Asset allocation: il valore strategico delle commodity

“Storicamente, le materie prime hanno generato rendimenti reali positivi, hanno dimostrato un’elevata correlazione con l’inflazione e una correlazione relativamente bassa con le azioni, generando in tal modo notevoli benefici per un portafoglio ampiamente diversificato. Gli investitori dovrebbero valutare se un’allocazione a questa asset class sia in grado attutire l’impatto dei picchi inflazionistici che possono interessare di tanto in tanto l’economia”. Ad affermarlo sono Benjamin R. Nastou, Natalie I. Shapiro, Portfolio Manager e Trisha Guchait, Quant Research Analyst di Mfs, che di seguito illustrano del nettaglio la view. 

Negli ultimi 30 anni gli Stati Uniti hanno attraversato una lunga fase caratterizzata da un’inflazione bassa e stabile e accompagnata da tassi d’interesse in discesa e multipli e margini di profitto in salita – condizioni che hanno creato un contesto favorevole per chi investe in azioni e obbligazioni. Questo contesto di bassa inflazione è stato messo in crisi nel post-pandemia, in quanto il Consumer Price Index, che misura la variazione media dei prezzi nel corso del tempo, si è mosso al rialzo per effetto delle strozzature lungo le filiere produttive e dell’impennata della domanda, portandosi sui massimi dal 1990. Dinanzi a questa fiammata prolungata dell’inflazione, è importante capire quali sono gli effetti di una maggiore inflazione sui tradizionali portafogli d’investimento.

I picchi inflazionistici preoccupano gli investitori, sia nei mercati azionari e ancor più in quelli obbligazionari. Per gli obbligazionisti, l’inflazione riduce il potere d’acquisto dei cash flow, ed è tipicamente accompagnata da un aumento dei rendimenti e un calo delle quotazioni. Per gli investitori azionari, l’inflazione tende a causare una flessione dei multipli ed è talvolta associata a una compressione dei margini di profitto, due risvolti problematici per le azioni.

Tuttavia, mentre azioni e obbligazioni hanno sofferto durante le fasi inflazionistiche, le materie prime e altri asset reali hanno conseguito buoni risultati in questi periodi e potrebbero svolgere un’importante funzione di diversificazione all’interno dei portafogli.

Durante i periodi di alta inflazione come gli anni ’70, in cui il tasso d’inflazione medio ha raggiunto il 6,8%, le materie prime hanno generato rendimenti positivi tendenzialmente elevati. Pur non anticipando il ritorno di una fase protratta di inflazione come quella degli anni ’70, crediamo che le fiammate di breve termine, come quelle evidenziate nelle aree ombreggiate della Figura 1, possano avere un impatto significativo sui portafogli, specie per gli investitori con orizzonti temporali più brevi, che non possono ammortizzare le perdite più marcate. Durante i periodi ombreggiati, le materie prime hanno mostrato una forte correlazione con l’inflazione. Gli investimenti in materie prime hanno beneficiato di questi contesti inflazionistici archiviando solidi rendimenti.

Nel breve termine, i picchi d’inflazione inattesi tendono a pesare sulla fiducia dei consumatori e ad agire come fonte di volatilità nei mercati. Nel lungo termine, l’inflazione elevata riduce il potere d’acquisto della ricchezza accumulata.

Gli investitori tendono a trascurare la necessità di avere un elemento di copertura dell’inflazione nel proprio portafoglio d’investimento. Benché prevedere i picchi d’inflazione sia pressoché impossibile, in passato le materie prime hanno fornito una parziale protezione contro l’aumento dell’inflazione in virtù della loro correlazione positiva. Nella Figura 3 mostriamo la correlazione di materie prime e azioni e obbligazioni statunitensi con l’inflazione lungo periodi mensili, trimestrali e annuali a partire dal 1972. Come si evince dal grafico, la correlazione dei rendimenti delle materie prime con l’inflazione è stata positiva, soprattutto lungo i periodi annuali. Di contro, la correlazione dei rendimenti azionari e obbligazionari con l’inflazione è negativa in tutti i periodi di tempo considerati. L’aumento della correlazione positiva tra materie prime e inflazione all’aumentare dell’orizzonte temporale di rendimento indica che la protezione dall’inflazione ottenibile dalle materie prime è maggiore lungo orizzonti temporali più estesi. L’aumento della correlazione negativa tra azioni e obbligazioni e inflazione all’aumentare dell’orizzonte temporale di rendimento indica che l’impatto negativo dell’inflazione sugli investitori azionari e obbligazionari è maggiore lungo orizzonti temporali più estesi.

Oltre a fornire una buona copertura dell’inflazione, le materie prime possono fungere da efficace elemento di diversificazione mediante un’allocazione strategica. Storicamente, gli investimenti in materie prime hanno esibito una scarsa correlazione con i rendimenti azionari e obbligazionari, e possono generare elevati rendimenti positivi quando l’aumento dell’inflazione erode le performance di azioni e obbligazioni. La Figura 4 mostra la bassa correlazione tra materie prime e azioni e la correlazione negativa tra materie prime e obbligazioni.

Un’analisi di lungo termine può gettare luce sul comportamento delle materie prime nelle fasi di alta e bassa inflazione e nei periodi in cui l’inflazione si muove al rialzo o al ribasso. Storicamente, la performance relativa delle varie asset class è stata guidata dal livello e dalla direzione dell’inflazione. La Figura 6 riporta quattro di questi scenari: inflazione elevata e in aumento, inflazione elevata e in calo, inflazione bassa e in aumento, inflazione bassa e in calo. La nostra definizione di inflazione elevata è un indice CPI sopra la mediana del 3,0%.

Nei periodi di maggiore inflazione a partire da gennaio 1973 le materie prime hanno significativamente sovraperformato azioni e obbligazioni. Nei periodi di inflazione alta e in aumento, le materie prime hanno generato un rendimento medio del 29,2%, sovraperformando azioni e obbligazioni del 18,8% e del 23,5% rispettivamente. La sovraperformance delle materie prime è stata meno pronunciata nelle fasi di inflazione elevata e in calo. Di contro, quando l’inflazione si è attestata sotto il 3%, le materie prime hanno sottoperformato sia azioni che obbligazioni di un ampio margine.

Gli investitori possono investire in materie prime in diversi modi. Uno di questi è l’acquisto di materie prime fisiche, come i metalli preziosi. Gli investitori possono inoltre valutare l’impiego di contratti futures o di prodotti negoziati in borsa che replicano direttamente un indice delle materie prime. Si tratta di veicoli molto volatili e complessi, solitamente destinati a investitori esperti. Un altro modo per ottenere un’esposizione alle materie prime è investire in fondi comuni incentrati sulle materie prime. A nostro avviso, è probabilmente questo il modo più prudente per allocare una porzione del proprio portafoglio a questa asset class.

Bisogna inoltre specificare che le materie prime sono volatili e non necessariamente adatte a tutti gli investitori. Possono causare perdite, soprattutto durante le fasi in cui l’inflazione è bassa e in calo.

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