Asset allocation: biotech e pharma reggono l’impatto della guerra

“A seguito dell’escalation militare tra Russia-Ucraina, che continua a generare tensioni sui mercati finanziari, una forte crescita dei prezzi delle materie prime e il conseguente aumento dell’inflazione, stiamo assistendo ad una corsa degli investitori verso i cosiddetti beni rifugio. In uno scenario come quello delineato, caratterizzato da una forte crescita dei prezzi, le azioni possono comunque essere gli strumenti più adatti nel lungo termine a garantire la protezione migliore contro l’inflazione, in particolare quei titoli del settore farmaceutico e biotech, che grazie al loro potere di determinazione dei prezzi ai clienti e alla flessibilità nell’approvvigionamento, nella produzione e nella distribuzione dei loro prodotti, finiscono con il soffrire meno dell’incidenza dell’inflazione. Basti pensare che negli ultimi anni, caratterizzati da inflazione nulla o addirittura deflazione, i prezzi di quasi 600 farmaci sono stati aumentati in media del 5,2%”.

Questo è il punto di vista di Gianpaolo Nodari, ad di J. Lamarck, sullo scenario che si sta delineando, che di seguito analizizza le implicazioni nel settore biofarmaceutico a seguito del conflitto russo-ucraino.

In Ucraina sono poco meno di 2400 gli studi clinici registrati nelle diverse fasi (precliniche e cliniche). Considerando soltanto quegli studi con farmaci attivi sponsorizzati dall’industria, studi non ancora completati (attivi e/ma non reclutanti) e studi di fase 2 e 3 (fase avanzata), il numero si riduce a circa 550 studi, riconducibili principalmente alle grandi multinazionali farmaceutiche come Abbvie, AstraZeneca, Bayer, Roche, Pfizer o Sanofi.

Le grandi aziende farmaceutiche, tuttavia, non hanno investito in modo critico in Ucraina, dove la maggior parte dei programmi riguarda studi sull’espansione delle indicazioni terapeutiche per prodotti già approvati. Pertanto, nonostante la gravità della situazione, la maggior parte di questi programmi non determineranno situazioni critiche per aziende coinvolte.

Agenus sta conducendo uno studio sulla combinazione dei candidati farmaci Zalifrelimab e Balstilimab nel cancro alla cervice uterina (10 siti in Ucraina su 47 località globali) nonostante la richiesta di approvazione della formulazione sia già stata ritirata negli USA a causa dell’approvazione accelerata di un farmaco concorrente di Merck.

Regeneron sta conducendo alcuni studi in Ucraina (6 siti su 143 totali), dove sta testando Libtayo in combinazione con chemioterapia in uno studio di fase 3 su pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule. Il farmaco è comunque già approvato in Europa per il trattamento della patologia. Bisogna notare che nessuna sperimentazione per un farmaco destinato al mercato statunitense viene eseguita esclusivamente al di fuori degli Stati Uniti, e le aziende biotech possono gestire le eventuali interruzioni trasferendosi in altri Paesi o riallocando risorse.

L’impatto complessivo sulla biotecnologia dovrebbe dunque essere gestibile poiché, nonostante la possibilità di ritardi o problemi di integrità dei dati, il settore farmaceutico statunitense non ha siti di produzione in nessuno dei due Paesi coinvolti e le attività di vendita sono estremamente limitate.

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