Allarme fiscalità immobiliare, secco no dalle SGR

Si preannunciano vacanze all’insegna dell’inquietudine per l’industria italiana dei fondi immobiliari.
Dopo essere andato all’attacco di banche, assicurazioni e dei petrolieri Giulio Tremonti, sempre più calato nel ruolo di novello Robin Hood, ha messo nel mirino, a sorpresa, anche i fondi che investono nel mattone.
La manovra finanziaria appena approvata  prevede, infatti, l’innalzamento delle aliquote fiscali per i fondi immobiliari dal 12,5% al 20%. Come ha accolto la stretta fiscale l’industria che secondo le stima di Scenari Immobiliari chiuderà il 2008 con un patrimonio netto di 27,5 miliardi, diventando così il più consistente portafoglio privato italiano, superando assicurazioni e fondi previdenziali?
 
«E’ una pessima notizia, che arriva in un momento particolarmente difficile per tutto il settore immobiliare» attacca Michele Cibrario, amministratore delegato e direttore generale di Bnl Fondi Immobiliari. «Ragionando per assurdo sarebbe come se il governo decidesse di rincarare la tassazione sulle materie prime, proprio ora, con i mercati e gli investitori che stanno scontando la crescente pressione». 
 
«La prima risposta del mercato alla probabile elevazione dell’aliquota sui dividendi c’é già stata» rileva Valerio Pacelli, responsabile della divisione fondi immobiliari, Monte Paschi Asset Management. «Nelle ultime sedute a Piazza Affari si é assistito, infatti, al crollo delle quotazioni di alcuni fondi immobiliari. Al di là della debolezza generale in cui versa il mercato, e di conseguenza il settore immobiliare, é bastato l’annuncio della nuova stretta fiscale per ridimensionare ulteriormente il valore di Borsa, che si é ormai attestato per molti fondi verso uno sconto rispetto al NAV nell’ordine del 40%, dal precedente valore, già alto, del 30%». 

Anche Luigi Virgilio, d.g. di Fimit SGR conferma che la scure del fisco si é abbattuta piuttosto a sorpresa: «E devo confessare che lo stupore é stato doppio se consideriamo che proprio i fondi immobiliari sono stati recentemente individuati come gli strumenti più idonei ed appropriati per lo sviluppo e per il rilancio del piano casa, delle dismissioni del patrimonio dello Stato; del sostegno ai grandi interventi infrastrutturali e per progetti nel settore turistico alberghiero e quelli rivolti al soddisfacimento di bisogni di particolari fasce di età come ad esempio gli over 65. E’ chiaro che questo provvedimento, se verrà approvato così come é stato proposto, scoraggerà gli interventi dei fondi a sostegno del settore».
 

Secondo il parere di alcuni osservatori la norma che il governo si appresta a lanciare punta a colpire in particolare i cosiddetti “fondi immobiliari familiari”, che per anni avrebbero usufruito “furbescamente” delle agevolazioni fiscali riservate agli istituzionali. La relazione tecnica che accompagna il decreto legge spiega, infatti, che la norma vuole «evitare che le persone fisiche, individualmente o insieme a pochissimi soggetti della medesima natura, possano promuovere la costituzione di fondi immobiliari al solo fine di beneficiare del favorevole regime fiscale di tassazione degli immobili e dei proventi derivanti dagli stessi, in luogo di quello più oneroso che si rende applicabile nel caso in cui gli immobili siano detenuti direttamente dai partecipanti».


