Mercati, Mid & Small Cap italiane: ecco il report mensile di Intermonte

Dal report mensile sull’andamento del segmento italiano delle mid-small cap realizzato da Intermonte emergono le seguenti principali evidenze.

Maggio è stato sinora un mese caratterizzato da un continuo newsflow negativo dall’Ucraina, dai segnali preoccupanti dei lockdown in Cina e da uno scenario macro che attende ancora che l’inflazione sia riportata sotto controllo. Il mercato italiano è stato caratterizzato da minori volumi di scambio, con le mid-cap di qualità che hanno registrato una performance molto più negativa rispetto alle illiquide small cap.

Per quanto riguarda i fondi PIR ordinari, la raccolta nel 1° trimestre 2022, pari a 160 milioni di euro, è stata in linea con le previsioni, ma Intermonte sta adottando una visione più cauta per il resto dell’anno. Interessante notare come Assogestioni stia riportando anche i dati relativi ai PIR alternativi, suggerendo come questa classe di attivi possa avere un ruolo importante negli anni a venire.

Performance

Il mercato azionario italiano (prezzi al 17 maggio 2022) è sceso del 2,2% nell’ultimo mese e dell’11,4% YTD. L’indice FTSE Italy Mid-Cap (-2,0% nell’ultimo mese) ha sovraperformato l’indice principale dello 0,2% (-3,3% YTD su base relativa), mentre l’indice FTSE Italy Small Caps (+0,2% nell’ultimo mese) ha registrato una performance migliore del 2,4% rispetto al mercato nell’ultimo mese, o +5,1% su base relativa dall’inizio del 2022. Guardando alle performance delle mid/small cap in Europa, l’indice MSCI Europe Small Caps ha perso il 6,7% nell’ultimo mese, con una performance significativamente peggiore rispetto alle mid small cap italiane.

Stime

Dall’inizio dell’anno, abbiamo effettuato una revisione del +4,9% delle nostre stime di EPS per il 2022, soprattutto grazie ai significativi upgrade degli utili dei titoli del settore energetico, mentre in media abbiamo tagliato le previsioni per i restanti titoli, in particolare per la nostra copertura mid/small cap del 3,6%. Nell’ultimo mese, se ci concentriamo sulla nostra copertura mid/small cap, il flusso di notizie relative ai risultati del 1° trimestre ci ha spinto ad assumere una visione leggermente più costruttiva sull’anno in corso (EPS 2022E rivisto al rialzo dell’1,6%), ma ad essere più cauti sulle proiezioni di crescita nel 2023 (EPS 2023E -1,5%).

Valutazioni

Se confrontiamo la performance YTD con la variazione delle stime per il 2022 nello stesso periodo, notiamo che i titoli del FTSE MIB hanno registrato un de-rating del 16,9% (dal -8,3% di un mese fa), le mid-cap hanno registrato un de-rating dell’11,7% e le small-cap hanno registrato un re-rating del 2,4%. Su una base P/E, il nostro panel è scambiato con un premio del 44% rispetto alle large cap, ben al di sopra del premio medio storico (17%), ma leggermente al di sotto del livello di un mese fa (48%).

Liquidità

Osservando l’andamento degli indici ufficiali italiani, notiamo che la liquidità per le large cap nell’ultimo mese (misurata dai volumi medi moltiplicati per i prezzi medi nel periodo specifico) è al di sotto della media annuale, risultando inferiore del 15,5% rispetto alla media a un anno, peggiorando ulteriormente rispetto a un mese fa, quando lo stesso parametro era pari a -1,3%. È interessante notare come la liquidità per le mid-cap abbia subito una contrazione più significativa, mostrando una variazione del -23,1%, mentre per le small cap la stessa metrica sia diminuita del 19,8%. Vale la pena di notare che la liquidità media giornaliera per la nostra copertura mid/small cap è stata di 2,05 milioni di euro nell’ultimo mese, in calo del 23,6% rispetto al corrispondente periodo di un anno fa.

Strategia di investimento

Il mese è stato caratterizzato dal continuo flusso di notizie negative provenienti dall’Ucraina, dai segnali preoccupanti provenienti dai lockdown in Cina e da uno scenario macro che attende ancora che l’inflazione possa essere riportata sotto controllo. Il mercato italiano è stato caratterizzato da minori volumi di scambio, con le mid-cap di qualità che hanno registrato una performance molto più negativa rispetto alle illiquide small cap, suggerendo che gli investitori internazionali potrebbero aver ridotto la loro esposizione. Uno dei nostri principali temi d’investimento, la sovraponderazione dei titoli esposti alla trasformazione digitale, ha dimostrato un cattivo tempismo, nonostante i risultati trimestrali favorevoli. Dopo un significativo de-rating,  le valutazioni sono ora interessanti, alla luce di stime che consideriamo ancora solide anche in uno scenario macro sfavorevole (abbiamo tagliato la nostra previsione di crescita del PIL italiano 2022 a +2% da +3,7% di inizio anno). Per quanto riguarda i fondi PIR ordinari, la raccolta nel 1° trimestre 2022, pari a 160 milioni di euro, è stata in linea con le previsioni, ma stiamo adottando una visione più cauta per il resto dell’anno. Interessante notare come Assogestioni stia riportando anche i dati relativi ai PIR alternativi, suggerendo che questa classe di attivi possa avere un ruolo importante negli anni a venire.

