Asset allocation: la view di Allianz GI

“Un’attenuazione della pandemia potrebbe significare anche l’inizio della fine dell’inflazione? Non dappertutto e non nell’immediato”, fa notare Stefan Rondorf, Senior Investment Strategist, Global Economics & Strategy di Allianz Global Investors, che di seguito illustra la view e l’asset allocation strategica di Allianz GI.

Nel quadro dell’instabilità che ha caratterizzato l’inizio del 2022 sui mercati finanziari, una notizia è passata sorprendentemente inosservata: i modelli previsionali sulla COVID-19 dell’Università di Washington, conosciuti in tutto il mondo, indicano che in molti Paesi nei mesi di febbraio e marzo si verificherà una flessione consistente e quasi improvvisa dei contagi: che sia l’inizio della fine della pandemia? Di certo non mancano argomenti validi a favore quantomeno di una maggiore possibilità di controllo sulla COVID-19 nell’anno in corso: alla luce delle vaccinazioni (booster) e dell’enorme numero di contagi delle ultime settimane, dovremmo poter contare su una forte immunizzazione della popolazione che ostacolerebbe la diffusione di nuove varianti. I progressi in campo scientifico consentono un adeguamento sempre più rapido dei vaccini alle mutazioni. Inoltre, farmaci innovativi ed efficaci riducono il rischio di morte in caso di infezione grave. Quindi, “tutto bene quel che finisce bene”?

Se guardiamo ai mercati finanziari non è tutto così chiaro, come dimostrano anche i seguenti interrogativi:

– Una potenziale attenuazione della pandemia significherebbe anche l’inizio della fine dell’inflazione? Non dappertutto e non nell’immediato: sebbene dalle filiere globali giungano i primi segnali di distensione, il processo di normalizzazione potrebbe richiedere alcuni trimestri. Inoltre, bisogna considerare che i prezzi delle merci sono influenzati soprattutto dalla flessione dei costi di trasporto e dalla ripresa della produzione. I prezzi dei servizi dipendono maggiormente dal costo del lavoro, e data la forte crescita salariale, soprattutto negli USA, dovrebbero mantenersi alti malgrado il rientro sul mercato di numerosi lavoratori. Dovrebbe trovare conferma solo il calo dei tassi di crescita percentuali annui dei prezzi dell’energia.

– Cosa significherebbe per l’economia una riduzione delle limitazioni dovute alla pandemia? Si assisterebbe a un netto incremento della domanda in aree quali viaggi, eventi e tempo libero. Tuttavia, non è possibile recuperare completamente le attività rimandate (come viaggi e vacanze), per cui l’impatto della domanda repressa dei consumatori sarebbe solo parziale. D’altro canto, la domanda di beni di consumo come mobili e prodotti per l’arredamento, nettamente aumentata durante la pandemia, potrebbe mostrare un graduale rallentamento. Il comparto manifatturiero deve gestire un volume consistente di ordini arretrati, la cui evasione sarebbe facilitata da minori limitazioni e difficoltà di approvvigionamento di prodotti intermedi e semilavorati. Nel complesso, nel 2022 la crescita dovrebbe confermarsi solida.

– Cosa significherebbe per le banche centrali? Negli ultimi mesi numerose autorità monetarie, come la Federal Reserve USA, hanno intrapreso un percorso volto a contenere l’inflazione. Sebbene in alcuni settori i rincari dei prezzi potrebbero rallentare, è improbabile che le banche centrali per il momento cambino strategia. Dovrebbero anche tenere in minor considerazione i rischi congiunturali di ribasso legati alla pandemia. Di conseguenza, è probabile che la riduzione degli stimoli monetari prosegua.

Questo primo approccio ad un contesto post-pandemia è ancora caratterizzato da numerosi elementi di incertezza. E’ evidente però che la differenziazione avrà una rilevanza centrale, tanto a livello di Paesi (chi uscirà dalla pandemia e quanto velocemente?) quanto di settori economici e industriali (quali aree saranno favorite, dove è presente una capacità inutilizzata, quali società potrebbero risentire di una contrazione di fatturato e utili?). In definitiva, si tratta un contesto ideale per i gestori attivi.

Allocazione tattica: azioni e obbligazioni

– Per diverse asset class l’anno si è aperto all’insegna della debolezza. In definitiva, l’annuncio di un inasprimento della politica monetaria ad una velocità inaspettata da parte della Federal Reserve USA ha portato a una generale riduzione del rischio all’interno dei portafogli, acuita anche dalla momentanea impennata dei contagi e dalle crescenti tensioni tra Russia e NATO.

– I dati economici recentemente si sono rivelati eterogenei, tanto in termini di area geografica quanto settoriale. A fine quarto trimestre 2021 la congiuntura USA si è rafforzata ulteriormente, mentre l’ondata di Omicron ha frenato l’espansione soprattutto in Europa. Dalla Cina giungono segnali di stabilizzazione sempre più numerosi. Il comparto manifatturiero beneficia della generale distensione lungo le filiere, mentre il settore dei servizi è ancora una volta penalizzato dall’andamento della pandemia. La crescita si conferma complessivamente robusta, e nel corso del 2022 dovrebbe beneficiare dell’attenuazione dei timori legati al coronavirus.

