Mercati: la Fed conferma i peggiori timori. Le conseguenze

A muovere i mercati, ancora una volta, è soprattutto la Fed, che nelle minute pubblicate nel pomeriggio di ieri ha confermato i peggiori timori suscitati dalle recenti dichiarazioni super-restrittive di alcuni suoi esponenti di spicco. Nessun dubbio sulle priorità: l’inflazione va affrontata con decisione e se questo comporta privare di un po’ di benessere i detentori di azioni ed obbligazioni questo è un prezzo sostenibile (sono le parole di Bill Dudley, ex presidente della FED di NY) per raggiungere una normalizzazione nei prezzi.

Sdoganata così non solo l’eventualità di rialzi più corposi nei mesi a venire nell’ordine dei 50 punti base (il mercato adesso sconta 225 punti di rialzi per l’anno in corso, ovvero tre rialzi da 50 e tre da 25) ma anche una accelerazione del Quantitative Tightening che procederà a ridurre il bilancio della Banca Centrale, attualmente attestato a ridosso dei 9 trilioni di dollari, per oltre 1 trilione attraverso un riduzione nella detenzione di Treasury (60 milioni/mese) e MBS (35 milioni/mese) per complessivamente 95 milioni di usd al mese, circa il doppio del ritmo visto in occasione dell’ultimo QT avvenuto tra il 2017 ed il 2019 (50 milioni di usd mese).

Inutile dire come i mercati azionari abbiano preso decisamente male la novella, con i listini europei che segnano la loro peggiore giornata dal 10 marzo scorso, quelli USA trascinati al ribasso dai titoli tecnologici (il Nasdaq incamera una flessione nelle ultime due giorntae di borsa superiore al 4,5%) e il comparto asiatico alla sua terza tornata in calo consecutiva questa mattina, appena smorzata dalle dichiarazioni della Cina di voler porre mano a politiche di sostegno per stemperare gli effetti legati ai diffusi lockdown pandemici nel Paese.

A cura di Michael Palatiello, ad e strategist di Wings Partners Sim

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