Mercati: deficit di offerta microchip fino al 2024. Parola di Intel

Secondo Intel, per arginare il problema della produzione di microchip e di approvvigionamento di materie prime necessarie per produrli dovremo aspettare il 2024 e non il 2023 come da previsioni.

Ad affermalo, come riportato da Cryptonomist.ch, è l’ad del colosso del settore Pat Gelsinger, secondo cui il cosiddetto “shortage” dei microchip non avrà un new deal nel 2023 ma dovremo aspettare almeno un altro anno.

La crisi dei microchip scaturita dalla difficoltà di reperimento di materie prime dall’Asia e più nello specifico dalla Cina che ne è il maggiore esportatore al mondo si è acutizzata ulteriormente a seguito della guerra Russia-Ucraina.

Se il reperimento di materie prime sembra essere stato arginato con successo incrementando l’estrazione negli Stati Uniti, in alcuni giacimenti in Europa e soprattutto in Africa nei paesi ex colonie francesi e britanniche, non si è riuscito ancora a mettere una toppa alla capacità produttiva. 

Secondo l’azienda americana di semiconduttori e processori, nonostante un investimento enorme di ben 80 miliardi di dollari, i risultati saranno apprezzabili solo dal 2024 e questo nonostante una flessione della domanda del 13% quest’anno.

Il calo secondo Intel è stato già apprezzato dal mercato ma ciò nonostante, la capacità produttiva va comunque implementata per far fronte alle sfide future e alla differenziazione dei prodotti.

Negli ultimi anni, proprio per difficoltà oggettive al reperimento di questi microprocessori, molte big tech tra cui i colossi Microsoft ed Apple si sono organizzate autonomamente.

Microsoft produce e disegna autonomamente i propri processori che sono brevettati, mentre Apple si è organizzata con la produzione di processori di tipo M1 sostituendo quasi interamente l’hardware fornito da Intel.

Un altro colpo basso della domanda deriva certamente dai mancati rinnovi contrattuali delle scuole e delle università che a causa della crisi e della pandemia non hanno necessitato di aggiornare i propri strumenti.

A una recente intervista alla CNBC, l’ad della società statunitense ha dichiarato: “Le carenze che oggi colpiscono le apparecchiature e gli impianti produttivi, duramente messi alla prova”. La guerra in Ucraina ha alimentato la crisi dei trasporti e tra pandemia e il lockdown di Shanghai i produttori di microchip non vedono il dissiparsi delle proprie paure dietro l’angolo.

La crisi delle materie prime, semiconduttori e microchip

Solo per l’anno 2021 le ultime stime danno una perdita solo negli Stati Uniti d’America di ben 240 miliardi di dollari a seguito della crisi di approvvigionamento.

Da fonti interne ad Intel trapela che la società sta costruendo due fabbriche di nuova generazione per i chip in Arizona, e in Ohio. In suolo Europeo invece, l’azienda ha annunciato un investimento di 17 miliardi di euro per la costruzione di una gigafactory all’avanguardia in Germania per la produzione di semiconduttori, oltre alla creazione di hub di ricerca e sviluppo, design in Francia.

A questi investimenti nella R&D, seguiranno quelli in fonderie e nelle fasi di back-end della produzione in Italia, Polonia, Irlanda e Spagna dove i costi di produzione sono minori.

C’è una forte consapevolezza che sia fondamentale investire in un sistema che ci porti a mantenere la sovranità tecnologica che è vitale per mantenere competitività nel lungo periodo.

Kearney, società di ricerca indipendente ha stilato un report secondo il quale la domanda di semiconduttori all’avanguardia (dai 10 ai 5 nanometri) in Europa raddoppierà entro il 2030 con un tasso di crescita annuo del 15% per arrivare a un valore di 80 miliardi di dollari.

Greg Slater, vice presidente and Senior Director (e Global Regulatory Affairs) di Intel ha detto che: “Produrre chip a 5 o 7 nanometri è molto complesso, servono tecnologie, infrastrutture e processi di produzione avanzati ed è quindi molto difficile che un nuovo player possa entrare in gioco”.

Per cui se l’Europa darà una mano alle aziende già esistenti sul mercato con la creazione di un ecosistema ad hoc potremmo dire la nostra a livello mondiale.

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