Asset allocation, Italian Mid Small Caps: il report di Intermonte

Il recente rimbalzo del mercato azionario ha segnato negli ultimi giorni un ritracciamento, ma gli investitori riconoscono di non essere ancora fuori pericolo. Le mid/small cap italiane, in quanto attività relativamente più rischiose, potrebbero essere penalizzate dal contesto attuale, anche se finora la direzione delle stime è stata abbastanza resistente. I titoli nazionali e quelli fortemente esposti ai consumi energetici dovrebbero essere i più colpiti dalla volatilità, quindi la preferenza va ai titoli con un buon profilo internazionale, che beneficiano di contratti esistenti o di un chiaro trend di settore e quelli con bilanci solidi.

E’ quanto, in sintesi, emerge dal report mensile sull’andamento del segmento italiano delle mid-small cap realizzato da Intermonte per il mese di agosto.

Ecco di seguito le altre evidenze del report.

  • Performance (-). Il mercato azionario italiano (prezzi al 22 agosto 2022) è cresciuto del 4,0% nell’ultimo mese, ma è in calo del 19,1% su base annua. L’indice FTSE Italy Mid-Cap (piatto) ha sottoperformato l’indice principale del 4,0% nell’ultimo mese (-2,4% su base annua relativa), mentre l’indice FTSE Italy Small Caps (+0,8%) ha registrato una performance peggiore del 3,2% rispetto al mercato nell’ultimo mese, ma +8,8% su base relativa da inizio 2022. Guardando alle performance delle mid/small cap in Europa, l’indice MSCI Europe Small Caps è sceso dell’1,1% nell’ultimo mese, registrando una performance peggiore rispetto alle mid-cap italiane.
  • Stime (+). Nell’ultimo mese, sulla scorta delle indicazioni positive dei risultati del primo semestre del 2022, abbiamo effettuato una revisione degli utili molto significativa sulla nostra copertura large cap (+12,4%/+4,4% sugli EPS 2022/2023), non solo per quanto riguarda i titoli del settore energetico, ma anche per alcuni nomi dei settori industriale e bancario. Per quanto riguarda la copertura mid/small cap, abbiamo apportato modifiche limitate alle nostre proiezioni sugli EPS 2022 e 2023 (rispettivamente +0,5%/+0,6%). Dall’inizio dell’anno, la revisione degli EPS 2023 per la nostra copertura mid/small cap rimane negativa del 7,3%, a dimostrazione della maggiore prudenza con cui i nostri modelli riflettono il peggioramento del quadro macro.
  • Valutazioni (-). Se confrontiamo la performance dall’inizio dell’anno con la variazione delle stime per il 2022 nello stesso periodo, vediamo che i titoli del FTSE MIB hanno registrato un de-rating su base annua del 39,5% (era -26,7% un mese fa); le mid-cap hanno registrato un de-rating del 24,5%, mentre la revisione delle stime per le small-cap è stata equivalente alla correzione del prezzo delle azioni. Su base P/E, il nostro panel è scambiato con un premio del 46% rispetto alle large cap, ben al di sopra del premio medio storico (17%) e quasi in linea con il livello di un mese fa (45%).
  • Liquidità (-). Osservando l’andamento dell’indice ufficiale italiano, notiamo che la liquidità delle large cap nell’ultimo mese (misurata dai volumi medi moltiplicati per i prezzi medi in un determinato periodo) è al di sotto della media annuale, risultando inferiore del 38,7% rispetto alla media a 1 anno, con un ulteriore peggioramento rispetto a un mese fa, quando la stessa metrica era pari a -26,4%. È interessante notare che la liquidità delle mid cap ha subito una contrazione più significativa, con una variazione del -48,9%, mentre per le small cap la stessa metrica è diminuita del 46,1%. Vale la pena notare che la liquidità media giornaliera per la nostra copertura mid/small cap è stata di 1,19 milioni di euro nell’ultimo mese, con un calo del 47% rispetto al periodo corrispondente di un anno fa.
  • Strategia di investimento. Il recente rimbalzo del mercato azionario, alimentato da una serie di risultati migliori delle attese per il primo semestre del 2022, ha segnato negli ultimi giorni un ritracciamento. In effetti, gli investitori riconoscono di non essere ancora fuori pericolo rispetto alle mosse future delle Banche Centrali, in particolare al quantitative tightening per raffreddare l’inflazione. In Italia, nelle prossime settimane, l’attenzione sarà rivolta alle elezioni del 25 settembre, nel tentativo di anticipare le politiche che saranno attuate dai partiti di destra che probabilmente usciranno vincitori. Riteniamo che in questo contesto le mid/small cap italiane, in quanto attività relativamente più rischiose, possano essere penalizzate, anche se finora la direzione delle stime è stata abbastanza resistente. I titoli nazionali e quelli fortemente esposti ai consumi energetici dovrebbero essere i più colpiti dalla volatilità, quindi la nostra preferenza va ai titoli con un buon profilo internazionale, con tendenze visibili, o che beneficiano di contratti esistenti o di chiare tendenze di settore (ad esempio, rivoluzione digitale, Recovery Plan). La solidità dei bilanci è un altro elemento che può fare la differenza. Per quanto riguarda i PIR, gli afflussi di giugno sono rimasti negativi, senza sorprese; le nostre stime per il resto dell’anno sembrano ancora una volta difficili.

