Investimenti in infrastrutture: il clima sta cambiando

Dopo un anno in cui è venuta prepotentemente alla luce la vulnerabilità delle infrastrutture idriche, energetiche e legate alle catene di approvvigionamento, l’approvazione di una nuova serie di norme rappresenta un punto di svolta e indica che i governi, finalmente, stanno iniziando a prendere sul serio gli investimenti infrastrutturali. In questo scenario, ecco di seguito la view di Michael McCarthy, Head of Infrastructure, Private Markets di Neuberger Berman.

Nel mondo delle infrastrutture, strade, ponti, porti, linee di trasmissione e di distribuzione di gas, energia elettrica, acqua non sono gli unici protagonisti. A dominare le cronache, ultimamente, è anche l’attesa su ciò che accadrà in futuro.

Quest’anno, nelle aree più sviluppate, si è avvertito un crescente senso di emergenza rispetto alle infrastrutture. La ripresa dalla pandemia di COVID-19 ha messo a nudo le vulnerabilità irrisolte delle nostre catene di approvvigionamento, mentre l’invasione dell’Ucraina ci ha ricordato bruscamente quanto ancora dipendiamo da forniture inaffidabili di combustibili fossili. Entrambi gli eventi hanno fatto aumentare l’inflazione a livelli molto elevati. Un’estate rovente nell’emisfero settentrionale, poi, ha non solo reso evidenti gli effetti del cambiamento climatico, bensì ha anche messo alla prova i sistemi idrici di Stati Uniti ed Europa, portandoli al punto di rottura.

I governi, in risposta, si sono dati da fare sul fronte normativo, con l’ultima novità in materia rappresentata dallo US Inflation Reduction Act (USIRA), divenuto legge lo scorso 16 agosto.

Grazie a questo ed altri analoghi disegni di legge sembra che il mondo stia iniziando a prendere sul serio gli investimenti in infrastrutture. E nonostante si tratti di iniziative legislative di enorme portata siamo, a nostro avviso, solo all’inizio.

Guidare la transizione energetica

L’USIRA stanzia quasi 350 miliardi di dollari solamente a favore di progetti che generano energia a zero emissioni di carbonio e tecnologie per la riduzione delle emissioni di gas serra.

Secondo le stime degli analisti questa cifra consentirà di tagliare le emissioni annuali degli Stati Uniti di un miliardo di tonnellate entro il 2030 e, fatto importante, restituirà al Paese il compito di guidare la transizione verso l’azzeramento delle emissioni nette in occasione del G20 e della COP27, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici di quest’anno.

Aggiungendo 950 milioni di pannelli solari, 120.000 turbine eoliche e 2.300 impianti per la produzione di batterie “grid-scale” al mix energetico dell’America, questo rappresenta anche un’importante opportunità di investimento in infrastrutture. Secondo, la società di ricerca e consulenza, Wood Mackenzie, gli investimenti in energie rinnovabili entro il 2035 arriveranno a superare quota 1.200 miliardi di dollari.

Neutralità tecnologica

L’ammontare stanziato con l’USIRA è elevato. Ma secondo molti analisti, la riforma degli Investment Tax Credits (ITC, crediti d’imposta per investimenti) contenuta al suo interno è ancor più significativa.

Al momento, per accedere agli ITC occorre poter dimostrare di aver investito in una delle tecnologie finalizzate alla produzione di energie rinnovabili, identificate in una breve lista, o che il proprio investimento è direttamente legato ad un progetto che prevede l’utilizzo di queste tecnologie.

Ad esempio, per fruire di un ITC nell’ambito di un investimento in stoccaggio di energia tramite batterie, occorre affrontare un procedimento, a tratti complesso, volto a dimostrare che tale investimento è parte di un progetto legato alla produzione di energia solare o eolica.

L’USIRA prevede invece che entro il 2025 gli ITC divengano neutrali dal punto di vista tecnologico: occorrerà solamente dimostrare che il proprio progetto è finalizzato alla produzione di energia a zero emissioni di gas serra.

