Mercati: i nodi verranno al pettine nel secondo trimestre

I dati economici del primo trimestre poco riflettono gli effetti del conflitto Russo-Ucraino, che saranno maggiormente visibili a partire dal secondo quarter.

Il nostro modello indica che gli squilibri nell’attività industriale dell’Ucraina, dove nel 2022 il PIL è atteso scendere del 40-50% circa, uniti alla scarsità delle materie prime e agli elevati prezzi dell’energia, tenderanno a rendere duratura la crescita dei prezzi e compromettere la ripresa economica post pandemia. Questo ben si è riflesso, per esempio, nell’indice dell’Istituto Tedesco GFK (che misura la fiducia dei consumatori) di maggio, sceso a -26,5 punti da -15,7 punti di aprile.

Come noto, la BCE ha rivisto le stime di crescita del PIL dell’Eurozona riducendole al 3,7% (dal 4,2%) per il 2022, al 2,8% per il 2023 (dal 2,9%), lasciandole invariate all’1,6% per il 2024. Per quanto riguarda le stime di inflazione la BCE, pur riconoscendo che la guerra avrà un impatto concreto sull’inflazione e ribadendo che il Consiglio Direttivo ritiene probabile che la stessa si stabilizzi nel medio nell’intorno dell’obiettivo pari al 2%, ha avvertito che la crescita dei prezzi potrebbe essere considerevolmente più alta nel breve termine.

Se così sarà e i dati per il momento vanno in questa direzione, è possibile che a luglio la BCE possa aumentare di 0,25 bp i tassi di interesse in linea con quanto dichiarato dal suo stesso presidente (“l’aumento potrebbe avvenire da una settimana a un mese dopo la fine degli acquisiti netti di titoli”), nell’ambito della gradualità, opzionalità e flessibilità più volte invocata.

Quali investimenti quindi in questa fase?

Innanzitutto la scelta del periodo temporale, che deve necessariamente essere di medio/lungo periodo per poter consentire di esprimere un rendimento medio in linea con il rischio sopportato. Meglio poi privilegiare la azioni che i bond, almeno fintantoché i tassi reali rimarranno negativi, privilegiando le aziende di quei settori che sono in grado di aumentare i prezzi finali di vendita a un aumento dei costi complessivi di produzione e hanno una redditività superiore a quella media del proprio settore.

Per quanto riguarda i bond, al momento le opportunità di trovare rendimenti reali positivi sono limitate, a meno di forti cali dell’inflazione o dell’assunzione di un livello di rischio elevato. I titoli protetti dall’inflazione rappresentano una garanzia contro il fallimento nel contenere l’inflazione (le banche centrali al momento non hanno avuto tanto successo su questo fronte). Se quest’ultima dovesse rimanere alta gli investitori potrebbero anche guardare a strategie alternative (hedge fund ?) per proteggersi dall’aumento dei tassi e dall’ampliamento degli spread.

A cura di Antonio Tognoli, Head of Research di Integrae Sim

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