Mercati, la Cina diventa il vero ago della bilancia

Cosa sta succedendo in Cina? E’ possibile un suo coinvolgimento nel conflitto tra Russia e Ucraina? Sono tutte domande da un milione di dollari alle quali è ovviamente difficile rispondere. Dalle informazioni di stampa disponibili sembra che Mosca abbia chiesto da tempo un aiuto alla Cina nelle forniture militari, che però contemporaneamente è anche alle prese con la più forte ondata di Covid dal febbraio 2020. Particolarmente colpita appare la provincia di Jilin, al confine con la Corea del Nord, ma sale la preoccupazione soprattutto per le megalopoli di Shenzen (dove sono state bloccate tutte le aziende private per una settimana) e Shanghai, che ha ripristinato le lezioni scolastiche on line.

I mercati finanziari hanno immediatamente reagito, con l’indice Hang Seng sceso ieri del 5% a causa soprattutto dei titoli tecnologici. La paura degli investitori è che se il blocco della seconda economia più grande al mondo dovesse estendersi e prolungarsi, la crescita economica mondiale ne subirebbe importanti conseguenze: secondo il capo economista di ANZ il solo blocco di una settimana nella regione colpita potrebbe ridurre di circa lo 0,1% il PIL Cinese per il 2022. Cina quindi alle prese con la richiesta di Mosca, l’aumento delle tensioni con gli USA a causa della guerra, la crisi del settore immobiliare, il tutto condito dal Covid che avanza.

Da un punto di vista economico (non sono un analista politico), la Cina non ha interesse ad alzare la tensione con gli USA e con l’Europa. Nel 2021 il commercio tra la Cina e gli Stati Uniti è aumentato in valore del 28,7%, raggiungendo 755,6 miliardi di dollari, mentre il surplus commerciale ha toccato 396,5 miliardi di dollari (+22%).

La sostanza non cambia per l’Eurozona. Secondo Eurostat, nei primi undici mesi del 2021 l’export della UE verso la Cina è aumentato dell’11.4%, raggiungendo 203,6 miliardi di euro (da 182,9 miliardi di euro del 2020), mentre l’import è invece salito di oltre il 20%, arrivando a 421,8 miliardi di euro (da 351,3 miliardi di euro), facendo crescere il surplus Cinese verso l’Eurozona del 30% a 218 miliardi di euro.

Inoltre, il primo gennaio 2022 è partito operativamente il meccanismo del RCEP (l’accordo commerciale che include la Cina, il Giappone, la Corea del Sud, l’Australia e i paesi dell’Asean), passo fondamentale verso una maggiore integrazione economica dell’intera area asiatica. L’accordo, che vede la nascita della più vasta zona di libero scambio del mondo, prevede una riduzione progressiva delle tariffe doganali tra i vari paesi che si completerà gradualmente nell’arco di 20 anni.

Difficile quindi che la Cina voglia buttare a mare la strategia di crescita dei prossimi anni. Tra Russia e Ucraina la Cina si propone infatti come peacekeeper tra i duellanti, forte dell’esperienza maturata nel Sud del Sudan, nella Repubblica Democratica del Congo, in Mali e nella Repubblica Centro Africana (l’interesse per l’intero Continente Africano è che lo stesso diventi partner economico strategico per la Belt and Road Initiative, la nuova via della seta).

Riteniamo che gli interessi economici cinesi nell’interscambio con gli USA e l’Europa siano di gran lunga maggiori rispetto a quelli Centro Africani e siamo convinti che difficilmente la Cina vorrà rinunciarvi.

Tra le incertezze che caratterizzano il momento storico attuale, appare comunque una certezza: non sappiamo come saranno i traffici economici del mondo fra 5-10 anni né tantomeno quali saranno i rapporti di forza, ma sicuramente saranno profondamente diversi da quelli di oggi.

In termini di investimenti siamo in attesa di capire se anche questa volta le banche centrali, FED in testa, saranno in grado di sostenere la crescita delle economie.

A cura di Antonio Tognoli, Head of Research di Integrae Sim

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