Mercati, Italian Mid Small Caps: le evidenze del report mensile di Intermonte

Dall’ultimo report mensile sull’andamento del segmento italiano delle mid-small cap realizzato da Intermonte emerge che aprile è stato caratterizzato da un continuo newsflow negativo dall’Ucraina e da uno scenario macro ancora scosso dai timori di stagflazione. I gestori di fondi hanno adottato un approccio “wait-and-see” soprattutto sulle mid/small cap. Si guarda con fiducia, dopo alcune settimane recentemente negative, a titoli esposti al business digitale o alle energie rinnovabili, gli operatori della sicurezza informatica o le società coinvolte nella transizione verde. Per quanto riguarda i fondi PIR, si attende una maggiore visibilità per rivalutare le stime, visto lo scenario attuale.

Ecco di seguito le principali evidenze del report nel dettaglio.

  • Performance (-/+). Il mercato azionario italiano (prezzi al 20 aprile 2022) è cresciuto del 2,5% nell’ultimo mese ed è in calo del 9,3% YTD. L’indice FTSE Italia Mid-Cap (+0,2% nell’ultimo mese) ha sottoperformato l’indice principale del 2,3% (-3,1% YTD su base relativa), con l’indice FTSE Italia Small Caps (+4,8% nell’ultimo mese) che ha performato il 2,3% meglio del mercato nell’ultimo mese, o +3,9% su base relativa da inizio 2022. Guardando alle performance delle mid/small cap in tutta Europa, l’indice MSCI Europe Small Caps è rimasto piatto nell’ultimo mese, performando peggio delle small cap italiane.

 

  • Stime: (=). Dall’inizio dell’anno abbiamo attuato una revisione del -1,1% alle nostre stime EPS 2022, nonostante alcuni rialzi degli utili dei titoli energetici, mentre abbiamo tagliato le previsioni per la nostra copertura mid/small cap del 5,0%. Nell’ultimo mese, se ci concentriamo sulla nostra copertura mid/small cap, abbiamo rivisto le previsioni EPS 2022 di +0,2%.

 

  • Valutazioni (=). Se confrontiamo la performance YTD con la variazione delle stime FY22 nello stesso periodo, vediamo che i titoli FTSE MIB hanno registrato un de-rating YTD dell’8,3%, le mid-cap un de-rating del 7,5%, mentre le small cap un re-rating dello 0,8%. Su base P/E, il nostro panel è scambiato con un premio del 48% rispetto alle large cap, ben al di sopra del premio medio storico (17%), ma in linea con il livello di un mese fa (47%).

 

  • Liquidità (-). Guardando all’andamento ufficiale dell’indice italiano, notiamo che la liquidità per le large cap nell’ultimo mese (misurata dai volumi medi moltiplicati per i prezzi medi in un periodo specifico) è leggermente al di sotto della media annuale, risultando inferiore dell’1,3% rispetto alla media a 1 anno e crollando rispetto a un mese fa, quando la stessa metrica era +46,6%. È interessante notare come la liquidità per le mid-cap abbia visto una contrazione più significativa, mostrando una variazione del -14,5%, mentre per le small cap la stessa metrica sia diminuita del 19,3%. Vale la pena notare che la liquidità media giornaliera per la nostra copertura mid/small cap è stata di 2,23 mln di euro nell’ultimo mese, in calo del 5,6% rispetto al periodo corrispondente di un anno fa.

