Investimenti: l’outlook di Decalia

“I mercati hanno già prezzato un brusco rallentamento dell’attività economica, che ora inizia a manifestarsi nei comunicati dei dati economici. Tuttavia, continuo a credere che si eviterà un forte e deciso arresto e che si tratterà piuttosto di un rallentamento un po’ più prolungato, che paradossalmente potrebbe non essere una buona notizia”. Ad affermarlo è Fabrizio Quirighetti, CIO ed Head of Multi-Asset di Decalia, che di seguito spiega nel dettaglio la sua visione.

Stiamo andando verso una recessione?

Il comportamento tanto del mercato azionario quanto di quello del credito lo fanno pensare, o almeno hanno segnalato un forte rallentamento rispetto alla crescita dello scorso anno, mentre le prove a livello economico si stanno accumulando. La prima conferma della situazione reale potrebbe avvenire già il 1° giugno con la pubblicazione del manufacturing index dell’Institute of Supply Management (ISM) degli Stati Uniti, che potrebbe ridursi vicino al valore di 50 o addirittura leggermente sotto.

Indice S&P500 (crescita % su base annua) vs. US ISM manufacturing index 

Performance relativa Credito USA IG 5-10y vs UST e US ISM manufacturing index 

Le intuizioni dei mercati sono assolutamente encomiabili, dato che il nostro modello ISM, recentemente aggiornato con i dati di maggio dell’indice Empire Manufacturing e del Philadelphia Fed index, prevede anche che l’indice US ISM manufacturing scenderà verso quota 50 già questo mese.

Modello proprietario US ISM manufacturing index

a questione fondamentale ora è: l’indice US ISM manufacturing scenderà davvero al di sotto di 48 in modo duraturo nel corso dell’estate (non solo una toccata e fuga)? In questo caso, la recessione sarà probabilmente più grave di quanto attualmente prezzato e avverrà anche prima del previsto. Si noti che la crescita del PIL statunitense nell’ultimo trimestre era già in territorio negativo… Quindi, un’altra rilevazione negativa nel Q2 e si avrà così una recessione tecnica lieve. Ad ogni modo, continuo a credere che sarà evitata una brusca contrazione. E’ una buona notizia? Non esaltatevi troppo, perché potrebbe significare che i mercati impiegheranno più tempo per trovare un solido punto minimo. Una crescita resiliente significa in effetti pressioni inflazionistiche più durevoli e di conseguenza una posizione da falco della Fed per più tempo. La rapida correzione di marzo 2020 si è rivelata meno dolorosa per investitori e consumatori rispetto al lungo aggiustamento deflattivo del 2000-2002.

Nel frattempo, non lasciatevi ingannare da dati “nominali” come l’ultimo rapporto sulle vendite al dettaglio negli Stati Uniti, che ha indicato una spesa migliore del previsto (+0,9% rispetto al mese precedente e +8,2% rispetto all’anno precedente). Almeno a prima vista perché, come si può vedere qui sotto, le vendite al dettaglio reali sono diminuite del 4% da maggio 2021 a marzo 2022 (purtroppo i dati reali vengono pubblicati con un mese di ritardo rispetto a quelli nominali). L’inflazione sta quindi mascherando la situazione “reale”, che non è così favorevole come alcuni credono. L’inflazione sta erodendo il potere d’acquisto dei risparmi in liquidità, mentre la brusca correzione dei prezzi delle azioni, dei titoli di stato, del credito o delle criptovalute significa che la maggior parte dell’”eccesso di risparmio” accumulato durante la pandemia è ormai svanito. I bilanci delle famiglie, che un anno fa erano incredibilmente solidi, ora si stanno deteriorando molto rapidamente. Secondo una nota di ricerca di JPM, il calo dei prezzi delle azioni e delle obbligazioni ha ridotto la ricchezza delle famiglie di ben $8.000 miliardi dall’inizio dell’anno. Se si aggiungono l’aumento dei tassi ipotecari, il potenziale calo dei prezzi delle abitazioni e un mercato del lavoro meno favorevole, la narrativa sull’inflazione potrebbe lasciare spazio ai timori di deflazione prima del previsto.

Spendere di più per comprare di meno: vendite al dettaglio nominali vs. reali

In questo contesto, i deludenti comunicati sugli utili di Walmart e Target hanno appena confermato che i consumatori statunitensi stanno effettivamente percependo l’impatto dell’aumento dei prezzi e dell’effetto di deflazione della ricchezza, coerentemente con il livello ai minimi della loro fiducia – nonostante un mercato del lavoro dinamico.

La buona notizia? L’aumento dei prezzi potrebbe finalmente iniziare a frenare l’aumento dei prezzi. Che l’inflazione si riduca quanto basta per evitare uno scenario di stagflazione, che la crescita persista per evitare la recessione o che la Fed non proceda ad una stretta così ampia come si temeva, è un’altra questione. Di conseguenza, la ricerca di un punto di minimo continua, dato che ci troviamo in un contesto complicato e fragile.

Should I stay (comprare) o Should I go (vendere)? Cosa serve per diventare più ottimisti o pessimisti?

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