Otto principi per costruire nuove regole

di [p]Henry Kaufman[/p] (*)
pubblicato il 5 agosto sul Financial Times,
adattato e tradotto dalla nostra Redazione

Prima di tutto dobbiamo riconoscere che la “deregulation” è una illusione. Di fronte al problema delle regole per i mercati, i governi spesso eludono il problema, e i player di mercato spingono per non avere ostacoli.
Questo potrebbe funzionare se avessimo sul mercato società finanziarie di dimensioni medie o piccole, ma l’esistenza di giganti finanziari integrati che di fatto dominano i mercati porta a situazioni per cui le loro stesse dimensioni diventano un motivo per il quale non si può lasciare che falliscano (too big to fail), e quindi quando i problemi sono veramente gravi viene invocata e creata una rete di protezione più o meno evidente.

Il secondo punto è che una completa deregulation è impraticabile oltre che politicamente e socialmente non accettabile. Questo soprattutto perchè le autorità devono salvaguardare il meccanismo dei pagamenti, in una situazione nella quale queste grandi società sono insieme depositarie e fiduciarie. Questo comporta il fatto di passare da una situazione nella quale i giganti sono “troppo grossi per fallire” a una nella quale i giganti devono essere così forti da non poter fallire. Il che a sua volta comporta che siano tenuti sotto stretta sorveglianza dalle autorità.
Economie molto orientate al mercato sono esposte a rischi crescenti e conseguentemente sono esposte al rischio le istituzioni le finanziano. La competizione finanziaria a sua volta spinge per una continua innovazione che aumenta l’instabilità. Ecco quindi che le autorità di sorveglianza devono essere sempre più competenti e attente agli sviluppi dei mercati e dei prodotti finanziari.

Il terzo punto prevede che le autorità spingano con forza per il rispetto di codici di comportamento con elevati standard. Questo è stato difficile da ottenere proprio perchè l’elevata concentrazione del settore ha portato a conflitti di interesse non risolti, con l’incapacità di contemperare l’interesse privato con la responsabilità pubblica.
Le istituzioni finanziarie svolgono una funzione indispensabile, e quindi le conseguenze del loro fallimento o grave difficoltà vanno ben oltre la perdita del capitale privato.
E quindi queste istituzioni devono essere non solo “troppo grandi per fallire”, ma anche “troppo ‘buone’ per fallire”.

Quarto punto:  in un mercato molto competitivo e con poche regole, le istituzioni finanziarie si spingono in aree di business più rischiose in quanto più redditizie e meno soggette a concorrenza. Questo rafforza le necessità di regole molto precise e di una supervisione attenta.


Quinto punto: le autorità di controllo sono sempre in ritardo rispetto agli sviluppi del mercato e delle tecnologie. Si possono fare moltissimi esempi, dai certificati di deposito negoziabili degli anni Sessanta, all’esplosione dei derivati negli anni Ottanta.
I “controllori” ci hanno sempre messo anni per capire le complessità tecniche e le implicazioni strutturali delle innovazioni finanziarie.

Sesto punto: la deregulation rende molto più complesso il lavoro della FED. Quanto più i mercati sono deregolamentati, tanto più è difficile il compito di stabilizzazione del mercato da parte delle banche centrali. La FED non capisce velocemente le implicazioni di politica monetaria causate dai cambiamenti strutturali dei mercati e dei nuovi strumenti e tecniche di credito.

Settimo punto: un nuovo sistema di regole e controlli dovrebbe dedicare meno attenzione ai fatti di minore rilevanza, e molte più energie alle debolezze intrinseche del sistema.
Sistemi di regole che inizialmente funzionavano, hanno rapidamente perso efficacia per il passo velocissimo tenuto dall’innovazione e dalla tecnologia, e quindi finiscono per essere lettera morta. E oltre a questo il sistema di regole è sempre molto frammentato e poco organico, perchè le autorità sono più di una e spesso non coordinate, e nessuno ha il quadro completo della situazione.

Ottavo e ultimo punto: nel costruire un nuovo sitema di regole dobbiamo tenere conto delle dimensioni internazionali dei mercati e dei grandi player, e cercare di armonizzare le procedure contabili,  e le pratiche di trading e trasparenza tra differenti paesi.
Oggi abbiamo il paradosso di strumenti e istitzioni internazionali, che si confrontano con regole e pratiche molto differenti da paese a paese.

È evidente che ci sono potenti forze che si oppongono alla riforma del sistema di regole per il settore finanziario. Nessuna organizzazione vuole cedere il potere che possiede nel suo ristretto ambito, le istituzioni finanziarie non vogliono regole che limitino la loro autonomia…
Se ipotizziamo che la supervisione e il controllo di un nuovo sistema di regole sia assunto dalla FED (che è il presidio di ultima istanza del nostro mercato), la FED stessa dovrà cambiare la sua cultura istituzionale. E in generale i banchieri centrali divranno dare alla funzione di controllo una priorità molto maggiore rispetto all’attuale.


(*) Henry Kaufman  è presidente della Henry Kaufman & Company, società di consulenza economica e finanziaria. Nella sua carriera è stato Managing Director di Salomon Brothers Inc., e economista alla Federal Reserve Bank di New York. È autore di “On Money and Markets: A Wall Street Memoir” (McGraw-Hill, 2001)

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