Asset allocation: le commodity agricole da inserire in portafoglio contro l’inflazione

“Non solo energia, gas e petrolio. Il conflitto in Ucraina potrebbe avere delle conseguenze anche sull’agricoltura e, in particolare, su importanti beni che i Paesi in guerra producono su larga scala. Uno di questi da monitorare è, tra gli altri, il grano: esso rappresenta il 15% delle calorie dell’alimentazione globale e solo Russia e Ucraina sono responsabili di circa il 30% delle esportazioni mondiali”. Ad affermarlo è Giacomo Calef, Country manager di NS Partners, che di seguito spiega nel dettaglio la view.

Dal grafico riportato si può osservare come alcuni Paesi africani, come ad esempio l’Egitto, importino quantità di grano per oltre il 75% del totale e, inoltre, devono sostenere alti costi assicurativi per i trasporti via mare.

Ma il conflitto russo-ucraino non è l’unica causa di scarsità di grano, poiché bisogna considerare anche quello che sta accadendo in altre aree produttrici. Si veda per esempio come negli Stati Uniti, secondo l’U.S. Agriculture Deparment, con la persistente siccità la produzione di grano nel 2022 rimarrà sugli stessi livelli dello scorso 2021, anno in cui è stato seminato il minor numero di acri da più di un secolo. La scarsità di materie prime agricole e il timore sulle esportazioni russe ed ucraine sono legate anche ad un’altra importante questione. L’imminente primavera rappresenta la stagione più importante per la semina, ma la carenza di fertilizzanti potrebbe mettere a rischio lo sviluppo del raccolto, poiché essi vengono prodotti con l’azoto che, a sua volta, è composto da gas naturale, con quest’ultimo che negli scorsi mesi ha visto la propria quotazione raggiungere i massimi storici. Secondo gli analisti il prezzo dei fertilizzanti a base di azoto è passato da $200 a 1000$ per tonnellata e i costi stanno diventando troppo elevati per sostenere la produzione agricola.

Al momento, le principali aziende nel settore stanno comunque mantenendo attiva la propria produzione in Russia, ma il futuro rimane incerto. Il gigante USA Cargill, che impiega circa 2500 persone in Russia, sta proseguendo con la
propria attività, ma probabilmente diminuirà i futuri investimenti nell’area. Allo stesso modo Bayer, che vende agli agricoltori russi pesticidi ed altri prodotti essenziali, se la guerra dovesse proseguire anche il prossimo anno potrebbe decidere di bloccare la fornitura.

A fronte di tale situazione, dunque, riteniamo opportuno che un portafoglio venga diversificato, in parte, anche con un investimento nelle materie prime agricole, che potrebbero continuare la loro corsa al rialzo ed essere anche uno strumento per una parziale copertura dall’inflazione.

Le mosse economiche della Cina

Nell’attuale contesto geopolitico la Cina sembra essere la forza economica mondiale che sta più vicino alla Russia. Il giorno dopo che quest’ultima aveva invaso l’Ucraina, la Cina aveva annunciato la revoca di tutte le restrizioni sull’importazione di grano russo: si tratta di una decisione che sembrerebbe essere stata presa durante un vertice in occasione delle Olimpiadi invernali. In quel vertice, inoltre, i due Paesi avevano annunciato anche un contratto di 30 anni per la fornitura di gas.

Tuttavia, non ci si dovrebbe dimenticare che le relazioni commerciali della Cina con l’Occidente, attualmente, sono significativamente più rilevanti. Ad esempio, le esportazioni cinesi verso la Russia ad oggi corrispondono solo al 2% del totale, mentre se consideriamo gli Stati Uniti e l’Europa insieme il dato sale al 40% circa. In realtà, la Cina sembrerebbe volersi distaccare dalle economie occidentali, soprattutto sul tema dell’energia. Da un lato, vorrebbe diversificare le proprie fonti di approvvigionamento estere. L’Arabia Saudita, ad esempio, starebbe dialogando con il colosso asiatico per poter scambiare maggiori quantità di petrolio utilizzando il Renminbi, in sostituzione del dollaro americano. Al momento la Cina compra già più del 25% del petrolio che l’Arabia Saudita esporta e, se prezzate in yuan, le vendite potrebbero rendere più forte la valuta cinese.

Dall’altro lato, invece, il Governo vorrebbe investire maggiormente anche per incrementare la produzione di energia interna. In particolare, secondo il 14° piano quinquennale per lo sviluppo energetico, il paese mira a raggiungere 3.000 gigawatt di capacità di generazione installata entro il 2025 e a produrre il 20% dell’energia da fonti rinnovabili (soprattutto solare ed eolico). Ma non solo: mentre cerca di mantenere, per il momento, un atteggiamento diplomatico con la Russia, Pechino prospetterebbe anche di aumentare la produzione di gas naturale entro il 2025, che dovrebbe arrivare a 230 miliardi di metri cubi.

Tra le dinamiche geopolitiche, dunque, si osservi che la Cina, secondo alcuni analisti, entro il 2030 potrebbe addirittura superare gli Stati Uniti in termini di PIL e quest’ultimi, invece, dovranno tenersi strette le proprie alleanze economiche, soprattutto quella con l’Europa. E l’Unione Europea sta prendendo sempre di più le distanze dalla Cina: alcuni funzionari sospettano che abbia intenzione di fornire la Russia di semiconduttori e di altri importanti hardware tecnologici, in modo da attenuare l’impatto delle sanzioni.

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