Mercati nella fase “bad news, good news”

Il rally dei mercati finanziari di agosto può essere considerato qualcosa in più di un semplice rimbalzo? Guardiamo come sempre ai dati economici.

L’indicatore USA ISM, che come noto misura l’attività manifatturiera registrata nel mese precedente, è ancora in fase di espansione. Così come buoni sono i dati sull’occupazione e di riflesso i livelli di disoccupazione sono molto bassi. Da segnalare che prima di una recessione la disoccupazione è spesso molto contenuta e cresce rapidamente nel pieno della stessa. Il Consumer Composite Index, segnala invece già da tempo valori inferiori a quelli degli anni ’80.

Le attese dei mercati sono per il discorso che terrà venerdì prossimo Powell (ore 16:00 CET) in occasione del meeting annuale dei banchieri a Jackson Hole. E’ molto probabile che di fronte a una inflazione ancora non in linea con le attese (sebbene in riduzione), il presidente della FED si mostri più falco delle attese dei mercati anche se questo significa una brusca battuta d’arresto della crescita economica. In altre parole, recessione. Non sembrano infatti molto distensive le parole del presidente della FED di Minneapolis, Kashkari, che ha ribadito il suo grande timore che la pressione sui prezzi sia sottovalutata.

Alla luce dei dati sull’occupazione il governo USA (ci sono le elezioni di midterm) e forse anche la FED, è probabile che annunceranno che i primi due trimestri non sono da leggersi come recessivi, ma come rallentamento economico. Niente di più sbagliato. E per diversi motivi. Le variazioni negative del PIL dei primi due trimestri sono infatti avvenute senza che l’effetto dell’aumento dei tassi abbia ancora dispiegato appieno il proprio effetto. Tenuto conto che la FED gestisce la politica monetaria con lo specchietto retrovisore, l’ulteriore aumento dei tassi per smorzare definitivamente l’inflazione è destinato a portare il sistema economico dritto verso la recessione (non più solo tecnica) nel 2023.

Nel breve termine tuttavia l’effetto del rallentamento della corsa dei prezzi dovuto al negativo impatto sui consumi e sull’attività economica in generale derivante dalla politica monetaria restrittiva sarà tuttavia limitato. E questo potrebbe spingere la FED ad aumentare in modo eccessivo i tassi, allungando e rendendo più profonda la recessione. La curva dei rendimenti invertita e i leading economic index hanno da tempo lanciato l’allarme. Non sappiamo se questo sia l’effetto voluto e controllato dalla FED per tagliare definitivamente la testa all’inflazione.

Difficile dire se i mercati abbiano già scontato la recessione del 2023 e forse anche del 2024 e comincino ad incorporare la ripresa successiva. Così come è difficile prevedere che cosa faranno i mercati di fronte ad un aumento di ulteriori 50 bp (o forse 75 bp). Non credo comunque che la FED resti a guardare il mercato che sprofonda (a patto che questo accada) ma che interverrà. Al bisogno. Al momento i mercati sembrano nella fase “bad news, good news”.

A cura di Antonio Tognoli, responsabile macro analisi e comunicazione di Cfo Sim

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!