Asset allocation, emergenti: la view di Vanguard

I mercati emergenti si trovano in una situazione difficile, soprattutto alla luce dei recenti cali degli spread che hanno riportato le valutazioni su livelli più normali. I livelli di liquidità sono alti e il sentiment è pessimista, mentre gli afflussi di capitale sono complessivamente negativi. Le obbligazioni sovrane sono sostenute da elevati saldi disponibili degli investitori e da un basso volume di nuove emissioni”. Lo sostiene Nick Eisinger, co-head del team Emerging Markets and Sovereign Debt e gestore dell’Emerging Markets Bond Fund di Vanguard, che di seguito spiega nel dettaglio la view.

I fattori di rischio possono essere identificati in tre aree principali:

Il riequilibrio della politica monetaria della Fed continua, con l’estremità corta della curva dei rendimenti Usa (curva UST) che indica forti rialzi dei tassi. Finora non vi sono scostamenti significativi all’estremità lunga della curva, quindi non si prevedono ancora grandi turbolenze di mercato. Permane tuttavia il rischio di distorsioni in questa parte della curva, così come il rischio di effetti inaspettatamente forti dovuti alla riduzione del bilancio della Fed e della Bce.

La crescita degli esportatori di materie prime tra i mercati emergenti è sostenuta dai prezzi elevati, anche se con risultati contrastanti. Per esempio, la Nigeria sta beneficiando solo parzialmente dell’alto prezzo del petrolio, mentre l’Angola ne sta beneficiando in modo significativo. Vi è la speranza che la Cina si riprenda nella seconda metà dell’anno, una volta rafforzato lo stimolo fiscale e monetario. I dati recenti e i lockdown dovuti al Covid non fanno però ben sperare. Un ulteriore deterioramento della situazione economica in Cina potrebbe avere un impatto negativo sui prezzi del petrolio, che hanno probabilmente già superato il loro picco, nonché sulla crescita dei mercati emergenti e quelli globali più in generale.

La possibilità di una recessione è un nuovo fattore di rischio che potrebbe avere un impatto molto negativo sulle obbligazioni dei mercati emergenti – soprattutto le obbligazioni high yield e le valute. Non ci aspettiamo tuttavia una vera e propria recessione nei prossimi sei mesi, nonostante i segnali provenienti dalla curva Usa a 2 e 10 anni. Il rischio di un forte rallentamento è comunque in aumento e la crescita non dovrebbe accelerare. Il fattore di rischio “recessione” potrebbe quindi assumere importanza nella seconda parte dell’anno.

In questo contesto, stiamo tornando ad assumere una posizione più cauta sul debito emergente

Avevamo aumentato il nostro rischio complessivo e il beta di portafoglio dopo il sell-off del mercato a seguito all’invasione russa dell’Ucraina, anche se da allora è stato ridimensionato. Rimaniamo in una fase caratterizzata da un inasprimento delle politiche monetarie. A nostro avviso, ciò continua a giustificare un’esposizione selettiva alle obbligazioni high yield, poichè presentano spread più elevati e sono più isolate rispetto all’inasprimento monetario. Con l’aumento dei segnali di rallentamento economico e del rischio di recessione, riduciamo la nostra esposizione complessiva alle obbligazioni high yield, data la loro vulnerabilità alla recessione, assumendo una posizione più neutrale o probabilmente addirittura “ribassista”, aumentando l’esposizione su obbligazioni di qualità superiore (IG) o sovrane.

I tassi d’interesse dei mercati emergenti iniziano a sembrare interessanti, considerati i vistosi rialzi da parte delle banche centrali. Ma l’inflazione non ha ancora raggiunto il picco. I tassi forward non hanno ancora superato significativamente la nostra valutazione dei tassi finali nella maggior parte degli emergenti. I mercati valutari sono interessanti perché il carry è molto più alto a causa dei rialzi dei tassi delle banche centrali (ad esempio in Brasile). L’effetto “risk-off” di un dollaro Usa più forte e l’attuale rischio di crescita dei mercati emergenti devono tuttavia essere tenuti in considerazione.

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