Mercati: Btp e Pmi insieme per risollevare l’Italia. La proposta

Si fa presto a dire che l’enorme risparmio degli italiani deve essere incanalato verso l’economia reale e deve essere protetto (art. 47 della Costituzione). Il problema è come. Sicuramente attraverso forme di agevolazioni fiscali alla quotazione delle PMI, vero tessuto produttivo italiano (85% dell’occupazione), che il Covid prima e il caro energia poi con tutto quello che ne segue, rischia concretamente di far sparire. Ma la politica sembra andare nella direzione opposta.

Un esempio su tutti: nel biennio 2020/2021 le detrazioni di imposta per la quotazione delle PMI erano pari a 500mila euro, mentre nel 2022 sono scese a 200mila per un ammontare massino di cinque milioni, vale a dire 25 operazioni (nel 2021 nel solo mercato Euronext Growth Milan, ex AIM, ne sono state quotate 44).

Parliamo di PIR. Iniziativa assolutamente da sostenere. Peccato che in tre anni la normativa è cambiata tre volte generando molta confusione, che è proprio quello che gli investitori vogliono evitare.

Che fare dunque. Si commetterebbe peccato a dire che il Governo e le diverse Commissioni Parlamentari non stiano pensando al risparmio degli italiani. Occorre tuttavia uno sforzo di coordinamento maggiore. Il risultato che si otterrebbe con una riforma complessiva del risparmio che da una parte agevoli le imprese a quotarsi e dall’altra traghetti  i risparmiatori italiani verso l’economia reale in modo vantaggioso, è sicuramente possibile, oltre che doveroso. A maggior ragione nella situazione economica e finanziaria nella quale ci troviamo.

Una possibile proposta

Lo Stato italiano – o ancora meglio la CDP – emette per un ammontare di circa  4 – 5 miliardi un BTP (meglio se CDP con la garanzia statale), con una cedola appetibile (diciamo 3% – 4%) con scadenza a cinquanta anni (o meglio irredimibile) destinati a confluire interamente in una società (una SpA) che ha come oggetto sociale quello di acquistare titoli azionari, ovvero partecipazioni di società medio piccole (diciamo fino a 100 – 150 mln di fatturato) derivanti esclusivamente da aumenti di capitale delle stesse. La SpA veicolo sarà quotata in Borsa e potrà quindi anche raccogliere capitali dal mercato. Gli imprenditori che vedono entrare lo Stato nel proprio capitale possono ri-acquistare le proprie azioni allo stesso prezzo sottoscritto dalla SpA, maggiorato dal tasso di inflazione. Oppure, a fronte di agevolazioni per l’accesso al mercato dei capitali, possono quotare la società in Borsa. Le agevolazioni per la quotazione in Borsa dovrebbero andare da un forte sgravio fiscale pari ai costi totali sostenuti per la quotazione stessa, alla detassazione dei compensi dei consiglieri e sindaci di società quotate, ad un bonus fiscale per “virtuosismo finanziario” legato anche alla crescita del titolo della società quotata. Non si tratta di una riedizione dell’IRI, si badi bene, ma di un sostengo all’economia reale.

Per rendere più appetibile il BTP, tanto per gli investitori italiani che esteri, lo stesso potrebbe avere attaccato anche un warrant (pure quotato) che consenta al possessore di diventare azionista della società a scadenze prefissate, con uno sconto pari al 10% rispetto al prezzo di Borsa medio degli ultimi 6 mesi d’esercizio. Questo consentirebbe di ridurre il debito dello Stato (i BTP verrebbero convertiti in azioni).

Quali sono i vantaggi?

Far arrivare liquidità alle aziende senza aumentare il loro debito. Anzi, con questo aumenta anche la possibilità per le imprese di chiedere debito, visto l’aumento dei mezzi propri conseguente all’aumento di capitale. Chiaro quindi che la “potenza di fuoco” delle imprese per fare investimenti e far ripartire il paese, aumenterebbe notevolmente. Investimenti che entro breve si trasformerebbero in maggiore occupazione e maggiore gettito fiscale. La SpA veicolo, una volta quotata, opererebbe alla stregua di una holding di partecipazioni industriali. Le imprese acquistate della SpA veicolo potrebbero fallire? Probabilmente alcune di esse si. Ma ragionando in termini di massa e di tempo, è lecito pensare che nel medio e lungo periodo – che deve essere l’orizzonte temporale dell’investitore – il rendimento complessivo dell’investimento sarà decisamente maggiore rispetto alla cedola del BTP. In altre parole il rendimento complessivo più che compenserebbe il rischio. Fantaeconomia?

A cura di Antonio Tognoli, Head of Research di Integrae Sim

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!

Tag: