Investimenti: i fondamentali restano un faro nella volatilità

La forte volatilità che negli ultimi mesi ha interessato il mercato tende a far perdere di vista i fondamentali dello stesso, che sono gli utili. E’ infatti noto come nel medio e lungo periodo la crescita/flessione degli utili e quella dei prezzi siano positivamente correlate. Esiste un indicatore che mette a confronto i prezzi del mercato con gli utili delle società: il P/E, ovvero il prezzo diviso gli utili.

Anch’esso però soffre della volatilità propria del mercato, avendo come numeratore i prezzi, che cambiano tutti i giorni e al denominatore gli utili che gli analisti aggiornano almeno due volte l’anno. Per questo motivo, anziché utilizzare il P/E come semplice rapporto, in un’analisi di lungo periodo è più significatovi utilizzare il rapporto CAPE (Cyclically Adjusted Price Earnings). L’indicatore è simile al normale P/E, ma invece di utilizzare i dati sugli utili più recenti, il CAPE ratio è calcolato utilizzando il prezzo corrente diviso i guadagni medi nei dieci anni precedenti. Il CAPE ratio è meglio noto come “Shiller P/E ratio”.

I razionali fondamentali economico-finanziari del CAPE ratio derivano dalla considerazione che la redditività di un’azienda è determinata in misura significativa dai numerosi fattori che determinano il ciclo economico. Durante le espansioni, i profitti aumentano notevolmente poiché i consumatori spendono più soldi, ma durante le recessioni i consumatori acquistano di meno, i profitti precipitano e possono trasformarsi in perdite. Mentre le oscillazioni degli utili sono molto più ampie per le aziende nei settori ciclici, come materie prime e finanziari, rispetto a quelle in settori difensivi come servizi pubblici e farmaceutici, poche aziende possono mantenere una redditività costante di fronte a una profonda recessione. Poiché la volatilità degli utili per azione si traduce in rapporti di P/E, che rimbalzano in modo significativo, è utile utilizzare una media di reddito di lungo periodo.

Allo scopo di verificare se l’indice S&P 500, rappresentativo del mercato USA, sia o meno sopravvalutato (stiamo parlando del lungo periodo), abbiamo calcolato la media del CAPE ratio con dati trimestrali dal 2009 al 2021, confrontandola con il dato al dicembre 2021. Ciò che è emerso dall’analisi è che al dicembre 2021 il CAPE ratio risultava superiore alla sua media di lungo periodo del 12,5% (24,1x contro una media di 21,4x).

Considerata la flessione dell’indice dall’inizio dal 31/12/2021 a ieri, pari al 16% e tenuto conto della revisione degli utili stimata per l’anno corrente rispetto al 2021, il nostro modello restituisce un CAPE ratio pari a 23,5x che significa il 10% circa maggiore della sua media storica.

C’è però un aspetto fondamentale che il modello non considera, che è il premio per il rischio richiesto dagli investitori. Questo dipende da diversi fattori, come per esempio l’evolversi della guerra e la conseguente incertezza relativa agli utili aziendali.

Apparentemente quindi un’ulteriore flessione dell’S&P 500 del 10% riporterebbe il CAPE ratio in linea con la sua media storica di lungo periodo. Il che non significa prevedere una flessione del 10% dell’S&P 500 visto che, come dicevamo, diversi altri fattori entrano in gioco, sia positivi che negativi. Ci sentiamo però sicuramente di affermare che l’elevata incertezza sull’evoluzione degli utili aziendali rende più volatili i risultati del modello.

Come comportarsi

In questi casi la strategia è quella di privilegiare l‘investimento in azioni (fintanto che i tassi di interesse reale rimarranno negativi) di quelle aziende in grado di pagare un dividendo sostenibile nel lungo periodo. Ovvero quelle che, pur in presenza di un forte rallentamento economico o peggio di una recessione, sono in grado di aumentare il flusso di cassa garantendo così un rendimento complessivo soddisfacente comparato con il rischio supportato.

A cura di Antonio Tognoli, Head of Research di Integrae Sim

 

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