Investimenti e il “trilemma” della Bce

Siamo ormai abituati a sentir parlare del difficile compito che la Fed dovrà affrontare nel corso dei prossimi mesi. L’obiettivo di quest’ultima è mettere a freno un’inflazione dei prezzi al consumo, pari oggi all’8,6%, senza provocare una recessione o perdite eccessive di posti di lavoro.

Oggi però parliamo della Bce, che dovrà raggiungere gli stessi due obiettivi partendo da tassi di riferimento negativi e da un’inflazione che viaggia anch’essa all’8,6%. L’istituto europeo, tuttavia, ha anche una terza variabile da bilanciare: l’ampliamento dello spread creditizio tra i titoli di Stato tedeschi e quelli dei Paesi dell’Europa meridionale, che riporta alla mente gli spiacevoli ricordi della crisi esistenziale affrontata un decennio fa dall’eurozona.

In questo scenario, ecco di seguito la view di Patrick Barbe, Head of European Investment Grade Fixed Income e Ugo Lancioni, Head of Global Currency di Neuberger Berman.

Stando alle previsioni, il 21 luglio la BCE dovrebbe rivelare i dettagli di uno strumento “antiframmentazione” che la aiuterà a risolvere questo trilemma. Di cosa si tratterà, esattamente? Sarà sufficiente? Il mercato, infine, l’ha già scontato?

Le pressioni inflazionistiche

L’Europa ha un problema di inflazione. A causa della guerra in Ucraina il vecchio continente rappresenta l’epicentro globale dell’aumento dei prezzi. Nonostante il sollievo provocato dal fatto che il dato sull’inflazione armonizzata UE in Germania, pubblicato la scorsa settimana, sia risultato inferiore alle attese, attestandosi all’8,2% invece che all’8,8%, in Spagna l’aumento dei prezzi si è rivelato molto superiore del previsto, arrivando al 10%. Il dato dell’8,6% diffuso lo scorso venerdì, relativo a tutta l’eurozona, è stato anche in questo caso, superiore alle attese.

La debolezza dell’euro rispetto al dollaro non aiuta. Dall’inizio dell’anno la valuta ha perso oltre l’8%, contribuendo all’aumento del costo dell’energia importata. Se la Fed è stata presa allo sprovvisto dall’andamento della curva inflazionistica, la debolezza dell’euro è un’indicazione di quanto la BCE si trovi indietro su questo punto, secondo i mercati, rispetto all’istituto americano. L’euro continua a perdere terreno nonostante i mercati dei tassi scontino più rialzi da parte della BCE che della Fed nel corso dei prossimi tre anni.

Non sorprende, dunque, che la presidente della BCE Christine Lagarde stia assumendo un tono sempre più aggressivo.

Speculazioni sulla frammentazione dell’Eurozona

Il problema è che l’atteggiamento aggressivo non sta facendo aumentare solamente i rendimenti dei titoli tedeschi (che da inizio anno sono saliti di oltre 155 punti base); ma sta facendo salire ancora più velocemente i rendimenti dei Paesi Europei del bacino meridionale. Il rendimento del decennale italiano, seguito da tutti con molta attenzione, è salito di 212 punti base.

Quando il 9 giugno la BCE ha annunciato di voler porre fine al programma di quantitative easing e di voler iniziare ad alzare i tassi di riferimento, lo spread tra decennali tedeschi e italiani si è ampliato rapidamente, fino a toccare quota 240 punti base. Secondo molti investitori il livello di 250 punti base rappresenta una soglia critica che potrebbe richiamare le speculazioni del passato sulla rottura dell’Eurozona.

Il primo anello della catena che unisce la stretta monetaria della BCE agli spread italiani è l’atteggiamento aggressivo dell’Istituto centrale, che porta a un deterioramento delle condizioni nei mercati del credito nel momento in cui questi iniziano a scontarne l’effetto sulla crescita. L’anello successivo è legato al fatto che gli investitori considerano spesso la vendita allo scoperto di obbligazioni dell’Europa meridionale come un modo per coprire il beta di portafoglio dall’esposizione ad asset rischiosi o al credito.

Questo accade nonostante le prospettive, secondo noi relativamente solide, sui fondamentali del nostro Paese, che ad esempio, sembra destinato a sovraperformare sul fronte del deficit grazie alla spesa dei principali Paesi europei per tutelare i propri consumatori dall’inflazione.