Raccolta PIR in territorio negativo nel secondo trimestre del 2022

Il 18 maggio 2022, Assogestioni ha pubblicato i dati aggiornati sulla raccolta PIR del 1° trimestre 2022 nella sua revisione trimestrale. Assogestioni ha modificato la propria reportistica e ora rilascia anche i dati di raccolta dei PIR alternativi: nel primo trimestre del 2022 i PIR ordinari hanno raccolto 160,2 milioni di euro, mentre i PIR alternativi hanno registrato una raccolta di 83,4 milioni di euro. In termini di AuM, i PIR ordinari hanno in gestione 19,8 miliardi di euro, mentre 1,8 miliardi di euro sono investiti in fondi PIR alternativi. Per quanto riguarda i PIR ordinari, la raccolta netta trimestrale di 160,2 milioni di euro ha prolungato il numero di trimestri in cui si è registrato un trend positivo, iniziato nel secondo trimestre del 2021. Il dato è migliore di quello diffuso dall’Osservatorio PIR del Sole 24 Ore, che stimava una raccolta di circa 116 milioni di euro, di cui 63,5 milioni a gennaio, 37,7 milioni a febbraio e 15,2 milioni a marzo.

Tuttavia, la situazione è peggiorata significativamente nel 2° trimestre del 2022. Secondo il PIR Monitor del Sole24Ore, ad aprile la raccolta è rallentata notevolmente, con un saldo netto positivo di soli 0,7 milioni di euro, prima di diventare negativa a maggio con 158,6 milioni di euro di deflussi; tuttavia, più della metà dell’impatto su questo calo è derivato dai significativi deflussi subiti da un singolo fondo passivo. A giugno, le indicazioni preliminari del Sole 24 Ore parlano di deflussi per 76,2 milioni di euro, portando i deflussi complessivi nel 2° trimestre 2022 e nel 1° semestre 2022 rispettivamente a 234,1 milioni di euro e 73,90 milioni di euro. Come anticipato, questo trend negativo non è una sorpresa alla luce della recente volatilità e incertezza dei mercati, che probabilmente continueranno ad avere un impatto negativo sui flussi in entrata nei prossimi mesi.

