Fineco AM, l’ultima view sui mercati

Jack Kelly, gestore obbligazionario di Fineco AM

La scorsa settimana sono stati resi noti ulteriori dati relativi all’inflazione. Negli Stati Uniti è arrivata al 7,5%. Nei Paesi Bassi si è attestata 7,6%. Questi livelli, che non si vedevano da circa 40 anni, di norma non sono associati alle economie occidentali tendenzialmente più solide. Come siamo arrivati a questo punto? E perché le banche centrali, la cui funzione primaria è assicurare la stabilità dei prezzi, continuano a mantenere i tassi ai minimi storici: 0,25% negli Stati Uniti e meno 50 pb nell’Eurozona?

Se a qualsiasi investitore, qualche anno fa, fosse stato chiesto che livello avrebbero raggiunto i tassi di interesse con un’inflazione al 7%, avrebbe fatto fatica a immaginare quelli attuali.

Per tutto il 2021, il messaggio della BCE, della BoE e della Federal Reserve era che l’inflazione elevata fosse “transitoria”. I banchieri centrali erano rassicurati dai loro modelli che indicavano che i colli di bottiglia sul lato dell’offerta determinati dal Covid e i prezzi elevati dell’energia fossero tutti fattori temporanei. L’indicatore principale, l’inflazione salariale, che si è manifestata in un secondo momento, era rimasta in realtà su un trend al ribasso in tutto il 2021.

L’Europa ha infatti continuato a registrare in maniera persistente un’inflazione poco significativa per diversi cicli economici. Era talmente difficile da generare, che la Banca Centrale ha optato per una politica di obiettivo di inflazione più flessibile, che avrebbe permesso all’inflazione di “surriscaldarsi” in certi periodi, per poter raggiungere l’obiettivo medio del 2%.

Così la BCE e la Federal Reserve hanno introdotto il concetto di forward guidance. Essenzialmente si sono impegnate a non aumentare i tassi per un periodo di tempo, al fine di mantenere condizioni finanziarie favorevoli e incoraggiare la crescita. La forward guidance ha rappresentato uno strumento fondamentale della BCE dalla crisi dell’euro. E in un periodo prolungato di inflazione sana, si è dimostrata efficace per quel contesto. Durante la pandemia, l’enorme espansione della spesa fiscale è stata anche supportata dalla politica monetaria, che ha incrementato l’acquisto di obbligazioni e mantenuto i policy rates ultra-bassi al fine di facilitare le condizioni di prestito per i governi.

Il problema è che nel corso della storia i periodi di inflazione hanno avuto la tendenza ad emergere rapidamente, e con forza. La forward guidance non è realmente compatibile con rialzi significativi dell’inflazione. Le banche centrali sono state effettivamente imbrigliate dalla loro stessa politica. Abbandonarla presto, erode la fiducia, ma è stato un passo obbligato perché tassi a -50bps o 25bps non sono compatibili con un’inflazione superiore al 7%. Il costo della vita sta aumentando al punto che adesso è in corso un’inflazione salariale. Le banche centrali, aumentando i tassi, inaspriranno in qualche modo quella crisi legata al costo della vita attraverso i costi dei mutui per il consumatore finale. Ma questo è il motivo per cui le banche centrali detestano essere “dietro la curva”, perché cercando di colmare il ritardo possono peggiorare la situazione.

Il mercato sta ora lottando con l’idea che la Federal Reserve aumenti i tassi di 50bps a marzo. Ma chiedere alla Fed di non aumentare così tanto i tassi sarebbe come chiedere a un pompiere di usare meno acqua. Allo stesso modo, la BCE non ha escluso aumenti dei tassi nel corso dell’anno. Nonostante abbia respinto una serie di domande ripetitive da parte dei giornalisti sull’impegno a non farlo, dichiarato lo scorso dicembre. Il mandato principale della Banca Centrale è tenere sotto controllo l’inflazione e senza nessuna sorpresa si sta preparando per tornare a farlo rapidamente.

Dovremmo essere confortati dal fatto che i periodi di inflazione tendono a non essere prolungati. Ma la politica monetaria al momento non è come dovrebbe essere e i mercati stanno lottando per riadattarsi alla svolta delle banche centrali.

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