Volatilità da speculazione

Per contro, la BCE sta lavorando allo sviluppo di uno strumento “anti-frammentazione” per tenere sotto controllo gli spread dell’Europa meridionale, sganciandosi così dal proprio mandato di stabilità dei prezzi. L’annuncio è stato sufficiente a ridurre lo spread di 50 punti base tra i titoli tedeschi e quelli italiani, riportandolo ai livelli di metà maggio.

Il nuovo strumento, tuttavia, è tale da giustificare la ritrovata fiducia del mercato? A nostro parere ci sono tre domande a cui rispondere.

Gli acquisti di obbligazioni nell’ambito del nuovo strumento prevedono limiti o condizioni? Un programma di portata limitata sarebbe difficilmente in grado di raggiungere questi obiettivi; sarebbe solamente un invito, rivolto al mercato, per metterlo alla prova. Eventuali condizioni imposte, invece, potrebbero dissuadere i Paesi potenzialmente beneficiari dall’accettare gli acquisti.

Gli acquisti di obbligazioni interesseranno solamente specifici Paesi? In passato gli acquisti di obbligazioni venivano allocati in base alla “capital key” dell’Eurosistema: più elevato era il capitale nozionale detenuto da una certa banca centrale presso la BCE, più titoli di quel Paese venivano acquistati.

In altre parole, il sostegno non era incanalato verso i Paesi che ne avevano più bisogno. Oggi il problema risulterebbe ancora maggiore: la BCE, infatti, non vuole spingere al ribasso i rendimenti core dell’eurozona inasprendo così le pressioni inflazionistiche. Per questo motivo, a nostro avviso, il nuovo strumento dovrebbe essere rivolto a specifici Paesi. Riteniamo inoltre probabile che questi acquisti verranno sterilizzati per evitare di distorcere le politiche monetarie.

Gli acquisti mireranno a uno specifico livello “fondamentale” degli spread? Non crediamo che la BCE veda questo come parte del suo compito. Riteniamo invece che lo strumento punterà a ridurre una parte della volatilità speculativa degli spread, persuadendo il mercato che le vendite allo scoperto di obbligazioni dell’Europa meridionale non rappresentino più una copertura efficace dei rischi. Qualora questo nuovo strumento avrà successo crediamo che gli spread potranno riavvicinarsi gradualmente alle attese di mercato sui fondamentali.

Gettare la spugna

In breve, riteniamo che lo strumento di “anti-frammentazione” della BCE unirà la rapidità e la mancanza di condizionalità delle Outright Monetary Transaction alla potenza del Securities Market Programme, per effettuare acquisti lungo le curve dei rendimenti obbligazionari, ma con un obiettivo diverso da quello di entrambi: rimuovere il fattore speculazione dagli spread dell’eurozona o di farli tornare ai propri livelli fondamentali.

Il mercato si lascerà convincere?

A nostro parere le condizioni risultano oggi più favorevoli rispetto a un decennio fa. La guerra in Ucraina ha rafforzato la solidarietà Europea. Mario Draghi, attuale Presidente del Consiglio italiano e stimato ex presidente della BCE, gode di grande favore. Tuttavia, fattore forse più importante di tutti, la Germania, epicentro dello scetticismo nel corso dell’ultima crisi, ha chiaramente bisogno di una soluzione a causa delle sue difficoltà sul fronte del rincaro dei beni energetici.

Ad ogni modo, nonostante l’arretramento degli spread in seguito all’annuncio dello strumento “anti-frammentazione” da parte della BCE, riteniamo che il suo potenziale impatto non sia stato scontato appieno. Sebbene alcuni tra gli operatori più speculativi abbiano gettato la spugna, gli investitori con un orizzonte più di lungo periodo sembrano voler attendere maggiori dettagli prima di agire.

Tutti gli asset rischiosi, tra cui i titoli di Stato italiani, rimangono vulnerabili a una possibile recessione e a un sentiment negativo generalizzato. Ciononostante, a nostro avviso il nuovo strumento “anti-frammentazione” potrebbe fornire agli spread italiani un certo margine di riduzione rispetto ai livelli attuali.

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