Ricordiamo che le caratteristiche del PIR 3.0 sono le seguenti: almeno il 70% del fondo deve essere investito in titoli emessi da società quotate italiane o comunitarie con stabile organizzazione in Italia; di questo 70%, il 25% (cioè il 17,5% del totale del fondo) deve essere investito in titoli non presenti nell’indice principale (FTSE MIB nel caso di titoli quotati in Italia). La principale novità del nuovo regolamento è un investimento minimo obbligatorio del 5% del 70% (o del 3,5% del fondo totale) in small cap non quotate né nel FTSE MIB né nel FTSE MID. Questa misura dovrebbe convogliare i flussi verso un universo di piccole imprese che si prevede possano trarre particolare beneficio dal rinnovato interesse degli investitori. La nuova normativa consente inoltre ai fondi pensione italiani di investire fino al 10% del loro patrimonio in fondi PIR. Il beneficio fiscale (invariato) riguarda ancora l’eliminazione dell’imposta sulle plusvalenze a condizione che l’investimento sia stato mantenuto nel fondo per almeno 5 anni.

Il PIR alternativo, d’altro canto, è un wrapper con benefici fiscali simili a quelli del PIR (esenzione fiscale delle plusvalenze per gli investimenti detenuti per almeno 5 anni) e a sua volta è in grado di investire in ELTIF, fondi di private equity o fondi di private debt. A causa degli investimenti in attività illiquide (più vicine all’economia reale ma più rischiose), gli investitori affluent sono i clienti target. L’importo massimo investibile all’anno è di 300.000 euro per persona (contro i 30.000 euro dei PIR) fino a un massimo cumulativo di 1,5 milioni di euro per persona. Inoltre, il limite di concentrazione (cioè il massimo investimento cumulativo in un singolo titolo) è stato fissato al 20% (il 10% è il limite per i normali fondi PIR).

L’interesse degli investitori sarà probabilmente elevato (la raccolta stimata da Assogestioni è di 3-5 miliardi di euro all’anno). Questi strumenti alternativi sarebbero infatti adatti a superare la volatilità del mercato, dato il loro impegno a lungo termine, e sono complementari ai fondi PIR in senso più ampio (sono pensati per investitori semi-professionali piuttosto che retail). Riteniamo che l’introduzione dei PIR alternativi potrebbe anche rappresentare una soluzione intelligente all’attuale impasse a livello europeo sugli ELTIF, in quanto i nuovi PIR alternativi hanno il diritto di acquistare fondi ELTIF, beneficiando così indirettamente questi ultimi.

Le nostre stime per i PIR ordinari

La recente volatilità e l’incertezza del mercato dovrebbero continuare, almeno nel breve periodo, e probabilmente limiteranno gli afflussi nei prossimi mesi. Per quanto riguarda le nostre previsioni di afflussi per il 2022, abbiamo già evidenziato come fossero basate su ipotesi troppo aggressive. Alla luce dello scenario attuale e dei recenti dati preliminari del PIR monitor, abbiamo assunto una posizione più prudente: la nostra stima per gli afflussi del 2022 è di 338 milioni di euro, ma notiamo che la visibilità rimane molto bassa, sia a causa del contesto generale di mercato che delle specifiche turbolenze politiche italiane. Nel lungo termine, le nostre ipotesi si basano sull’aspettativa che l’interesse per questo prodotto rimanga piuttosto alto grazie al beneficio fiscale e, dal punto di vista del distributore, al fatto di poter contare su un impegno a lungo termine da parte dell’investitore.

Le principali ipotesi alla base delle nostre attuali stime sono le seguenti:

  • Per il 2022, ipotizziamo una raccolta lorda da parte dei nuovi sottoscrittori di PIR pari a 100 milioni di euro;
  • Per quanti sottoscrivono Pir in modo continuativo, prevediamo che la raccolta complessiva nel secondo anno sia pari a una parte della somma accantonata nel primo anno (dal 35% al 40% nel nostro modello); nei restanti anni (cioè dal terzo al quinto anno) prevediamo una raccolta stabile, pari in media al 60% degli investimenti effettuati nel secondo anno;
  • Infine, calcoliamo l’ammontare del capitale che verrà ritirato dagli investitori che decideranno di uscire dal fondo prima del termine dei cinque anni (per qualsiasi motivo) a ~4% delle attività in gestione nel 2022 e oltre.

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