Investimenti: la guerra accelera il passaggio alle rinnovabili

“Gli attuali prezzi del petrolio e del gas possono generare confusione e sembrare incoerenti. In realtà, c’è una logica nelle dinamiche del mercato energetico a cui stiamo assistendo, e ci sono anche dei precedenti da cui gli investitori possono imparare”. Ad affermarlo è Tom Nelson, Co-Head of Thematic Equity di Ninety One, che di seguito illustra nel dettaglio la view.

I mercati si stanno muovendo sulla base di due fattori epocali, entrambi già visti in passato: uno shock energetico, legato al fatto che le principali catene di fornitura delle materie prime stanno subendo l’impatto di fattori geopolitici; e una transizione energetica.

Il principale precedente a cui è riconducibile il primo fattore – lo shock energetico – è l’embargo petrolifero arabo del 1973-1974. Una lezione di quel periodo è che i mercati delle risorse naturali sono più vulnerabili agli shock dell’offerta di quanto gli investitori tendano a ricordare. Un altro è che come possibili scenari possono presentarsi incrementi netti e sostenuti dell’inflazione, che possono portare a cambiamenti considerevoli nella politica monetaria e a una stagflazione.

Naturalmente, due shock sul lato dell’offerta di materie non saranno mai identici tra di loro. In particolare, quello che stiamo attraversando si differenzia per le complesse considerazioni etiche e umanitarie sull’approvvigionamento di energia dalla Russia e il grado di auto-sanzione da parte delle società private. Che sia bilanciata dal settore pubblico o privato, la fine dell’approvvigionamento energetico dalla Russia avrà profonde implicazioni per i prezzi di petrolio, gas e carbone.

Il secondo fattore concomitante è la transizione energetica, in questo caso dagli idrocarburi all’energia pulita. Anche in passato ci sono state importanti transizioni, quella dal legno al carbone a partire dalla metà del diciannovesimo secolo e quella dal carbone al petrolio e al gas iniziata circa 50 anni dopo. Questi cambiamenti evidenziano che le transizioni energetiche possono richiedere molti decenni, durante i quali le nuove fonti di energia vanno a sovrapporsi con quelle esistenti.

Questo è il punto in cui ci troviamo oggi. Nonostante l’enorme crescita delle energie rinnovabili nell’ultimo decennio, il sistema energetico globale dipende ancora in modo preponderante dai combustibili fossili. In effetti, l’accelerazione verso l’energia pulita ha in qualche misura mascherato la dipendenza dell’Europa dalla Russia come fornitore di energia, una situazione esacerbata da alcune decisioni politiche discutibili prese dal 2010 in poi. E’ probabile che i prezzi degli idrocarburi raggiungano dei picchi ma mano che il mondo tenta di ridurre la dipendenza da loro – in particolare se non ci sono sufficienti investimenti sul lato dell’offerta prima che la domanda raggiunga il picco, come accade oggi.

Un elemento determinante di questa transizione energetica è l’urgenza di affrontare il cambiamento climatico, che potrebbe rendere questa transizione più veloce delle due precedenti. Un altro sono le implicazioni della domanda per alcuni metalli e materiali. La transizione da un sistema energetico basato sugli idrocarburi richiede grandi quantità di rame, nichel, zinco, litio, alluminio, acciaio e altre commodities per scopi quali l’elettrificazione, la produzione di batterie e di veicoli elettrici e l’installazione di impianti di energia rinnovabile. L’andamento dei prezzi a cui stiamo assistendo evidenzia quanto il mondo dipenda dalla Russia per diversi prodotti.

Prevediamo che molti di questi potranno poi vedere un maggior bilanciamento della loro situazione di mercato, ma la crisi attuale è uno scomodo promemoria della correlazione tra ricchezza mineraria e instabilità geopolitica.

Quindi, come farà il sistema energetico globale a trovare un equilibrio dopo l’invasione russa dell’Ucraina? Ci aspettiamo che il passaggio alle energie rinnovabili acceleri, in parte perché i prezzi gonfiati degli idrocarburi rendono le fonti di energia pulita ancora più attraenti dal punto di vista economico nel lungo termine, e anche perché l’esigenza di sicurezza energetica accresce l’urgenza di affrontare il cambiamento climatico.

Nel breve termine, la domanda di carbone termico per la produzione di energia aumenterà probabilmente sia in Europa sia in Asia. L’Europa diventerà il primo scalo per i carichi spot di gas naturale liquefatto, dove è probabile che il “premio di rischio russo” venga mantenuto per molti anni; si ridurrà invece il quantitativo di gas naturale globale che andrà in Asia. I prezzi del petrolio rimarranno estremamente volatili. L’energia nucleare è tornata sul tavolo, ma è improbabile che apporti benefici concreti nei prossimi dieci anni. Infine, un’accelerazione della transizione energetica comporta implicazioni per metalli come il rame, importanti nella transizione.

Il percorso da qui in avanti non sarà semplice. Per prima cosa, in Europa, ci saranno implicazioni di bilancio considerevoli derivanti dall’accelerazione degli investimenti nelle infrastrutture per l’energia rinnovabile in un contesto di tassi di interesse in aumento e di crescita della spesa per la difesa. Ma, gli investitori dovrebbero tenere presente che, sebbene possano sembrare allo sbando, i mercati sono invece guidati da potenti forze che determineranno i risultati degli investimenti negli anni a venire.

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