Mercati, le valute che beneficiano della situazione in Ucraina

Nei mercati finanziari le argomentazioni legate all’inflazione e alle banche centrali sono passate in secondo piano rispetto alle questioni geopolitiche e i mercati valutari non hanno fatto eccezione. Tra le valute del paniere G10, lo yen giapponese e il franco svizzero, le valute rifugio per eccellenza, si sono rafforzate contro il dollaro USA.
Anche le valute legate alle materie prime, come il dollaro australiano e neozelandese, sono andate discretamente bene visto che i prezzi delle materie prime resistono alla fuga verso gli asset cosiddetti “Safe heaven”. Non sorprende, invece, che le valute dell’Europa orientale siano state le peggiori in termini di performance, spinte al ribasso dal peggioramento delle notizie in arrivo dall’Ucraina.

I principali dati macroeconomici che saranno rilasciati questa settimana sono gli indici PMI degli Stati Uniti, dell’Eurozona e del Regno Unito. Tuttavia, la crisi geopolitica in Ucraina metterà tutti questi dati in secondo piano. Non è ancora chiaro quale impatto avrebbe il conflitto sul cambio EUR/USD. Sebbene il dollaro sia stato tradizionalmente un bene rifugio durante le crisi internazionali, il rally dei rendimenti dei titoli statunitensi che ne deriverebbe probabilmente annullerebbe uno dei fattori che ha sostenuto il dollaro recentemente.

Euro

A differenza della Lagarde che ha continuato a respingere le aspettative di rialzi dei tassi nell’Eurozona, la scorsa settimana il capo economista BCE Lane si è un po’ allontanato dalle sue opinioni estremamente accomodanti, riconoscendo finalmente la possibilità che l’ambiente deflazionistico prevalente negli anni precedenti possa non tornare mai più. I PMI di questa settimana potrebbero essere oscurati dai primi dati sull’inflazione flash di febbraio dalla Francia, che è quasi certo che mostrerà ulteriori forti aumenti. C’è ancora molto spazio per i mercati per scontare un rialzo più rapido dei tassi da parte della BCE e, se fosse così, ci aspettiamo che la valuta comune possa trovare supporto.

Dollaro

Questa settimana sarà relativamente scarsa di dati negli Stati Uniti, con solo gli indici PMI e l’inflazione PCE. L’attenzione dovrebbe rimanere sulle notizie geopolitiche da un lato e sulle comunicazioni della Federal Reserve dall’altro, con cinque membri della Fed che dovrebbero parlare durante la settimana. Ci aspettiamo che l’incertezza sull’andamento del dollaro derivante da un peggioramento della situazione ucraina possa risolversi presto. A differenza di altre grandi aree economiche, in particolare della zona euro, sarà difficile per i mercati scontare un rialzo dei tassi più rapido da parte della Fed, quindi c’è spazio per un parziale rallentamento del rally del dollaro rispetto all’euro.

Sterlina

L’inflazione continua a battere le attese in quasi tutti i principali paesi e la scorsa settimana il Regno Unito non ha fatto eccezione. L’inflazione headline è salita al 5,5%, nuovo record pluridecennale, e quella core al 4,4%, segnale che le pressioni inflazionistiche stanno continuando a diffondersi su diversi beni di consumo. Anche il rapporto sul lavoro e le vendite al dettaglio hanno sorpreso al rialzo, fornendo supporto ai falchi della Banca d’Inghilterra e quindi alla sterlina, che ha resistito abbastanza bene nonostante il deterioramento dello scenario geopolitico. Oltre agli indici PMI, il calendario di questa settimana è insolitamente fitto di interventi di membri del comitato di politica monetaria della  Banca d’Inghilterra.
A cura di Ebury

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