Asset allocation, settore healthcare: la raccomandazione di NS Partners

Nel secondo trimestre del 2022 i mercati finanziari sono entrati in territorio Orso a causa di problemi economici come l’inflazione e aspettative di recessione, di tensioni geopolitiche e di difficoltà nelle catene di approvvigionamento, specialmente di materie prime di consumo ed energetiche. “Tuttavia, tra i pochi settori che sono riusciti a sovraperformare l’indice azionario mondiale MSCI World (che ha perso il 15,7% nel secondo trimestre), oltre all’energetico e ai consumer staples, troviamo proprio l’healthcare, confermandosi come un ottimo settore difensivo in momenti di alta volatilità, grazie alla bassa correlazione con il ciclo economico”. A farlo notare è Giacomo Calef, Country manager di NS Partners, che di seguito illustra nel dettaglio la view.

Ovviamente le perdite nell’healthcare, anche se contenute, ci sono state, ma possono essere viste come un potenziale punto di ingresso, poiché uno degli aspetti più interessanti del settore sono proprio le sue prospettive future, il cui principale driver è legato all’invecchiamento della popolazione dei paesi più sviluppati e il relativo aumento dei costi per la spesa sanitaria sostenuta dai governi. Inoltre, secondo gli analisti, ad oggi il settore risulta essere molto inefficiente: ad esempio, nei soli Stati Uniti, un quarto della spesa totale dell’industria sanitaria è legato a costi non medici, come quelli amministrativi che, però, in un futuro potranno essere migliorati grazie all’automazione, alla digitalizzazione ed alle innovazioni tecnologiche. Ad esempio, tra le soluzioni che permetteranno di ridurre i costi troviamo l’at-home care, il virtual care e il monitoraggio dei pazienti da remoto, in una parola Digital Health, dove i più grandi investitori sono proprio i giganti della Silicon Valley come Google, Amazon, Microsoft ed Apple, molto attiva nella realizzazione di dispositivi “health-related”, come gli smartwatch. Inoltre, particolarmente interessante, come sotto-industria, appare il biotech dove l’indice di riferimento MSCI Biotech, da inizio anno, registra una contrazione del 3.2%, ma le potenzialità sono enormi. Infatti, sebbene lo sviluppo di nuove terapie necessiti di numerosissimi finanziamenti, l’ultimo decennio di bassi tassi di interesse ha permesso alle aziende di svolgere ricerca a dei costi più contenuti e, inoltre, uno degli approcci più interessanti sarà l’applicazione dell’intelligenza artificiale ai processi decisionali di sviluppo e scoperta di nuovi farmaci. Infine, va notato che il settore Healthcare, attualmente, viaggia mediamente ad un rapporto prezzo-ricavi di circa 2.4 volte in più rispetto all’indice MSCI World, un valore molto più contenuto rispetto ai 9 registrati in media nel primo decennio del 21° secolo, con concrete potenzialità di crescita per il futuro.

Parità tra euro e dollaro: non accadeva da 20 anni

Da novembre 2002, è la prima volta che l’Euro scende sotto la parità col dollaro e la moneta comune, da inizio anno, ha perso circa il 12% del suo valore nei confronti del biglietto verde. Le fluttuazioni delle due valute non sono decise a livello governativo ma, dato che i tassi di cambio non sono fissi, ad influenzarne le variazioni concorrono diversi fattori: il mercato, le aspettative sull’inflazione, la percezione di stabilità dei relativi paesi e della stessa valuta, i tassi di interesse e le relative decisioni di politica monetaria delle banche centrali, nonché le bilance commerciali. Infatti, se da un lato con la BCE dobbiamo ancora attendere la prossima settimana per vedere il primo rialzo dei tassi dello 0.25%, dall’altro la FED ha agito repentinamente per cercare di arginare l’inflazione negli Stati Uniti, drenando liquidità e portando i tassi di riferimento all’1.75%.

Inoltre, lo scorso mercoledì è uscito il nuovo dato sull’inflazione USA, che raggiunge il livello record di +9.1% su base annua e che, probabilmente, spingerà la banca centrale americana a rialzare i tassi in maniera più sostenuta, allargando il divario tra le diverse politiche monetarie adottate da FED e BCE; a tal proposito alcuni analisti iniziano ad attendersi un rialzo di 100bp per la prossima riunione di luglio. Sull’economia reale la parità euro-dollaro può avere importanti implicazioni dato che, secondo i dati Eurostat, il Vecchio Continente paga circa metà del totale delle sue importazioni in dollari e il petrolio ne è un esempio. Infatti, con l’apprezzamento della valuta americana aumenta ovviamente anche la spesa per i consumi energetici, causando una maggiore inflazione importata nell’Eurozona, che si rifletterà nell’erosione del potere di acquisto delle famiglie, ma anche in un aumento dei costi per le aziende energivore e per quelle che importano materie prime denominate in USD. Tuttavia, un euro più debole può avere degli effetti positivi sulle esportazioni, le quali diventano più competitive a livello internazionale, soprattutto per settori come la moda, il design, il food (ma non solo), supportando un saldo positivo della bilancia commerciale. Ma questo contesto mette a dura prova il raggiungimento di un saldo positivo ed infatti in Germania nel mese di maggio è stato registrato per la prima volta da più di 30 anni un deficit della bilancia commerciale di circa 1 miliardo di euro dove, infatti, le importazioni sono aumentate del 2,7%, trainate da beni energetici e materie prime, e le esportazioni diminuite dello 0,5%.

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