– Le preoccupazioni sull’andamento dell’inflazione resteranno con ogni probabilità un tema centrale. I rincari delle commodity potrebbero rallentare in caso di aumento dell’offerta, ma nel settore dei servizi è attesa un’ulteriore accelerazione degli aumenti di prezzo. A risentire di una simile situazione sarebbero tutti gli asset obbligazionari nominali.

– Di conseguenza, è probabile che l’inasprimento monetario proceda. Alla riunione di gennaio la Federal Reserve ha annunciato l’avvio del ciclo di rialzo dei tassi in marzo. Ci aspettiamo almeno quattro inasprimenti nel 2022. Inoltre, nel secondo semestre dell’anno dovrebbe iniziare anche il ridimensionamento del bilancio. Solo allora l’inversione di rotta rispetto al picco della liquidità globale inizierà davvero.

– In tale contesto è consigliabile adottare un atteggiamento di maggiore cautela. Un approccio più selettivo alla scelta degli investimenti a livello di settori e aree geografiche dovrebbe rivelarsi ancora premiante.

Azioni

– Nelle ultime settimane l’annuncio della Federal Reserve, la più importante banca centrale al mondo, in merito all’avvio di un ciclo di rialzo dei tassi ad una velocità inaspettata, ha avuto alcune ripercussioni sui mercati azionari: i titoli growth, sensibili ai tassi, hanno sofferto; ci riferiamo in particolare alle aziende con business model meno comprovati e concreti. Alcuni settori ciclici sensibili al ciclo economico, come la finanza, hanno invece beneficiato della situazione.

– A nostro avviso l’andamento degli utili resterà di supporto, anche se è prevedibile che non si registreranno più gli elevati tassi di aumento degli ultimi trimestri, ascrivibili agli effetti base. Per numerosi titoli azionari il vento contrario proverrà dalle valutazioni, e non dagli utili.

– A livello geografico, il contesto attuale potrebbe mettere in dubbio almeno temporaneamente la pluriennale supremazia del mercato azionario USA. In Europa, in Giappone e nei Paesi emergenti le valutazioni azionarie appaiono più convenienti e la percentuale di titoli growth è inferiore. D’altro canto, queste aree offrono maggiori opportunità nei settori sensibili al ciclo economico. In generale, comunque, il contesto dovrebbe rivelarsi volatile.

Obbligazioni

– Le preoccupazioni circa le conseguenze dell’imminente normalizzazione della politica monetaria e la reflazione più consistente del previsto a livello globale, dovrebbero esercitare pressioni rialziste sempre più forti sui rendimenti delle obbligazioni dei G4.

– Tale fenomeno sarà particolarmente evidente negli USA, dove nel tratto a breve della curva dei rendimenti (p.e. nei titoli a due anni) potrebbero essere scontati ulteriori inasprimenti dei tassi. Nell’Eurozona, almeno per il momento, dovrebbero essere i titoli a lunga scadenza ad avere rendimenti più alti. Per ora ci attendiamo che la BCE non aumenti i tassi di riferimento nel 2022, ma il dibattito su questo tema e sui possibili rialzi nel 2023 probabilmente si intensificherà.

– Le obbligazioni societarie dovrebbero beneficiare della solidità dell’economia, ma non saranno probabilmente immuni all’aumento dei rendimenti dei titoli governativi (parola chiave: rischio di duration).

– I differenziali di rendimento delle obbligazioni dei Paesi periferici dell’Eurozona dovrebbero beneficiare ancora del sostegno degli acquisti di asset della BCE, ma potrebbero essere vulnerabili a un eventuale aumento dell’avversione al rischio.

Valute

– La crescente divergenza tra le politiche delle diverse autorità monetarie e le attese sui tassi sostengono ancora il dollaro USA. In ogni caso, in base ai nostri modelli di valutazione, l’USD appare sopravvalutato rispetto a gran parte delle divise dei Paesi avanzati ed emergenti.

– In un’ottica di medio periodo permangono alcuni fattori penalizzanti per la valuta statunitense. Oltre alle valutazioni elevate, gli USA presentano tuttora dei deficit gemelli: il deficit di bilancio si manterrà elevato a causa del previsto ulteriore incremento degli stimoli fiscali, e il deficit della bilancia delle partite correnti appare già considerevole.

Materie prime

– In ottica storica le materie prime si sono dimostrate la copertura migliore contro un’inflazione elevata, seguite dalle azioni.

– Dopo una temporanea stabilizzazione a fine anno, il prezzo del petrolio è tornato a salire. Tale andamento potrebbe essere ascrivibile alle attese di una normalizzazione degli spostamenti in caso di mitigazione della pandemia. Inoltre, il prezzo del greggio potrebbe risentire in caso di escalation del conflitto Russia-Ucraina. L’eventuale limitazione dell’offerta dalla Russia si tradurrebbe in un significativo restringimento del mercato petrolifero e lo stesso vale per il gas naturale.

– Malgrado il raffreddamento della crescita in Cina, la domanda di metalli industriali come il rame è tuttora robusta, anche se di recente il prezzo del rame ha mostrato un andamento laterale. Per il momento anche l’oro evidenzia un trend laterale.

 

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