Asset allocation: ecco cosa prediligere in uno scenario di tassi in salita

Powell parlerà oggi in serata. L’inflazione Usa all’8,6% non lascia molte alternative alle decisioni da prendere: i tassi aumenteranno di ulteriori 50 punti base, probabilmente.

Come più volte abbiamo messo in luce, l’aumento serve a poco per ridurre l’inflazione nell’immediato, visto che questa è per lo più da costi sui quali le banche centrali hanno le armi spuntate. L’effetto è invece quello di smorzare la crescita economica. Se le strozzature nella catene di approvvigionamento e prezzi dell’energia, già di per se sotto pressione in uscita dalla pandemia, sono state ulteriormente stressate dalle tensioni internazionali, allora servirebbe una robusto e intenso lavoro politico che consenta una distensione generale dei mercati, non solo finanziari. Non è possibile chiedere alle banche centrali la soluzione di problemi che non possono risolvere. Non mi sembra che ne gli aumenti recenti ne l’effetto annuncio siano stati in grado di fermare la crescita dei prezzi, che infatti continua a salire.

Secondo il nostro modello, in autunno dovremmo trovarci con i Fed Funds in area neutrale intorno al 2,5%, ma con concrete possibilità di entrata in territorio restrittivo già a fine anno se, come ci aspettiamo, l’inflazione non dovesse mostrare decisi segnali di flessione. Nel 2023 il nostro modello prevede come punto di arrivo i Fed Funds al 3,7%. Questo significa un PIL in crescita del 2,3% nel 2022 (in gran parte frutto dell’effetto di trascinamento del 2021), ma una sostanziale stabilità nel 2023 (+0,2%). A quel punto l’inflazione dovrebbe stazionare nell’intorno del 3-4%.

Powell ha scelto il rallentamento della crescita del PIL e l’aumento della disoccupazione, pur di portare l’inflazione vicino all’obiettivo. Non dimentichiamo che giocano a sfavore della crescita economica anche gli effetti della riduzione del bilancio, che ci aspettiamo proceda ad una velocità doppia rispetto a quella iniziata nel 2017.

La domanda: è possibile che il forte rallentamento economico previsto convinca la FED ad un approccio più cauto che preveda tassi dei Fed Funds non superiori al 2,7% (invece del 3,7%). Sono convinto di si. Del resto, che senso avrebbe altrimenti parlare di flessibilità, che in altri termini credo voglia dire che così come i tassi aumentano in funzione del raggiungimento o meno dell’obiettivo di inflazione, così possono diminuire in funzione del raggiungimento o meno dell’obiettivo di crescita economica. Non bisogna tuttavia commettere l’errore di affidare lo sorti dell’economia alla sola politica monetaria.

E gli investimenti?

La cosa fondamentale è costruire il portafoglio avendo ben chiari i propri obiettivi, sia in termini di rischio/rendimento sia in termini temporali, in modo da non subire il mercato in modo pro-ciclico. Chiarito questo, riteniamo che una buona diversificazione del rischio possa mettere al riparo il portafoglio di lungo periodo da shock esterni.

In una fase di rialzo dei tassi progressiva come quella che ci attende, specialmente se il livello dei tassi di interesse reali è rimasto negativo a lungo, è opportuno prediligere nel portafoglio titoli di Stato con una bassa duration o con elevato flusso cedolare, allungando opportunisticamente (per via dell’appiattimento previsto della curva) la duration marginale in momenti di elevata volatilità. Come più volte abbiamo messo in luce, non sono da sottovalutare gli inflation linked: non conosciamo il livello di inflazione a fine anno, ma sappiamo con certezza che sarà superiore a quello pre-covid. Chiaro quindi che in un’ottica di medio termine, i titoli inflation linked possono garantire una buona protezione del capitale, soprattutto nel momento in cui le banche centrali non sembrano centrare l’obiettivo di inflazione.

Sul fronte azionario, in questa fase riteniamo corretta una strategia bottom up che vada a privilegiare i titoli di quelle società che producono cassa, hanno una redditività mediamente superiore a quella media del proprio settore di riferimento e sono leader nel mercato nel quale operano e sono in grado di pagare un dividendo in modo sostenibile. Da non sottovalutare inoltre le assets class value, quali per esempio oro e immobili.

A cura di Antonio Tognoli, Head of Research di Integrae Sim

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