La buona salute delle banche è cruciale per i bond

Proprio su quest’ultimo aspetto ci eravamo recentemente chiesti sui motivi che mantenessero così elevati i tassi al di sotto dei 12 mesi. A ulteriore approfondimento di questa situazione, vogliamo oggi sottolineare due aspetti che ci sembrano di fondamentale importanza non solo per il mercato obbligazionario, ma per tutti i mercati finanziari in generale.

Il primo aspetto riguarda un report dell’agenzia di rating Fitch, che ha analizzato la situazione di liquidità di circa 220 emittenti con un rating inferiore o uguale a BBB (il livello che delimita gli emittenti adatti all’investimento da quelli puramente speculativi).
Da quanto emerge dallo studio di Fitch, nei paesi industrializzati (principalmente Europa e Stati Uniti) le società analizzate hanno in media una discreta riserva di liquidità, che (sottolineiamo in media) le mette in una situazione di relativa tranquillità per almeno i prossimi 24 mesi. Ciò grazie all’intensa attività di rifinanziamento intrapresa dalla maggior parte delle società nel 2006 e soprattutto nel 2007 attraverso emissioni obbligazionarie e aperture o rinnovi di linee di credito con le banche. Ovviamente, soprattutto per quanto riguarda le linee di credito con le banche, la relativa tranquillità degli emittenti si basa sulla condizione che il sistema bancario continui ad onorare i propri impegni.

Diversa invece la situazione per quanto riguarda gli emittenti dei paesi emergenti i quali, sempre secondo lo studio di Fitch, sarebbero stati meno previdenti e in buona parte non avrebbero le riserve di liquidità sufficienti per superare la fase di crisi, senza addizionali sostegni da parte del sistema bancario.
In pratica, numerose società dell’Europa dell’Est e dell’Asia avrebbero una disponibilità di cassa relativamente esigua, contando sul continuo sostegno delle banche per integrare le proprie necessità, senza però precisi accordi in merito.

Da quanto precede sembra quindi emergere una scenario nel quale numerose società in Russia, Cina, India, Corea e Turchia potrebbero entrare in crisi di liquidità nei prossimi 6-9 mesi se non otterranno ulteriori finanziamenti dalle banche. Nei paesi occidentali invece il potenziale momento di crisi sarebbe in media ben più lontano (almeno nel 2010).

Se lo studio di Fitch presenta elementi almeno in parte positivi (per le società dei paesi industrializzati), lo stesso non si può dire da un’analisi della situazione del sistema bancario statunitense e in particolare delle istituzioni di dimensione medio-piccola.
Fino ad ora infatti si è parlato soprattutto della crisi dei grandi istituti ([s]UBS[/s], [s]Merrill Lynch[/s], [s]Lehman Brothers[/s], ecc.), ma a quanto sembra i problemi maggiori potrebbero arrivare dalle banche più piccole, quelle che non arrivano a fare i titoli sui giornali europei.

Il valore dei titoli obbligazionari delle istituzioni bancarie USA di medio-piccole dimensioni ha perso in media circa 10 punti percentuali, il che equivale ad un aumento di rendimento del 4,5%. A conferma della gravità della situazione, la FED statunitense avrebbe inserito ben 90 istituti in una speciale lista di banche “a rischio” (i cui nomi però non sono stati resi noti).
In questa situazione difficile si sono inserite le dichiarazioni di [p]Kenneth Rogoff[/p], ex capo economista del Fondo Monetario Internazionale, secondo il quale sarà necessaria una significativa fase di consolidamento del settore finanziario, con il fallimento di un numero molto elevato di istituzioni.

In conclusione, in questa fase l’analisi del mercato obbligazionario “corporate” e “financial” resta secondo noi cruciale per valutare le possibili tendenze di tutti i mercati finanziari. Finche rimarranno elevati (o peggio si concretizzeranno) i timori di un’ondata di fallimenti soprattutto del settore finanziario, difficilmente si potrà tornare ad una generale situazione di ottimismo e di positività.
A questo proposito le banche continuano a prestarsi vicendevolmente denaro a tassi molto più elevati di quelli normalmente riscontrabili, un segnale quindi di scarsa fiducia del settore in se stesso.

Tutti gli operatori guardano con apprensione soprattutto alle trimestrali delle grandi banche USA, ma forse nei prossimi mesi bisognerà fare soprattutto attenzione a settori e operatori normalmente poco monitorati: quelli delle banche statunitensi di medio-piccole dimensioni e quelli degli emittenti dei paesi emergenti (in particolare Russia, Cina e India). 

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