Investimenti, un rendimento può sfamare

Analisi di Rahul Bhushan, co-fondatore di Rize ETF

La complessità del nostro (scricchiolante) sistema alimentare fa sì che i tentativi di cambiamento, tanto audaci quanto raffazzonati, spesso non producano i risultati sperati. Ma l’ingegno umano e gli investimenti nelle aziende giuste e lungimiranti possono creare un futuro più ottimista per il nostro pianeta.

La crisi alimentare mondiale è in atto. Il braccio di ferro tra l’alimentazione della nostra crescente popolazione mondiale e l’urgente necessità di ridurre l’impatto umano sul pianeta si sta intensificando.

In un contesto di carenze alimentari causate da conflitti, prezzi in aumento ed eventi meteorologici estremi che devastano i raccolti, non sorprende che le preoccupazioni legate all’alimentazione stiano raggiungendo il punto di ebollizione in molte regioni.

Nell’ultima settimana, abbiamo visto gli agricoltori olandesi protestare nelle strade contro un nuovo piano d’azione del governo per ridurre drasticamente le emissioni di azoto (leggi: ammoniaca) dall’agricoltura. Ma cos’è l’ammoniaca e perché viene presa di mira?

L’ammoniaca è il fertilizzante più utilizzato al mondo. È anche in gran parte sintetica. Per produrla viene utilizzato circa il 2% dell’energia mondiale. E l’85% dell’ammoniaca che produciamo va a produrre il cibo che mangiamo.

Viene prodotta con il processo Haber-Bosch, inventato all’inizio del XX secolo. Senza di esso, non saremmo in grado di coltivare il cibo di cui abbiamo bisogno (gli esseri umani). Infatti, la biocapacità della Terra ci limita a nutrire circa quattro miliardi di persone all’anno, mentre l’attuale popolazione umana globale si avvicina agli otto miliardi. [3] Quindi, in breve, ne abbiamo bisogno.

Il problema è che l’ammoniaca, se lasciata troppo a lungo nel terreno, volatilizza, si lega all’ossigeno e si trasforma in protossido di azoto, un gas a effetto serra. Il protossido di azoto è 300 volte più virulento della CO2.[4] Inoltre, rimane nell’aria molto più a lungo e assorbe più calore, contribuendo al riscaldamento globale.

Nel caso dei Paesi Bassi (il terzo esportatore mondiale di prodotti lattiero-caseari) la fonte primaria dell’ammoniaca è il bestiame, piuttosto che i fertilizzanti.[5] Ci sono molte mucche in un piccolo Paese, con un inevitabile sottoprodotto: l’urina densa di ammoniaca.

Fonte diversa, stesso problema.

Tralasciando l’avventatezza della decisione del governo olandese – dalla mancanza di segnali di pericolo, al fatto che non si è tenuto conto di come questo avrebbe cancellato all’istante i mezzi di sostentamento degli agricoltori olandesi, al non aver utilizzato un approccio graduale – crediamo che questi eventi porteranno a una svolta nel dibattito sul cibo in Europa.

Questo ci fa ben sperare. Abbiamo urgentemente bisogno di affrontare le esternalità negative dell’alimentazione in Europa.

Il nostro tema “Futuro sostenibile dell’alimentazione” si basa sulla convinzione che l’uomo possa affrontare le esternalità negative dell’alimentazione utilizzando la tecnologia. Così come l’innovazione umana ci ha dato il processo Haber-Bosch per aiutare a nutrire il mondo nel XX secolo, crediamo che l’ingegno umano prevarrà anche questa volta e ci darà le tecnologie per affrontare le sfide alimentari di oggi.

In tutto il mondo ci sono già aziende quotate in borsa che stanno incubando ogni tipo di tecnologia, da (1) quelle che cercano di fissare l’azoto direttamente nelle colture usando microbi modificati geneticamente a (2) quelle che quelle che cercano di coltivare alimenti che producono calorie chiave in bioreattori e altri ambienti controllati (invece che sulla terra).

Tutti questi aspetti ci danno grande ottimismo. Siamo fiduciosi che dalla crisi di oggi nasceranno nuovi modi per rendere il nostro sistema alimentare più resiliente e sostenibile, ma anche più adattivo e innovativo.

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