nella foto a destra), cio di Axa Im Italia, «il boom dell’inflazione potrebbe rivelarsi più lungo e marcato delle aspettative e questo avrà effetto sui prezzi degli asset e potrebbe portare cambiamenti sul fronte geopolitico e sui beni alimentari. Occorre monitorare». Continua: «nel prossimo biennio il Covid uscirà lentamente di scena e a tenere banco saranno le strette monetarie. La pandemia purtroppo ci accompagnerà ancora per almeno un paio d’anni, pur se in forma sempre più blanda, con potenziali sorprese legate a eventuali nuove varianti. Poi ci sono le incognite elettorali: il voto di midterm negli Stati Uniti, le presidenziali in Francia, la partita del Quirinale in Italia e le elezioni politiche in Giappone, con gli effetti del carovita che potrebbero pesare sulle scelte dei cittadini. C’è il tema delle politiche fiscali e monetarie, dagli enormi bilanci delle banche centrali alla gestione dei debiti pubblici. E infine la transizione verde, con i suoi effetti su inflazione e crescita». Secondo gli esperti di Axa IM, sul fronte della crescita economica il futuro non dovrebbe deludere le aspettative: anche se meno brillante del 2021, il 2022 è destinato a segnare una buona progressione del Pil reale mondiale (+4,2%), trainato da Cina (+5%), Stati Uniti (+3,5%), Eurozona (+3,9%) e Giappone (+3,5%), con una performance di tutto rispetto da parte di Italia (+3,7%), Germania (+3,5%) e Francia (+3,6%). «Assisteremo a un incremento del Pil reale ancora superiore ai livelli di crescita potenziale ai quali tuttavia le economie dovrebbero riallinearsi nel 2023, con un rallentamento rispetto all’anno precedente», precisa l’esperto.

Sottolinea Gilles Guibout, head of European Investment Strategies di AXA IM Italia: «la crescita globale dovrebbe rimanere forte quest’anno, fornendo sostegno a quella degli utili societari. Tuttavia, particolare attenzione dovrà essere prestata agli sviluppi dell’inflazione, date le sue probabili implicazioni per il ritmo con cui le banche centrali abbandoneranno le politiche monetarie accomodanti. Un’inflazione superiore alle aspettative potrebbe portare a un aumento dei tassi più forte del previsto e quindi causare una contrazione dei multipli di valutazione del mercato azionario, in particolare per i titoli growth il cui premio è stato raramente così elevato».

L’Europa e i Paesi emergenti. Nel medio periodo l’Europa sarà favorita dagli effetti del piano Next Generation Ue, mentre la crescita cinese dipenderà dalle scelte di politica monetaria di Pechino e quella statunitense da come sarà composto il Congresso uscito dal voto di midterm. Sui Paesi emergenti, invece, pesa il macigno dell’inflazione che da una parte comprime i consumi e dall’altra costringe le banche centrali a rincorrere il carovita alzando i tassi anche per stabilizzare le proprie divise.

Quali asset class. Dice Tentori: «attenzione alle valute che potrebbero rivelarsi interessanti. Alcune banche centrali stanno già alzando i tassi, in alcuni casi bruciando le tappe, mentre altre dichiarano che non lo faranno per tutto il 2022: questo scarso coordinamento della politica monetaria globale finisce per avere la sua valvola di sfogo proprio sul mercato valutario il cui andamento sarà dominato dal differenziale dei tassi d’interesse. Nel nostro Outlook consigliamo di investire su asset comunque denominati in valute forti, perché quelle emergenti sono ancora troppo volatili e sensibili all’inflazione, con l’euro che potrebbe indebolirsi ancora un po’ rispetto al dollaro o alla sterlina».

La view della casa è difensiva sul comparto obbligazionario governativo perché i tassi d’interesse saliranno anche nelle economie avanzate. Neutrale sul credito emergente e high yield, asset class care ma ancora in grado di realizzare discrete performance e sui titoli indicizzati all’inflazione. Aggiunge: «riteniamo invece che le materie prime abbiano in buona parte già toccato il picco delle quotazioni. La corsa delle commodity energetiche, in particolare, dovrebbe prendersi una pausa

nel 2022. Attenzione però, perché settori come quello dei metalli industriali strategici dovrebbero restare nella loro “bolla strutturale” anche nei prossimi anni, a partire dal litio così prezioso per le batterie».

Non c’è alternativa all’azionario. Meglio i titoli value. Infine, non c’è alternativa all’equity, fino a quando le banche centrali resteranno al centro del palcoscenico, riuscendo a governare le tante incognite in gioco senza fare errori. E in questo settore Axa IM preferisce l’Europa, favorita dai titoli value (ovvero quelli appartenenti a comparti stabili ma dal tasso di crescita contenuto, per esempio le utilities) e soprattutto dai bancari, perché forse potrebbero rappresentare il cavallo di battaglia in un mondo che sta alzando i tassi d’interesse. Afferma Guibout: «se guardiamo all’impatto dell’inflazione sui settori, tutte le società hanno trasmesso l’aumento dell’inflazione ai clienti finali. Il settore che ha sofferto di più è stato quello alimentare. Noi favoriamo società che possono in grado di trasmettere i costi dell’inflazione al cliente finali». In questa fase, oltre al debito c’è anche. molta leva sui mercati finanziari. Un veloce rialzo dei tassi può creare shock finanziario? Conclude: «ci sarà un ribilanciamento perché le banche centrali ritroveranno un nuovo equilibrio, si sono dimostrate attente ai segni di volatilità. Negli ultimi 15 anni ci sono stati progetti zombie che senza i tassi a zero non sarebbero stati finanziati ma continuo a pensare che ogni ritracciamento sia un’opportunità di acquisto e non di vendita». Quanto al possibile rischio Italia, dice: «abbiamo cominciato a discuterne da qualche settimana nonostante lo spread si fosse allargato già da febbraio. Il tema oggi è l’aumento del costo di rifinanziamento, ai costi attuali ci vorrebbero altri dieci anni per avere un rapporto debito Pil uguale al pre-Covid, stando ottimisti…Quanto all’Italia, non mi sento di escludere un’ulteriore tensione sugli spread sovrani. Uno scenario che potrebbe ripresentarsi anche tra qualche mese, in occasione delle elezioni in Francia».

 

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