Asset allocation: ecco su cosa puntare in Europa in questa fase

I dati usciti ieri relativi ai prezzi al consumo Europei sono stati in linea con le stime degli analisti e indicano una negativa ulteriore crescita dell’inflazione che ha raggiunto l’8,6% (8,1% a maggio).

La locomotiva tedesca perde i colpi

Secondo l’indagine mensile elaborata dal Zentrum für Europäische Wirtschaftsforschung, a luglio 2022 l’indicatore ZEW sul sentiment economico tedesco è peggiorato a -53,8 punti dai -28 punti del mese precedente. Il dato è stato decisamente peggiore delle previsioni degli analisti, che stimavano un peggioramento a 38,3 punti. Cosa sta succedendo all’economia tedesca?

La Germania paga il prezzo per il suo sostengo all’Ucraina e lo si vede chiaramente dalle nuove stime di crescita del PIL per il 2022 (fortemente in flessione rispetto a quelle precedenti: 2,2% contro 3,6%) e dalla crescita dell’inflazione, attesa al 6,1% contro 3,3% di soli tre mesi fa. Tra l’altro, secondo il ministro dell’economia Habeck la riduzione delle stime non tiene conto della possibile sospensione delle consegne di gas (o di un embargo deciso dagli europei), che si tradurrebbe in una recessione nel 2023. La riduzione della dipendenza dal petrolio Russo dal 35% di fine 2021 al 12% attuale non appare infatti sufficiente a contenere i prezzi dell’energia.

E se la locomotiva Europea riduce il traino, difficilmente tutti gli altri paesi riusciranno a fare meglio. Questo significa che le stime di crescita della BCE (PIL + 2,8% nel 2022 e +2,1% nel 2023) potrebbero essere troppo ottimistiche. In altre parole, la guerra potrebbe avere un impatto maggiore del previsto sull’economia e sull’inflazione Europea per effetto dell’indebolendo del commercio internazionale e del clima di fiducia generale. Ovviamente si tratta di stime, la cui realizzazione o meno dipende in buona parte dagli sviluppi del conflitto e/o dagli effetti delle sanzioni.

In passato le recessioni economiche sono state provocate da un improvviso rialzo dell’inflazione. In seguito, le frenate dell’economia causate da un aumento dei tassi di interesse ed un aumento del credito, hanno scatenato la paura degli investitori (i.e. la bolla internet del 2001 o il fallimento di Lehman Brothers nel 2008). L’inflazione, scesa a seguito della frenata economica, si manteneva però bassa. Oggi assistiamo invece ad una forte espansione del debito per via di tassi d’interesse particolarmente bassi e un altrettanto forte balzo dell’inflazione. Parallelamente le famiglie hanno ridotto l’indebitamento rispetto alla crisi del 2008, mentre le imprese lo hanno invece aumentato.

I mercati finanziari non possono che prenderne atto. Purtroppo però i mercati non possono essere spiegati solo da un insieme di equazioni matematiche così come vorrebbe la teoria del mercato efficiente che, come noto, è basata su ipotesi molto lontane dalla realtà. È praticamente impossibile per un individuo raccogliere tutte le informazioni necessarie ed elaborarle con precisione per assumere una decisione razionale. Gli errori dettati dall’emotività prendono spesso il sopravvento nelle scelte finanziarie. E quando questo avviene, i prezzi sui mercati si muovono e si discostano dai loro fondamentali. L’emotività causa frequenti distorsioni dei prezzi sui mercati finanziari e genera numerose opportunità d’acquisto. Quando si verifica una distorsione comportamentale dei prezzi il mercato smette di essere “efficiente” e l’investitore così può approfittarne. Le distorsioni comportamentali sono quindi la componente principale che utilizzano i gestori attivi per mettere in atto le loro strategie di investimento.

Ora la domanda d’obbligo è: dove è preferibile investire?

Partiamo dalle certezze. A fine settembre il livello dei tassi di interesse sarà maggiore di quello attuale, ovvero il PIL del terzo e quarto trimestre sarà più basso di quello attuale. Quali sono quindi gli investimenti compatibili con questo scenario? La certezza per l’Europa è che il piano Next Generation Eu è partito e che dovrebbe privilegiare tutte quelle imprese che operano nel settore della digitalizzazione di prodotto e di processo, della cyber security, della trasmissione di dati su rete fissa o mobile. Ma anche tutte le imprese che operano nella rivoluzione verde (che probabilmente vedranno pure aumentati gli investimenti), da quelle locali a quelli nazionali senza dimenticare tutte quelle che operano nel settore delle infrastrutture e della salute. Da privilegiare anche tutte quelle imprese in grado di aumentare i prezzi di vendita a un aumento dei costi di produzione.

A cura di Antonio Tognoli, responsabile macro analisi e comunicazione di Cfo Sim

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