Mercati, cigni neri pronti a migrare?

Lo stormo di cigni neri che ha oscurato il sole in questa prima parte d’anno non ha certo completato la sua migrazione anche se sembra essersi leggermente diradato lasciando passare qualche raggio di luce. Tuttavia, la Banca Mondiale ha di recente rivisto, e non di poco, le sue stime di crescita per il 2022 e 2023, tagliando quelle per l’anno in corso al 2,9% contro il 4,1% di gennaio e 3,2% di aprile.

2,5% il tasso di crescita in USA (-1,2% rispetto alla previsione precedente), 2,5% anche per l’Europa (-1,7%) e 4,3% per la Cina, a cui si aggiungono le contrazioni sostanziali per Ucraina (-45,1% nel 2022) e Russia (-8,9%).

Eppure non tutte le cattive notizie hanno necessariamente implicazioni negative; prendiamo per esempio lo stato di difficoltà dei venditori all’ingrosso ed al dettaglio, ancora una volta confermato ieri dal downgrade sulle previsioni di profitto pubblicate da Target.

Ebbene guardando alla dinamica delle scorte commerciali, in vistosa salita, si potrebbe iniziare a valutare la possibilità di un c.d. “effetto fionda”, ovvero un periodo di prezzi al dettaglio in forte discesa (generata dalla necessità di liquidare le scorte in eccesso) in un contesto di domanda che sta progressivamente indebolendosi a causa dell’elevato costo della vita.

Insomma esattamente l’opposto di quanto accaduto qualche mese fa, quando la ripresa dei consumi si è scontrata con una carenza negli approvvigionamenti che ha generato la brutale spirale rialzista nei prezzi al consumo. La frenesia nell’accaparrarsi tutto il possibile ha portato i distributori ad ordini sovra dimensionati, ed ora che questi sono in consegna (grazie anche al progressivo disincagliamento della catena logistica) ci si trova con troppa roba in magazzino e pochi interessati ad acquistarla…tempo si saldi insomma.

La teoria potrebbe apparire un po’ tirata, ma è ormai assodato che tutta questa settimana si incentra sulla pubblicazione dei dati sui prezzi al consumo di venerdì in USA (ed anche in Cina, insieme a quelli alla produzione) e notiamo una crescente speranza che i nuovi dati confermino che il picco inflazionistico sia alle spalle, come spiegare altrimenti una Wall Street che riesce, seppur con difficoltà, a portare a casa una sessione in positivo malgrado il profit warning di Target (ricordo che in occasione di quello precedente, insieme a quello omologo di Wal Mart, il mercato andò a fondo in maniera a tratti brutale…).

Effetto fionda ma non certo su tutto, e sicuramente non sul comparto energia, con Goldman Sachs che prevede ora 140 dollari per barile per il Petrolio in estate che, a causa della carenza di capacità di raffinazione, verranno percepiti come 160 dollari per barile se guardiamo benzine e raffinati (il cui costo ancora ieri in USA ha toccato un nuovo record storico con una media nazionale di 4,92 dollari a gallone per la benzina, un incremento di 30 cts rispetto alla scorsa settimana e ben lontani dal 1,87 dollari gallone di un anno fa).

A cura di Michael Palatiello, ad e strategist di Wings Partners Sim

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