Questo è il punto di vista di Gianpaolo Nodari, ad di J. Lamarck, sullo scenario che si sta delineando, che di seguito analizizza le implicazioni nel settore biofarmaceutico a seguito del conflitto russo-ucraino.
In Ucraina sono poco meno di 2400 gli studi clinici registrati nelle diverse fasi (precliniche e cliniche). Considerando soltanto quegli studi con farmaci attivi sponsorizzati dall’industria, studi non ancora completati (attivi e/ma non reclutanti) e studi di fase 2 e 3 (fase avanzata), il numero si riduce a circa 550 studi, riconducibili principalmente alle grandi multinazionali farmaceutiche come Abbvie, AstraZeneca, Bayer, Roche, Pfizer o Sanofi.
Le grandi aziende farmaceutiche, tuttavia, non hanno investito in modo critico in Ucraina, dove la maggior parte dei programmi riguarda studi sull’espansione delle indicazioni terapeutiche per prodotti già approvati. Pertanto, nonostante la gravità della situazione, la maggior parte di questi programmi non determineranno situazioni critiche per aziende coinvolte.
Agenus sta conducendo uno studio sulla combinazione dei candidati farmaci Zalifrelimab e Balstilimab nel cancro alla cervice uterina (10 siti in Ucraina su 47 località globali) nonostante la richiesta di approvazione della formulazione sia già stata ritirata negli USA a causa dell’approvazione accelerata di un farmaco concorrente di Merck.
Regeneron sta conducendo alcuni studi in Ucraina (6 siti su 143 totali), dove sta testando Libtayo in combinazione con chemioterapia in uno studio di fase 3 su pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule. Il farmaco è comunque già approvato in Europa per il trattamento della patologia. Bisogna notare che nessuna sperimentazione per un farmaco destinato al mercato statunitense viene eseguita esclusivamente al di fuori degli Stati Uniti, e le aziende biotech possono gestire le eventuali interruzioni trasferendosi in altri Paesi o riallocando risorse.
L’impatto complessivo sulla biotecnologia dovrebbe dunque essere gestibile poiché, nonostante la possibilità di ritardi o problemi di integrità dei dati, il settore farmaceutico statunitense non ha siti di produzione in nessuno dei due Paesi coinvolti e le attività di vendita sono estremamente limitate.