Investimenti: su cosa puntare in Italia da qui al 2030

Già prima della pandemia il nostro Paese era l’anello debole dell’Europa, Grecia a parte. Il PIL cresceva dello zero virgola, il potere d’acquisto dei salari è costantemente diminuito nel corso degli ultimi dieci anni nonostante il costo del lavoro sia complessivamente cresciuto, il debito pubblico è aumentato e la produttività è diminuita. Nonostante questo, grazie ai bassi tassi di interesse garantiti dall’Europa, siamo in qualche modo riusciti a reggere anche l’urto della pandemia e di una guerra economicamente devastante.

Ma che Italia ci sarà nel 2030? Ovviamente non faccio l’indovino e mi limito ad osservare i dati ed estrapolare alcune tendenze.

Cominciamo con la demografia. Secondo il Censis, entro il 2030 i giovani tra i 18-34 anni diminuiranno del 10% a 10,8 mln circa in assenza di adeguate politiche a sostegno delle famiglie, mentre gli over 65 aumenteranno del 34%, arrivando a costituire il 26,5% della popolazione. L’Italia sarà il Paese più vecchio d’Europa: la quota media di giovani sul totale della popolazione sarà infatti del 17,4% contro il 20,8% nel Regno Unito, del 20,3% in Francia e del 19% in Spagna. Questo significa che il tenore di vita attuale non sarà più sostenibile. Occorre infatti che l’Italia diventi un Paese più produttivo e con un numero più alto di posti di lavoro se non vorrà dire definitivamente addio al suo attuale tenore di vita, sostenuto al momento grazie a una situazione estremamente squilibrata, nella quale i giovani si appoggiano alle famiglie d’origine anche oltre i 30 anni. Il tasso di occupazione dovrebbe salire dall’attuale 57,5% al 60,1% nel 2030. Per raggiungere invece l’obiettivo previsto dalla strategia di Lisbona, che prevede una quota di occupati del 70% tra la popolazione di 15-64 anni, bisognerebbe creare 480.000 nuovi posti di lavoro l’anno per i prossimi dieci anni. Queste tendenze non considerano gli investimenti del PNRR e le sue positive ricadute economiche, in primis proprio sull’occupazione. Per questo sono strategici e importanti gli investimenti previsti pubblici del PNRR che, secondo le nostre stime, sono in grado di attivare ulteriori investimenti privati compresi tra 500 – 600  miliardi. La speranza è che gli effetti degli investimenti complessivi continuino a perdurare anche nel lungo periodo. Vedremo.

L’asset allocation

Da privilegiare quindi gli investimenti in tutte quelle imprese coinvolte dagli investimenti pubblici e privati e in particolare quelle che operano nel settore della digitalizzazione di prodotto ma anche di processo, della cyber security, della trasmissione di dati su rete fissa o mobile. Ma anche tutte le imprese che operano nella “rivoluzione verde”, da quelle locali a quelli nazionali, senza dimenticare tutte quelle che operano nel settore delle infrastrutture e della salute.

A cura di Antonio Tognoli, Head of Research di Integrae Sim

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