In realtà anche se l’imposta patrimoniale dell’1% si applicherà solo a loro, l’aumento della tassazione sui redditi da capitale da partecipazione salirà per tutti i tipi di fondi immobiliari. «Si rischia di fare di tutta l’erba un fascio» attacca Virgilio. 
«Credo ci sia stato un deficit di analisi. Alcuni dei cosiddetti fondi familiari sono infatti per natura dei veri e propri fondi di risparmio. E non solo per l’efficienza fiscale che gli stessi garantiscono, ma soprattutto perché i proponenti attraverso i fondi hanno la garanzia di una gestione professionale ed efficiente, soggetta a regole ben precise che assicurano trasparenza e controllo».
Il manager pone l’accento anche su un’altra questione: «con questo provvedimento l’industria rischia anche di veder precipitare il numero dei fondi riservati che hanno nel loro portafoglio rilevantissime operazioni a sviluppo». Se fosse nei panni del legislatore, Virgilio approfondirebbe meglio anche questo aspetto e andrebbe a verificare quante operazioni a sviluppo ci sono oggi nei patrimoni dei fondi riservati: «e cambierei immediatamente idea». 
«L’introduzione dell’imposta patrimoniale dell’1% deve essere accolta positivamente perché é un chiaro segnale per l’utilizzo professionale dello strumento fondi», spiega Marco Leone, direttore generale Aedes BPM Real Estate SGR.
Evitare che persone fisiche, unitamente a pochi altri soggetti, possano promuovere la costituzione di fondi immobiliari al solo fine di beneficiare del favorevole regime fiscale di tassazione degli immobili, secondo il manager, «é una scelta strategica di importante spessore per segnare un netto distinguo con i player professionisti del mestiere». 
Parere diverso, invece, riguardo all’indiscriminata stretta fiscale: «l’incremento dal 12,5% al 20% – prosegue Leone – se da un lato non ha alcun impatto per gli investitori isituzionali in particolare quelli esteri, che erano e restano esenti grazie alla convenzione contro la cosiddetta “doppia imposizione”, dall’altro lato colpisce la categoria dei piccoli risparmiatori, i quali preferiranno all’investimento nel fondo immobiliare altri investimenti maggiormente convenienti».
Anche secondo Pacelli l’arrivo di questo “giro di vite” fiscale ha un significato ambivalente: «La mia opinione é senza dubbio positiva sulla reintroduzione dell’imposta patrimoniale per i fondi familiari. Senza voler dare giudizi di valore su questi strumenti, la manovra introduce un elemento di chiarezza e una netta distinzione tra le tre categorie dei fondi immobiliari, ovvero quelli dedicati agli investitori retail, quelli riservati agli investitori istituzionali e i cosiddetti fondi familiari». 
«Prima – spiega l’esperto – si era creata nel settore una certa confusione e su questi temi, in mancanza di normativa certa, era addirittura dovuta intervenire Bankitalia, che si era trovata a dover svolgere un ruolo di supplenza, intervenendo sull’iter d’approvazione dei regolamenti dei fondi in termini di governance». Una soluzione atipica che produceva altro disordine. Con la patrimoniale, invece, si dovrebbe separare in maniera netta e definitiva la categoria dei fondi familiari dai retail e dai riservati.
«Come tutto il settore, mi attendevo chiarimenti su questa particolare tipologia di strumenti» conferma Cibrario. «Sin dal loro arrivo nel 1995 hanno destato non poche perplessità per la deriva che nel tempo avevano manifestato». Non casualmente nel 2005 Bankitalia aveva indirizzato all’industria dei fondi immobiliari una lettera che dettava alcune linee applicative che andavano nella direzione di un maggiore controllo e trasparenza per quanto riguarda la corporate governance e la regolamentazione in tema di assetti societari.

«Per questo – prosegue Cibrario – sono rimasto molto sorpreso nell’apprendere che il cuore del provvedimento mirava a rettificare la questione fiscale piuttosto che quella della governance. Senza trascurare, poi, che la normativa va a colpire un solo settore dell’industria del risparmio gestito: i fondi immobiliari». 

Anche il precedente governo aveva previsto nella legge finanziaria l’aumento dell’aliquota di tassazione sulle rendite finanziarie dal 12,5% al 20%. «Un’ operazione – precisa il manager – che riguardava tutti i fondi ed era mitigata, tuttavia, da una riduzione dal 27 al 20% della aliquota sui depositi bancari. Al di là degli arroccamenti ideologici o politici, perlomeno quest
a norma tendeva a ridurre le distorsioni su tutto il mercato finanziario, uniformando le aliquote». 

Non si può certo dire la stessa cosa per la normativa che si apprestano a licenziare visto – sottolinea Cibrario – «che peserà esclusivamente sul portafoglio dei 300.000 investitori dei fondi immobiliari». Senza dubbio c’era da attendersi l’arrivo di una manovra da lacrime e sangue. L’economia italiana, come quella mondiale più in generale, sta, infatti, attraversando una fase difficile: lo stato di salute dei conti pubblici é noto a tutti e il rapporto deficit/PIL é in continuo aumento rispetto alle aspettative. Ma la domanda che gli esperti si fanno é: cosa ha spinto il legislatore ad agitare la scure del fisco sul settore immobiliare? 
«Se la motivazione del Tesoro fosse quella di fare cassa non ci sarebbe nulla di grave – commenta Pacelli – non mi scandalizzerei, si é sempre fatto così, ed é probabile che non si possa fare altrimenti. Tuttavia, e sta proprio qui il punto, non credo che per questa via su possano raccogliere ingenti somme, utili per risollevare le disastrate sorti delle finanze statali andando a colpire solo il settore dei fondi immobiliari e il singolo risparmiatore». 
«Capisco e rispetto il tentativo di reperire risorse in una congiuntura economica delicatissima come quella che stiamo attraversando» ribatte Virgilio. «Tuttavia propongo di introdurre l’aumento dell’1% dell’attuale aliquota su tutto il mondo del risparmio gestito. Il gettito sarebbe molto più rilevante e si eviterebbe di discriminare solo il settore dei fondi immobiliari».
Il manager sottolinea poi che questo provvedimento rischia di mettere a repentaglio tutto il piano di cartolarizzazioni messo in campo da Governo: «come risponderemmo agli analisti e a tutta la platea di investitori istituzionali che hanno creduto in quel programma e che hanno sottoscritto quei piani? Scusate, abbiamo scherzato da domani vi raddoppiamo l’aliquota?!»
L’esperto poi non comprende la difformità di trattamento riservato ai fondi immobiliari rispetto a tutto il mondo del risparmio gestito «poiché si colpisce indiscriminatamente solo una famiglia del risparmio gestito con una previsione di gettito piuttosto limitato». 
Secondo gli stessi esperti del ministero la nuova frutterà, infatti, alle casse dello Stato 32,8 milioni quest’anno, 55,2 il prossimo, 18,4 nel 2010 e 38,9 nel 2011.
«Non credo neppure – prosegue Pacelli – che il governo abbia voluto adottare una misura punitiva per un settore che negli ultimi anni ha segnato la più sostenuta crescita dal dopoguerra ad oggi. Molto probabilmente i pur validissimi collaboratori del ministro Tremonti, che tra l’altro é stato tra i padri putativi dell’attuale legge sui fondi immobiliari e difficilmente vorrà affossarla, nel mettere ordine nel mare magnum di leggi, regolamenti, circolari e chiarimenti, sono incorsi in una svista generata dalla fretta».
Proprio per questo motivo l’esperto si attende nella fase della conversione della legge una revisione delle distorsioni presenti nell’attuale proposta.
«L’effetto rischia di essere disastroso per l’intera industria dei fondi immobiliari italiani, a fronte di un risultato in termini di gettito che risulterà non magro, magrissimo. C’é ancora tempo – sottolinea Virgilio – spero si raccolga il grido di allarme che tempestivamente Assoimmobiliare ha lanciato al Governo». «Sono un ottimista per natura» risponde Pacelli. «Credo ci sia, ancora lo spazio per un ripensamento su alcuni dei punti più iniqui della normativa, che tra l’altro, é utile rilevarlo, penalizza in particolar modo i fondi che in questi anni non hanno voluto distribuire i dividendi per reinvestirli. Una situazione paradossale che genera una palese ingiustizia».
«Leggo che con questa modifica il legislatore ha voluto realizzare un’equiparazione con il prelievo previsto per le SIIQ. Questa ipotesi é quantomeno stravagante» sottolinea Cibrario. 
«Sarebbe come tagliare il secondo braccio a una persona già invalida di uno per evitare che si senta menomato. Mi sarei aspettato piuttosto una comune dimunuzione della fiscalità» conclude l’amministratore delegato e direttore generale di Bnl Fondi Immobiliari. 

* L’articolo è tratto dal mensile REALTY di luglio/agosto.

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