Asset allocation: ecco chi beneficia dell’esclusione della Russia dagli indici mondiali

Mentre le Borse maggiormente rappresentative delle economie occidentali nel 2022 stanno lasciando sul terreno ribassi a doppia cifra, come l’S&P 500 che perde circa il -10% oppure l’Euro Stoxx 50 con un -15%, ci sono aree che, al contrario, stanno guadagnando. Di seguito Giacomo Calef, Country manager di NS Partners spiegaquali sono e perchè.

Un esempio potrebbe essere l’area dei Paesi del Golfo Persico, che già in passato ha offerto buone opportunità di decorrelazione rispetto ai mercati sviluppati. L’indice di riferimento S&P GCC Composite è in territorio positivo da inizio anno: circa +12,65% (in $) al 10 Marzo e ci sono diverse ragioni legate a questa performance.

Un primo elemento riguarda il forte rialzo dei prezzi delle materie prime energetiche, con i Paesi produttori della regione che hanno potuto trarne beneficio. Inoltre, in questo contesto sono emerse chiaramente le difficoltà dell’Europa nell’approvvigionamento di energia, soprattutto con riguardo al gas. La Commissione Europea già entro la fine del 2022 ha pianificato di ridurre le importazioni dalla Russia di circa due terzi, incrementando gli acquisti di gas naturale liquefatto (LNG) anche dal Qatar. Quest’ultimo, uno dei più grandi fornitori al mondo di LNG, ha intrapreso un ambizioso piano di espansione della capacità produttiva. Il progetto, organizzato in due fasi, ha l’obiettivo di aumentare la capacità di LNG da 77 milioni di tonnellate all’anno (mtpa) a 126 entro il 2027, con un incremento di circa il +64%. Nella prima fase si prevede l’espansione già a 110 mtpa entro il 2025. Ma non solo Qatar: tra il 2020 e il 2050, secondo l’outlook del Gas Exporting Countries Forum, ovvero un organismo internazionale che lega i paesi produttori di gas naturale, l’offerta del combustibile è destinata a salire con un tasso di crescita medio annuo del +2,4% in Iran e del +1,2% in Arabia Saudita. Un secondo elemento da considerare attiene, invece, ai nuovi flussi attesi dalle gestioni passive replicanti i benchmark dell’area dei Mercati emergenti. Il mercato azionario russo è stato escluso dall’indice MSCI Emerging Markets e, secondo una stima, almeno $1 miliardo di dollari di investimenti saranno indirizzati a favore dei Paesi del Golfo Persico. L’equity, inoltre, è stato escluso anche dal FTSE Emerging Markets. Le nostre soluzioni di investimento, già da tempo, includono anche una strategia azionaria attiva sui Paesi del Golfo. Da un lato, permette di beneficiare della crescita economica dell’area, mentre dall’altro, avendo un legame con l’energia tradizionale, in questo contesto offre un’opportuna decorrelazione al portafoglio.

Lo scoppio del conflitto in Ucraina cambierà i programmi su diversi fronti, poiché l’economia europea potrebbe registrare una minor crescita, ma probabilmente ciò non riguarderà la Banca Centrale Europea. Nell’ultima riunione la BCE ha annunciato che il tapering, ovvero il drenaggio della liquidità dal sistema economico, dovrebbe proseguire nel 2022.

Si consideri che negli ultimi due anni il bilancio della BCE è aumentato soprattutto con emissioni a condizioni agevolate, prossime alla scadenza, e di natura emergenziale: da un lato abbiamo le TLTRO, ovvero le operazioni di rifinanziamento a lungo termine, e dall’altro il PEPP, il programma di acquisti avviato con la pandemia. Le emissioni delle prime termineranno a Giugno 2022 e al momento la BCE non ha espresso la possibilità di lanciare una nuova tranche. Le TLTRO sono importanti per il sistema, poiché sono dei prestiti con un tasso agevolato al -1% destinati direttamente al sostegno dell’economia reale. Gli acquisti del PEPP, invece, dovrebbero terminare a Marzo, ma, a differenza di quanto previsto nei mesi scorsi, non sarà sostituito con un aumento dell’ordinario Quantitative Easing (APP). Quest’ultimo, al contrario, potrebbe terminare già nel terzo trimestre. Soltanto sul fronte dei tassi la Banca Centrale dovrebbe mantenere ancora un atteggiamento cauto: solo un mese fa gli analisti si attendevano uno o due rialzi, ma probabilmente nel 2022 il tasso sui depositi rimarrà fermo in territorio negativo, pari a -0,50%. Il motivo per cui l’Istituto potrebbe non prolungare la durata delle politiche espansive è legato ai forti livelli di inflazione. In Europa quest’ultima è determinata principalmente da problemi sul lato dell’offerta e le politiche monetarie non avrebbero molto spazio per sostenere la domanda senza causare spirali inflazionistiche. Secondo alcuni analisti, inoltre, l’invasione russa in Ucraina dovrebbe pesare sulla crescita dell’Eurozona tra lo 0,3 e l’1% del PIL nel 2022 e una delle componenti più strutturali dell’inflazione, ovvero i salari, non sta ancora avendo un impatto. In ogni caso, a sostegno dell’economia, riteniamo che le politiche fiscali siano più importanti: la possibile emissione di nuovi Eurobond, ad esempio, potrebbe essere una buona soluzione, poiché rappresenterebbe una “mutualizzazione” dell’impatto economico causato dalla scarsità dei metalli industriali, dell’energia e dei beni agricoli, come è già stato per la pandemia.

 

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