La raccolta PIR

Il 18 maggio Assogestioni ha pubblicato i dati aggiornati sulla raccolta PIR del 1° trimestre ‘22 nella sua revisione trimestrale. Assogestioni ha modificato la propria reportistica e ora rilascia anche i dati di raccolta per i PIR alternativi: nel 1° trimestre ‘22 i PIR ordinari hanno raccolto 160,2 milioni di euro, mentre i PIR alternativi hanno registrato una raccolta di 83,4 milioni di euro. In termini di AuM, i PIR ordinari hanno in gestione 19,8 miliardi di euro, mentre ci sono 1,8 miliardi di euro investiti in fondi PIR alternativi. Per quanto riguarda i PIR ordinari, la raccolta netta trimestrale di 160,2 milioni di euro ha prolungato il numero di trimestri in cui si è registrato un trend positivo, iniziato con il secondo trimestre del 2021. Il dato è migliore di quello pubblicato dall’Osservatorio PIR del Sole 24 Ore, che stimava una raccolta di circa 116 milioni di euro, di cui 63,5 milioni a gennaio, 37,7 mln a febbraio e 15,2 mln a marzo.

Le caratteristiche dei PIR 3.0 sono le seguenti: almeno il 70% del fondo deve essere investito in titoli emessi da società quotate italiane o dell’UE con stabile organizzazione in Italia; di questo 70%, il 25% (cioè il 17,5% del totale) deve essere investito in titoli che non fanno parte dell’indice principale (FTSE MIB nel caso di titoli quotati in Italia). La principale novità del nuovo regolamento è un investimento minimo obbligatorio pari al 5% del 70% (ovvero il 3,5% del fondo totale) in small cap non quotate né sul FTSE MIB né sul FTSE MID. Questa misura è in grado di convogliare i flussi verso un universo di piccole società che si prevede dovrebbero trarre particolare beneficio dal rinnovato interesse degli investitori. Il nuovo regolamento consente inoltre ai fondi pensione italiani di investire fino al 10% del loro patrimonio in fondi PIR. Il beneficio fiscale (invariato) riguarda ancora l’eliminazione dell’imposta sulle plusvalenze a condizione che l’investimento sia stato mantenuto nel fondo per almeno 5 anni.

Dopo il lancio ufficiale dei “PIR alternativi”, il Decreto Agosto ha aumentato l’investimento massimo annuo da 150 mila a 300 mila euro: il PIR alternativo è un wrapper con benefici fiscali simili ai PIR (es. esenzione fiscale delle plusvalenze per investimenti tenuti per almeno 5 anni) e, a sua volta, è in grado di investire in ELTIF, fondi di private equity o fondi di private debt. A causa degli investimenti in attività illiquide (più vicine all’economia reale ma più rischiose), gli investitori affluent sono i clienti target. L’importo massimo investibile all’anno è di 300.000 euro a persona (contro i 30.000 euro dei PIR), fino ad un massimo cumulativo di 1,5 milioni di euro a persona. Inoltre, il limite di concentrazione (cioè l’investimento cumulativo massimo in un singolo titolo) è stato fissato al 20% (il 10% è il limite per i normali fondi PIR).

L’interesse degli investitori sarà probabilmente alto (afflussi di 3-5 miliardi di euro all’anno stimati da Assogestioni). Questi strumenti alternativi sarebbero, infatti, adatti a superare la volatilità dei mercati, dato il loro impegno a lungo termine, e sono complementari ai fondi PIR in senso più ampio (pensati per investitori semi-professionali piuttosto che retail). Riteniamo che l’introduzione dei PIR alternativi potrebbe anche rappresentare una soluzione intelligente all’attuale impasse a livello UE sugli ELTIF, in quanto i nuovi PIR alternativi sono autorizzati a comprare fondi ELTIF, beneficiando così indirettamente questi ultimi.

Le stime per i PIR ordinari

Si prevede che la recente volatilità e l’incertezza dei mercati continueranno, almeno nel breve termine, e probabilmente limiteranno gli afflussi nei prossimi mesi. Per quanto riguarda le nostre previsioni di afflussi per il 2022, abbiamo già evidenziato come fossero basate su ipotesi troppo aggressive. Alla luce dell’attuale scenario e dei dati ufficiali di Assogestioni relativi al 1° trimestre ‘22, stiamo assumendo un atteggiamento più prudente: la nostra nuova stima di afflussi per il 2022 di 838 milioni di euro implica comunque che i prossimi tre trimestri vedranno afflussi complessivi di quasi 680 milioni di euro. Nel lungo termine, le nostre ipotesi si basano sull’aspettativa che l’interesse per questo prodotto rimanga piuttosto alto grazie al beneficio fiscale e, dal punto di vista dei distributori, al fatto di poter contare su un impegno a lungo termine da parte dell’investitore.

Le principali ipotesi alla base delle attuali stime

  • Per il 2022, ipotizziamo una raccolta lorda di nuovi sottoscrittori di PIR pari a 600 milioni di euro, in calo rispetto a 1,8 miliardi di euro;
  • Per quanti sottoscrivono Pir in modo continuativo, prevediamo che la raccolta complessiva nel secondo anno sarà pari a una parte della somma accantonata nel primo anno (dal 35% al 40% nel nostro modello); nei restanti anni (cioè dal terzo al quinto anno) ci aspettiamo afflussi stabili, pari in media al 60% degli investimenti effettuati nel secondo anno;
  • Infine, calcoliamo l’ammontare del capitale che sarà ritirato dagli investitori che decideranno di uscire dal fondo prima del prima del termine dei cinque anni (per qualsiasi motivo) a ~4% delle attività in gestione nel 2022 e oltre.

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