2022 odissea nei mercati

Questa prima parte del 2022 è stata molto difficile per i mercati finanziari. Gli operatori temono che uno fra due scenari, entrambi negativi, possa travolgere il mercato nella seconda parte dell’anno: la persistente crescita dell’inflazione che porta un ulteriore rialzo dei rendimenti con il decennale americano ben oltre il 4%, oppure l’arrivo della recessione che provoca una forte inversione di tendenza e riporta i rendimenti ai minimi storici. In questo scenario, ecco di seguito la view di Paolo Mauri Brusa, gestore del team Multi Asset Italia di GAM (Italia) SGR

Inflazione e politiche monetarie restrittive, ormai non si parla d’altro. La Federal Reserve si sta imbarcando in una missione ad alto rischio per aumentare i tassi di interesse al ritmo più veloce degli ultimi decenni senza far crollare l’economica americana. Alcuni analisti ritengono che il rendimento del Treasury a 10 anni balzerà oltre il 4% quando il mercato si arrenderà all’evidenza che l’inflazione è destinata a restare alta per molti trimestri. Una prospettiva che rischia di danneggiare ulteriormente molti settori, dai titoli tecnologici ai mercati emergenti. Altri, invece, sono convinti che l’hard landing che la Fed spera di evitare arriverà già all’inizio del prossimo anno e farà crollare i rendimenti al 2%. Uno scenario di questo tipo spiazzerebbe persino i gestori obbligazionari, alle prese con perdite a due cifre e quindi posizionati in modo difensivo, in un quadro che non ha precedenti nell’ultimo mezzo secolo. In realtà, a supporto di questa seconda ipotesi, già si intravedono alcuni segnali che indicano che le società statunitensi potrebbero andare incontro ad una recessione degli utili prima della fine di quest’anno. L’allarme sui margini lanciato da diversi grossi retailer americani questa settimana è emblematico dei problemi che le aziende stanno affrontando.

Malgrado l’aumento dei costi di materie prime, di trasformazione e di trasporto, molte società hanno dato il via ad una campagna di sconti per ridurre le scorte accumulate in questi mesi. Se è vero che le ultime trimestrali sono state tutto sommato buone, le previsioni per la seconda parte dell’anno sono in generale abbastanza deboli. Non è un caso che l’indice di fiducia degli Amministratori Delegati delle aziende americane (CEO Confidence Index) abbia registrato un forte calo quest’anno. Questo di solito anticipa un rallentamento della crescita degli utili nei successivi 3-6 mesi. Anche se si eviterà una recessione a livello economico, lo scenario per le azioni è destinato a peggiorare prima di migliorare. Tassi più alti e minore liquidità impattano prima sulla crescita che sull’inflazione e, mentre quest’ultima deve ancora raggiungere il picco, la prima comincia a mostrare più di una crepa. Con due rialzi da 50 punti base già prezzati dal mercato (giugno e luglio) e un terzo a settembre pronosticato con un 80% dei consensi, gli effetti negativi su propensione al consumo e prezzi del mercato immobiliare iniziano a fare capolino. L’approccio della BCE al momento si mantiene più prudente e flessibile, con un rialzo da 25 bps a luglio e un secondo a settembre, la cui entità verrà però decisa in base all’evoluzione del quadro macro. Anche in Area Euro le pressioni sui prezzi non mostrano cedimenti, le previsioni della Bce sull’inflazione a fine 2022 sono state alzate dal 5,1% al 6,8%, per la Lagarde tenere a bada i falchi sarà sempre più difficile.

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