 

  • Strategia d’investimento. Questo mese è stato caratterizzato dal continuo newsflow negativo dall’Ucraina e da uno scenario macro ancora scosso dai timori di stagflazione. Il mercato italiano è stato caratterizzato da volumi di scambio inferiori dopo il riposizionamento avvenuto a marzo. Durante settimane caratterizzate da scarso flusso di notizie specifiche per le società (nuovi aggiornamenti saranno forniti nelle prossime settimane insieme ai risultati del 1Q22), i gestori di fondi hanno adottato un approccio “wait-and-see” soprattutto sulle mid/small cap sulle quali hanno una alta convinzione, mossa, a nostro avviso, sensata. Alcuni investitori guardano a eventi di breve termine, quali ad esempio le elezioni francesi, come a punti di svolta in positivo per il mercato, ma in generale non ci aspettiamo un massiccio re-rating a breve. Rimaniamo fiduciosi, dopo alcune settimane recentemente negative, nel raccomandare nomi con un outlook favorevole come i titoli esposti al business digitale o alle energie rinnovabili, gli operatori della sicurezza informatica o le società coinvolte nella transizione verde. Per quanto riguarda i fondi PIR, per il momento aspettiamo una maggiore visibilità per rivalutare le nostre stime, che rischiano di essere eccessivamente impegnative nello scenario attuale.

La raccolta PIR chiude l’anno con un forte slancio nel 4Q21

Assogestioni ha rilasciato i dati aggiornati sulla raccolta PIR del 4Q21 nella sua analisi trimestrale del 17 febbraio 2022.

La raccolta netta è stata pari a 379,5 mln di euro nel 4Q21, con un’ulteriore accelerazione della raccolta positiva rispetto al 2Q21 (+106 mln) e 3Q21 (+155 mln) dopo tre precedenti trimestri di deflussi. Gli afflussi totali nel 2021 ha raggiunto 323 mln di euro, vicino alla nostra stima. La cifra è simile ai dati diffusi dall’Osservatorio PIR del Sole 24 Ore, che ha stimato una raccolta di circa 363 mln di euro, di cui 94 mln a dicembre, 97 mln ed 172 mln rispettivamente in ottobre e novembre. Secondo Il Sole 24 Ore, la raccolta di gennaio dovrebbe essere rimasta in terreno positivo per 63,5 mln di euro, un trend positivo che è proseguito a febbraio, che dovrebbe aver registrato una raccolta di 37,7 mln di euro.

Inoltre, il 16 settembre Assogestioni ha rilasciato i primi dati ufficiali sulla raccolta alternativa PIR: nel 1H21 la raccolta è stata pari a 428 mln di euro, mentre a fine giugno 2021 gli Asset Under Management erano 684 mln di euro. Dati complessivamente incoraggianti, considerando che per ora solo pochi fondi hanno ricevuto l’approvazione. Ricordiamo che le caratteristiche dei PIR 3.0 sono le seguenti: almeno il 70% del fondo deve essere investito in titoli emessi da società quotate italiane o comunitarie con stabile organizzazione in Italia; di questo 70%, il 25% (cioè il 17,5% del totale del fondo) deve essere investito in titoli non presenti nell’indice principale (FTSE MIB nel caso di titoli quotati in Italia). La principale novità del nuovo regolamento è un investimento minimo obbligatorio del 5% del 70% (quindi il 3,5% del fondo totale) in small cap che non sono quotate né sul FTSE MIB né sul FTSE MID. Questa misura probabilmente incanalerà i flussi in un universo di piccole società che dovrebbero ottenere particolari benefici dal rinnovato interesse degli investitori. Il nuovo regolamento permette anche ai fondi pensione italiani di investire fino al 10% del proprio patrimonio in fondi PIR. Il beneficio fiscale (invariato) riguarda ancora l’eliminazione dell’imposta sulle plusvalenze dopo che l’investimento viene mantenuto nel fondo per almeno 5 anni.

Un recente rapporto pubblicato da Assogestioni (ottobre 2020) ha fornito le sue conclusioni sulle sottoscrizioni di fondi PIR da parte di piccoli investitori retail: a fine anno ‘19, l’investimento cumulativo medio pro capite era di soli 16.383 euro/10.553 euro, con solo il 3% dei sottoscrittori totali che raggiungono la quota massima annuale di 30.000 euro all’anno.

