Fisco e criptovalute: i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate in una circolare chiarisce i dubbi riguardo la dichiarazione dei redditi da criptovalute, nel caso la piattaforma sia italiana, come riportato da Cryptonomist.ch.

Dal punto di vista normativo e soprattutto fiscale continua una certa confusione o quantomeno poca chiarezza su quello che sia la metodologia per le dichiarazioni inerenti i redditi derivanti dal trading di criptovalute. 

L’Agenzia delle Entrate con l’interpello 956-448/2022 sembra aver chiarito almeno un punto che attiene alla dichiarazione del modello Rw. Riguardo agli investimenti all’estero si pensava dovesse riguardare anche quelli in criptovalute, ma l’agenzia ha chiarito che se gli investimenti vengono effettuati attraverso una piattaforma italiana non esiste obbligo di compilare il quadro Rw.

l fatto che sia così difficile arrivare ad un disciplina chiara dal punto di vista fiscale per quanto riguarda le criptovalute è determinato dal fatto che in Italia, come in molti altri Paesi, non esista ancora una regolamentazione chiara del mondo crypto. Nel 2020 il Presidente della Consob, Paolo Savona, aveva espressamente parlato della necessità non più improrogabile di creare una chiara regolamentazione per il mercato delle criptovalute. Ma questo appello a distanza di due anni è praticamente rimasto lettera morta.

Attualmente, come spiegano molti commercialisti, l’inquadramento fiscale applicato alle criptovalute deriva più che altro da interpretazioni di prassi, sostenute da alcuni appoggi giurisprudenziali che, però, difficilmente possono essere confermati da regole giurisprudenziali, mancando appunto una precisa e chiara regolamentazione del mercato delle criptovalute.

L’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione 72/E/2016, supportata dalla sentenza della Corte di Giustizia UE causa C-264/14 del 22 ottobre 2015, ha deciso di assimilare le criptovalute alle valute estere. Ma questa interpretazione, come visto, ha subito delle precise e chiare eccezioni che minano la chiarezza del contribuente, creando difficoltà nel compilare la dichiarazione i redditi derivanti da valute digitali.

Semplificando, secondo la risoluzione del 2016 costituiscono redditi diversi di natura finanziaria, soggetti a imposta sostitutiva del 26%, le plusvalenze derivanti da cessione a termine di criptovalute se l’ammontare detenuto dal contribuente supera la cifra di 51.645,69 euro per sette giorni lavorativi continui durante l’arco dell’anno. Anche qui inutile dire che la confusione regna sovrana nel contribuente e lascia spazio ed adito ad interpretazioni diverse in merito alla difficoltà di calcolare la giacenza media nel proprio wallet digitale.

Questa nuova circolare dell’agenzia delle entrate cerca di mettere un minimo di chiarezza ad una materia che continua a rimanere avvolta nei meandri della interpretazione soggettiva, dal momento che diventa assai difficile calcolare una valuta digitale alla stregua di un reddito estero. Ma fino a che non sarà finalmente recepito un quadro normativo, non solo a livello italiano, ma comunitario, tutto continuerà ad essere molto nebuloso ed opinabile sia dal punto di vista normativo che fiscale.

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