Cronaca di una crisi e delle sue vittime

Dal caso New Century Financial Corporation, prima company colpita nel 2006 dai subprime, sono passati 2 anni, e altre istituzioni finanziare sono cadute nella rete dei mutui e tra queste il caso forse più eclatante è stato quello dell’americana Bear Stearns.

Ma è possibile oggi capire il comportamento di una crisi da subprime, conoscendone gli attori, le fasi del mercato e dando una spiegazione di cosa sono questi mutui ad alto rischio? Il termine subprime, infatti, è di uso quotidiano, ogni qual volta che si manifesta un problema sui mercati lo si incolpa, è diventato il “Bin Laden” della finanza. Ma con questo termine si intendono diverse tipologie di forme di credito.  I subprime sono anche conosciuti come B-Paper oppure Second Chance, si differenziano dal resto degli strumenti di debito per il tipo di debitore, che tipicamente ha un basso punteggio di credito e una storia passata particolarmente negativa. Generalmente è un debitore che ha avuto pignoramenti, fallimenti o ritardi nei pagamenti. Esistono due diverse tipologie di credito subprime, il più famoso è quello composto dai mutui ipotecari subprime, che secondo una stima già nel 2006 aveva raggiunto l’importo di 600 miliardi di dollari. 

A sua volta, questo tipo di mutuo ha tre differenti sotto tipologie che sono gli:
interest-only, che danno la possibilità a chi contrae il prestito di pagare solo la quota interessi per un determinato periodo di tempo;
pick-payment, che permettono ai mutuatari di scegliere una tipologia di pagamento mensile;
mutui a tasso fisso iniziale che diventano nel tempo mutui a tasso variabile. 

Oltre ai mutui subprime è nata, di recente, un’ulteriore forma di credito: second chance, la carta di credito subprime. Si tratta di una carta che ha bassi limiti di credito, accompagnati da tariffe estremamente alte e tassi di interesse i quali possono essere anche superiori al 30%. Tuttavia questo tipo di finanziamento non ha influenzato il mercato come il segmento dei mutui ad alto rischio. I player che rientrano nel gioco dei mutui ad alto rischio sono diversi, in primis le famiglie, che richiedono il mutuo, successivamente sul lato dell’offerta ci sono gli intermediari che finanziano i prestiti, tipicamente le banche commerciali oppure finanziarie specializzate. Una volta creato il mutuo le banche commerciali lo cartolarizzano trasformandolo in uno strumento finanziario, a cui viene assegnato un giudizio dalle agenzie di rating.

La prima fase è quindi caratterizzata dalla creazione del mutuo e dalla successiva cartolarizzazione, operazione che permette a questo tipo di strumento, Special Purpose Vehicle, di essere rivenduto. E gli acquirenti degli SPV sono i fondi di investimento, tradizionali ma soprattutto gli hedge fund. A questo punto lo strumento è entrato nel portfolio del gestore, che rivende le proprie quote del fondo agli investitori finali, sia retail sia istituzionali. Il percorso dei mutui subprime quindi effettua un “passaggio di mani” abbastanza lungo e complicato, partendo e rientrando però sempre sullo stesso autore, il retail. Ora, in teoria la causa della crisi finanziaria dovrebbe essere imputabile all’evoluzione del mercato immobiliare americano e al basso costo del denaro, mantenuto volontariamente dall’ex presidente della Fed, Alan Greenspan.

Nella pratica però l’errore più grande è da attribuirsi alle istituzioni finanziare che si sono assunte rischi troppo elevati. Il fenomeno dei prestiti ad alto rischio è nato dopo la bolla speculativa della new economy, e le banche a caccia di elevati rendimenti si sono ritrovate con un mercato che non ne offriva.  Di qui, influenzati dalla situazione macro economica americana favorevole, la decisione di spostare l’area di azione anche sui prestiti ad alto rischio. Ma a partire dal 2006 il sistema americano ha cominciato a risentire degli effetti della crisi dei mutui. La sequenza di avvenimenti è cominciata con l’insolvenza da parte delle famiglie e a seguito di tale morosità, le banche commerciali hanno cominciato a registrare perdite subendo in contemporanea un crollo dei prezzi degli immobili. Gli investitori finali, che possiedono quote di fondi e strumenti legati ai subprime hanno reagito chiudendo le proprie posizioni sui fondi.


I gestori si sono quindi ritrovati con problemi di liquidità, le redemption svuotano i cash dei fondi, a quel punto il manager è costretto quindi a chiudere posizioni a portfolio per avere liquidità. Calcolando che in questa fase il mercato è in crisi di liquidità, per poter vendere un titolo bisogna diminuire il più possibile il prezzo di vendita, portandosi così in una strategia di distress selling. Logicamente assieme ai titoli, per cosi dire sani, il manager prova anche a vendere i titoli legati ai subprime, ma senza riuscirci. A questo punto lo strumento subprime genera all’interno del portfolio un fenomeno di azzeramento NAV dalla quota del fondo, non essendo più valutabile, di qui la sospensione ai riscatti da parte dei fondi.

La fase successiva riguarda la banca che deve garantire credito nel caso di carenza da parte dei fondi, qui l’istituzione finanziaria cerca di ottenere la liquidità sul mercato interbancario, senza per altro riuscirci a causa della situazione finanziaria, che spinge le altre banche ad essere caute nel prestare denaro e in particolare per istituti che hanno a che fare con problemi sui mutui suprime. A questo punto l’ultimo attore che entra in campo è la banca centrale, che deve intervenire per smobilizzare la situazione, operando sui tassi di sconto. 

L’analisi degli avvenimenti di una crisi da mutui, (riportata nel grafico, ndr) fa capire che esiste un domino di azioni, che riguardano le banche, il mercato e le banche centrali. Di questi fenomeni solo alcuni sono visibili al mercato, ad esempio il crollo dei mercati per la vendita delle azioni a portfolio o la manovra sui tassi da parte delle banche centrali, mentre altri avvenimenti riguardano solamente i diretti interessati, ad esempio il blocco delle redemption sui fondi. Individuare una crisi da subprime non è quindi facile, dato che banche e fondi sono poco trasparenti a riguardo. Il fatto che nessuna banca e tanto meno nessun fondo hedge dichiari l’esposizione a questi strumenti legati ai mutui fa pensare che ce ne siano ancora molti nei portfoli e nei bilanci delle banche. Gli analisti americani stimano infatti che questa crisi dovrebbe protrarsi fino alla fine del 2009.

Purtroppo questi tipi di strumenti sono estremamente dinamici, variano giornalmente e sono influenzati da una miriade di variabili, come il mercato immobiliare, i tassi di interesse oltre che l’occupazione.  Gli unici a poter mettere chiarezza su questa vicenda, ed in particolar modo sui bilanci delle banche e dei fondi sono le autorità, che dovrebbero obbligare alla trasparenza questi player, permettendo anche alle banche centrali di poter operare conoscendo tutte le variabili del caso. Fino ad adesso Fed, Bce e altre banche centrali hanno effettuato manovre alla cieca, come riduzioni dei tassi di sconto o eliminazione di 50 basic point, senza conoscere il vero rischio che recano le istituzioni finanziarie in pancia.

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