Mercati alle prese con un dubbio amletico

La percezione del mercato muta rapidamente in questo giorni. Qualcuno potrebbe affermare che il rigurgito di ottimismo visto ieri sui listini americani, con una delle inversioni più spettacolari della storia vista sul Nasdaq (passato da una flessione del 3,5% ad una chiusura positiva del 3,3% con i traders in chiusura che hanno esultato al grido di “U.S.A, U.S.A!” sul floor del NY Stock Exchange) possa trarre spunto dall’idea che le Banche Centrali saranno estremamente caute nell’attuare politiche restrittive di fronte ad una situazione di crisi.

Di fatto non è così con la FED ieri che ha ribadito come la strada che porta al primo rialzo dei tassi il mese prossimo sia ormai tracciata e non evitabile.

Qualcun altro rifacendosi alle dinamiche storiche, potrebbe dire che la maggior parte delle crisi geopolitiche a far data dal 1945 si siano rivelate buone opportunità di acquisto (e questo è indiscutibilmente vero).

Di fatto gli investitori si sono fatti l’idea che Putin riuscirà ad ottenere quello che vuole, e l’Occidente (a meno di non voler aprire un fronte su larga scala) se ne deve stare; a questo punto ben venga la conquista dell’Ucraina e si spera in tempi brevi, in modo da evitare un conflitto lungo e doloroso…cinici? Si, ma anche pragmatici.

Per quanto tuttavia consapevoli che l’inversione di ieri non sia certo un segnale di cessato allarme sui mercati, le ultime 21 volte in cui il Nasdaq ha subito un reversal intraday del 5% ci trovavamo sempre in un mercato fortemente ribassista.

A cura di Michael Palatiello, ad e strategist di Wings Parners Sim

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