Asset allocation: outlook favorevole per i bond delle banche europee

L’accelerazione dell’inflazione, l’inizio di un altro ciclo di rialzi dei tassi da parte della Federal Reserve e l’invasione russa in Ucraina hanno incrementato i rendimenti obbligazionari e ampliato gli spread del credito.

Nonostante prospettive economiche meno rosee, le banche europee affrontano il rallentamento con buone riserve di capitale e sono ben posizionate per beneficiare della fase di aumento dei tassi. Gli spread dei titoli finanziari subordinati hanno raggiunto livelli mai visti dalla prima ondata di Covid-19 e, secondo noi, oggi il reddito fisso offre un buon valore agli investitori che cercano protezione dai timori di una spirale inflazionistica e di un inasprimento della politica monetaria“. Ad afermarlo è Jan Willem de Moor, Senior Portfolio Manager Credit di Robeco, che di seguito illustra nel dettaglio la view.

Le banche europee hanno affrontato la crisi tra Russia e Ucraina da una posizione solida, con elevate riserve di capitale e sostanziali accantonamenti di bilancio, accumulati per resistere a eventuali perdite sui finanziamenti legati a Covid. La questione semmai è se sapranno confermarsi resilienti anche di fronte alle significative conseguenze economiche e finanziarie del conflitto. Stando alla nostra analisi, riteniamo che le banche europee siano in grado di gestire le implicazioni finanziarie della guerra e che le attuali valutazioni del settore compensino di gran lunga i potenziali rischi assunti dagli investitori.

La nostra analisi distingue tra impatto diretto e indiretto della guerra tra Russia e Ucraina sulle banche europee. In particolare, prendiamo in considerazione gli effetti dell’esposizione diretta alle attività bancarie e agli asset russi e gli effetti indiretti del rallentamento della crescita economica e dell’aumento dell’inflazione provocati dalla guerra.

Le operazioni bancarie locali e i prestiti internazionali in Russia o a società esposte alla Russia potrebbero generare perdite dirette per le banche europee. Ma l’esposizione alla Russia degli istituti di credito del vecchio continente è pari solo allo 0,5% circa dei prestiti totali, molti dei quali, tra l’altro, a breve scadenza.

Per quantificare le potenziali perdite che l’esposizione diretta alla Russia potrebbe provocare alle banche europee, abbiamo effettuato un’analisi comparativa di due crisi precedenti: durante la crisi russa del 1998 è stato cancellato in media il 60% dei prestiti, mentre la crisi economica del 2008-2010 ha fatto perdere il 15% dei finanziamenti concessi. E va sottolineato che laddove i dirigenti avevano accettato di abbandonare le operazioni locali, le perdite sulle operazioni russe hanno riguardato esclusivamente l’investimento azionario.

Queste esperienze pregresse possono insegnare alle banche come gestire la crisi attuale. Confermano inoltre che gli effetti diretti per le banche europee sono da ricercare nell’impatto sugli utili più che sulla loro posizione patrimoniale.

La nostra conclusione è che, anche nello scenario peggiore, le perdite sui finanziamenti dovute alla diretta esposizione alla Russia non costituiscono un rischio sistemico per il settore bancario europeo.

Le conseguenze indirette della guerra Russia-Ucraina potrebbero far rallentare la crescita economica e far aumentare ulteriormente l’inflazione. A seconda della gravità di questi sviluppi macroeconomici, i bilanci bancari ne risentirebbero in termini di elevate perdite su crediti e, in misura minore, di una riduzione dei ricavi. A mitigarne gli effetti contribuirebbe la solidità delle banche alla vigilia della crisi, grazie alle ampie riserve di capitale accumulate rispetto ai requisiti patrimoniali minimi. In realtà, la maggior parte degli istituti di credito aveva previsto di distribuire tali riserve agli azionisti, ma questi piani potrebbero essere abbandonati in caso di marcato deterioramento dei fondamentali.

Continueremo a monitorare attentamente la situazione, ma dalla nostra analisi emerge che i bilanci bancari, le riserve e la redditività sono a livelli tali da consentire probabilmente al settore bancario di affrontare la fase di stagflazione senza violare i requisiti di capitale. Pertanto, le cedole dei titoli AT1 sarebbero al sicuro.

Il rialzo dei tassi rappresenta un fattore di supporto gradito per le banche europee, destinato a favorirne gli utili e la redditività. Gli istituti tedeschi, italiani e spagnoli evidenziano la maggiore sensibilità all’aumento dei tassi d’interesse, soprattutto in virtù della composizione dei loro finanziamenti. Tra le banche spagnole, per esempio, in alcuni casi assistiamo a un rialzo del 25% nell’interesse netto attivo qualora i tassi dell’Eurozona dovessero aumentare di 100 pb.

Sebbene chi investe in obbligazioni benefici meno direttamente della maggiore redditività rispetto a chi investe in azioni, prevediamo che per alcune banche i tassi d’interesse rappresentino un catalizzatore in grado di alimentare la ristrutturazione, isolare gli istituti poco redditizi e stimolare la resilienza di lungo termine del settore. Per il settore bancario europeo nel suo complesso, la maggiore redditività legata all’aumento dei tassi di interesse potrebbe quindi stimolare il consolidamento e ridurre la frammentazione, contribuendo a ridurre un importante rischio sistemico.

In linea con i finanziari subordinati, gli spread si sono allargati in modo significativo nel primo trimestre del 2022, raggiungendo livelli mai visti dalla diffusione del Covid-19, dai timori del taper del 2018 e dalla crisi del petrolio del 2016. L’andamento degli spread è indicativo dell’enorme impatto prodotto dalla tragica guerra in Ucraina sulle economie europee, soprattutto a causa dell’inflazione e delle interruzioni della catena di fornitura.

Alla luce di questi sviluppi, riteniamo che i rendimenti del debito finanziario subordinato europeo siano molto più interessanti rispetto a quelli del debito corporate investiment grade.

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