Dopo il lancio ufficiale dei “PIR alternativi”, il Decreto Agosto ha aumentato l’investimento massimo annuo da 150 mila a 300 mila euro: il PIR alternativo è un wrapper con benefici fiscali simili ai PIR (es. esenzione fiscale delle plusvalenze per investimenti tenuti per almeno 5 anni) e, a sua volta, è in grado di investire in ELTIF, fondi di private equity o fondi di private debt. A causa degli investimenti in attività illiquide (più vicine all’economia reale ma più rischiose), gli investitori affluent sono i clienti target. L’importo massimo investibile all’anno è di 300.000 euro a persona (contro i 30.000 euro dei PIR), fino ad un massimo cumulativo di 1,5 milioni di euro a persona. Inoltre, il limite di concentrazione (cioè l’investimento cumulativo massimo in un singolo titolo) è stato fissato al 20% (il 10% è il limite per i normali fondi PIR).

L’interesse degli investitori sarà probabilmente alto (afflussi di 3-5 miliardi di euro all’anno stimati da Assogestioni). Questi strumenti alternativi sarebbero, infatti, adatti a superare la volatilità dei mercati, dato il loro impegno a lungo termine, e sono complementari ai fondi PIR in senso più ampio (pensati per investitori semi-professionali piuttosto che retail). Riteniamo che l’introduzione dei PIR alternativi potrebbe anche rappresentare una soluzione intelligente all’attuale impasse a livello UE sugli ELTIF, in quanto i nuovi PIR alternativi sono autorizzati a comprare fondi ELTIF, beneficiando così indirettamente questi ultimi.

Le stime per i PIR

A lungo termine, le nostre ipotesi si basano sulle aspettative che l’interesse per questo prodotto rimanga abbastanza elevato grazie al vantaggio fiscale e, dal punto di vista del distributore, al fatto che possa contare sull’impegno a lungo termine dell’investitore. Tuttavia, nel breve termine, la volatilità e l’incertezza dei mercati potrebbero compromettere la capacità di raccogliere nuovi afflussi e le nostre previsioni di afflussi per il 2022 saranno probabilmente impegnative. L’imminente pubblicazione degli afflussi di febbraio dovrebbe aiutare a guidare una rivalutazione delle nostre stime.

Le ipotesi alla base delle stime attuali sono le seguenti:

  • Per il 2022 ipotizziamo una raccolta lorda da parte di nuovi sottoscrittori di PIR di 1,8 miliardi di euro;
  • Per quanti sottoscrivono Pir in modo continuativo, ci aspettiamo che la raccolta complessiva nel secondo anno sia pari a una parte della somma accantonata nel primo anno (dal 35% al 40% nel nostro modello); nei restanti anni (cioè dal terzo al quinto anno) ci aspettiamo una raccolta stabile, equivalente in media al 60% degli investimenti fatti nel secondo anno;
  • Infine, calcoliamo l’ammontare del capitale che sarà ritirato dagli investitori che decidono di uscire dal fondo prima del termine di cinque anni (per qualsiasi motivo) a ~4% del patrimonio in gestione nel 2021 e oltre.

Le stime per i PIR alternativi

In occasione della pubblicazione del report di giugno 2020, abbiamo aggiunto anche le nostre stime sulla raccolta prevista per i PIR alternativi. Diversi importanti asset manager italiani hanno ormai lanciato i loro nuovi fondi, per lo più ELTIF, conformi al regolamento e alla definizione di PIR alternativi (e soggetti quindi ai relativi benefici fiscali). Sulla base delle nostre aspettative per gli ELTIF, prevediamo afflussi di 300 mln di euro nel 2020, 1,5 miliardi nel 2021 e 1,8 miliardi nel 2022, raggiungendo così un AuM cumulativo di 3,6 miliardi entro YE22. Per il momento, le nostre stime sono più prudenti rispetto alle previsioni di Assogestioni per questo prodotto, che prevede afflussi compresi tra 3 e 5 miliardi di euro all’anno.

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