Asset allocation: allarme dalla curva dei rendimenti Usa

I mercati azionari non si fanno distrarre dalle notizie negative e proseguono nella cavalcata rialzista capitanata dal poderoso rimbalzo degli indici tech cinesi.

Un po meno corroboranti le evidenze in arrivo da altri fronti, con le vendite al dettaglio Usa ben al di sotto delle attese (+0,3% vs 0,4% atteso, ex-auto +0,2% vs 0,9% atteso) e probabili revisioni ribassiste nella crescita del primo trimestre all’orizzonte, come sembra anche confermare il chiaro messaggio lanciato dalla curva di rendimento con la prima inversione dal marzo 2020 del gap tra rendimenti sui treasury quinquennali ed omologhi decennali.

Insomma, i mercati azionari puntano ad una rapida ripresa una volta smarcata la questione ucraina, quelli del reddito fisso invece intravedono una contrazione (se non recessione) all’orrizzonte.

A dirimere la questione non ha certo contrubuito l’intervento della Fed ieri, dato che un rialzo dei tassi (il primo dal 2018) pari a 0,25 punti base non è certo segno di un approccio deciso nel combattere una inflazione che, ai massimi dal 1982, svetta ormai in area 8% annuo.

Eppure le previsioni rimangono per una poltica monetaria che dovrebbe essere la più restrittiva a far data dal ciclo 2004-2006 (17 rialzi consecutivi e tassi passati dall’1% al 5,25%) con almeno altri sei intereventi programmati nell’anno che non escludono la possibilità di aggiustamenti anche nell’ordine dei 50 bps in una delle tornate decisionali. I tassi sono poi previsti in ulteriore aumento nel 2023 con un rateo finale al 2,8% per la fine dell’anno.

A cura di Michael Palatiello, ad e strategist di Wings Partners Sim

 

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