Grazie a questo, miliardi di dollari di opportunità di investimento in infrastrutture legate alle energie rinnovabili potrebbero divenire per la prima volta economicamente attrattive. Si tratta di un importante cambio di passo dall’attuale approccio, che mette al centro singole opportunità di investimento poiché guarda, potenzialmente, ad un’ampia gamma di tecnologie ancora da ideare.

Trasmissione

Perché crediamo che sia solo l’inizio?

Innanzitutto, benché l’USIRA abbia eliminato gran parte dell’incertezza che ha colpito il panorama degli investimenti in energie rinnovabili negli Stati Uniti negli ultimi anni, per certi aspetti esso risulta meno ambizioso di quanto il settore si aspettasse dalla proposta di legge nota come “Build Back Better”, la cui approvazione è fallita alcuni mesi fa prima ancora che giungesse al voto in Senato.

Ma l’USIRA, soprattutto, non estende gli ITC agli investimenti per la trasmissione e la distribuzione energetica, come previsto dalla precedente proposta di legge.

Secondo le proiezioni degli analisti nel corso dei prossimi cinque anni, grazie all’USIRA e agli investimenti promossi al suo interno, la capacità di stoccaggio di energia tramite batterie crescerà di cinque o sei volte, consentendoci di sfruttare le infrastrutture di trasmissione energetica già esistenti in modo più efficiente.

A nostro parere, tuttavia, si tratta di una modernizzazione ben lungi da quella necessaria per adeguare le linee di trasmissione del XX secolo all’energia generata nel XXI. Già oggi, ad esempio, le infrastrutture per la generazione di energia solare, installate annualmente, sono il doppio di quelle installate solamente pochi anni fa, ma l’USIRA punta a raddoppiarle ulteriormente. Senza nuove infrastrutture di trasmissione dell’energia, gran parte di quella nuova che verrà prodotta rimarrà probabilmente inutilizzata nei punti più assolati e ventosi.

Per questo riteniamo che il governo americano, alla fine, dovrà tornare sulla questione degli ITC per progetti legati anche a infrastrutture per la trasmissione di energia.

Posti di lavoro

Stiamo poi assistendo ad analoghi sviluppi nel resto del mondo.

I governi stanno solamente iniziando a spendere i 2.000 miliardi euro di pacchetti di stimoli a favore della sostenibilità previsti dal bilancio a lungo termine e dal piano di ripresa NextGenerationEU dell’Unione Europea. In questi giorni, il governo laburista australiano sta approvando una nuova normativa sul clima che punta a ridurre le emissioni di gas serra del 43% entro il 2030 e fornisce incentivi affinché l’industria estrattiva passi dalla produzione di combustibili fossili a quella dei metalli e dei minerali essenziali per la transizione energetica.

Incidenti come la crisi idrica in Mississippi e la siccità in Europa di quest’estate stanno infine aumentando la consapevolezza e la posta in gioco politica in merito all’adeguatezza delle nostre infrastrutture a fronte dell’incremento delle temperature. La minaccia di una recessione potrebbe inoltre aver convinto politici fin qui scettici come il senatore USA Joe Manchin a concentrarsi sui posti di lavoro di alta qualità che possono essere generati votando a favore di nuove spese in infrastrutture legate alle energie rinnovabili.

Due settimane dopo aver promulgato l’USIRA, il presidente Joe Biden ha effettuato 26 nuove nomine nel suo National Infrastructure Advisory Council (il Consiglio Consultivo Nazionale per le Infrastrutture). Sebbene l’annuncio di queste nomine non abbia dominato le prime pagine dei giornali di tutto il mondo come la legge da record appena approvata, questo fatto lascia presagire simili propositi per il futuro. Per gli investimenti in infrastrutture, a nostro avviso, il clima sta chiaramente cambiando.

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