“In termini di dollari – affermano gli analisti della banca d’affari americana – l’open interest totale dei future sulle commodity a esclusione dell’oro è di circa 1,4 trilioni di dollari, che, sebbene elevato per gli standard storici, sembra molto più basso rispetto allo stock di azioni, obbligazioni e contanti nel mondo. Nella congiuntura attuale, in cui la necessità di coperture contro l’inflazione è più elevata, è concepibile vedere le allocazioni di materie prime a lungo termine che alla fine salgono al di sopra dell’1% del totale delle attività finanziarie a livello globale, superando i massimi precedenti registrati nel 2008 o nel 2011″.
La banca fa insomma notare che l’allocazione delle materie prime è superiore alla media storica dai massimi del 2008 e successiva alla debacle di Lehman Brothers, ad indicare che ci sono ancora margini di crescita.
I prezzi delle materie prime hanno raggiunto un aumento medio del 40% calcolato su un paniere di materie prime e beni, non considerando l’oro ovviamente.
Il record raggiunto il mese scorso a seguito delle sanzioni alla Russia da parte di Nato e paesi dell’Europa è frutto non solo dall’aumento del petrolio che vola di un più 33%, ma anche dei cereali nella stessa misura, del rame (+7%) e del gas, principe dei rincari con un aumento addirittura del 65%.
Il posizionamento a lungo termine necessita per cui di un sensibile riposizionamento sia da parte degli holder che a livello proprio di magazzino.
I rialzi non sono finiti qui e sono previsti secondo JP Morgan un ulteriore 30%-40% in maniera diffusa per tutte le materie prime.