Investimenti: a ottobre cautela più mai d’obbligo

È in arrivo l’inverno… periodo in cui l’era del denaro a buon mercato, dell’abbondanza e della spensieratezza è stata a dir poco messa a dura prova. E, per parafrasare Ernest Hemingway quando parla di bancarotta, “capita lentamente, poi tutto in una volta” (si noti che la versione originale è stata spesso attribuita a Mark Twain o a F. Scott Fitzgerald)”. L’avvertimento arriva da Fabrizio Quirighetti, direttore investimenti di Decalia.

In primo luogo, lo scorso anno l’inflazione transitoria è diventata il nemico pubblico n°1 nella maggior parte dei principali mercati sviluppati. Di conseguenza, le banche centrali stanno ora inasprendo la politica monetaria al ritmo più veloce dagli anni ’70-’80. La scorsa settimana la Fed ha aumentato i tassi di altri 75 punti base per la terza volta consecutiva, portandoli al 3%-3,25%, come previsto. Ma tenendo conto anche della Banca d’Inghilterra (+50 pb), della Banca Nazionale Svizzera (+75 pb), della Norges Bank (+50 pb), della Riksbank (+100 pb) e di altre importanti banche centrali dei paesi emergenti come l’Indonesia (+50 pb), la scorsa settimana abbiamo avuto oltre 500 punti base di rialzo dei tassi a livello globale! Sospetto che nessuno di noi abbia mai sperimentato una tale carneficina obbligazionaria a livello mondiale, dato che questo massiccio e netto riprezzamento è iniziato con tassi/rendimenti/coupon cushion pari a zero. Ancora più importante per i prezzi complessivi degli asset, i tassi reali a 10 anni, cioè corretti dall’inflazione attesa misurata dai Treasury Inflation Protected Securities, sono schizzati a +1,30% dal -1,1% di un anno fa.

Le valutazioni dei titoli azionari hanno chiaramente risentito dell’aumento dei tassi (reali), soprattutto in alcuni segmenti come il settore tecnologico non redditizio o più in generale lo stile di crescita. Il secondo effetto “kiss-cool” potrebbe essere una recessione degli utili, poiché le prospettive di crescita si stanno indebolendo a causa dell’inasprimento della politica monetaria, con le banche centrali pronte a infliggere un lieve shock all’economia per riprendere il controllo dell’inflazione. I recenti profit warning di FedEx e Ford sono stati forse il campanello d’allarme. 

Inoltre, stiamo assistendo ad alcuni cambiamenti geopolitici importanti, a partire dalla guerra in Ucraina (la Russia ha richiamato 300.000 ” riserve” la scorsa settimana), al crescente divario tra Stati Uniti e Cina, o alla crescita del populismo in Europa, come dimostrato in questi giorni dalle elezioni generali in Italia. Il processo di re-shoring, l’aumento delle bollette energetiche, l’aumento dei costi della sicurezza e le incertezze generali rappresentano un’altra serie di venti contrari per i mercati finanziari.

Se settembre è stato indubbiamente negativo per gli investitori, ottobre potrebbe purtroppo essere peggiore… Uno scenario geopolitico difficile, un mercato obbligazionario volatile, la mancanza di coordinamento internazionale, il rischio di un’ulteriore delusione della crescita e ora una crisi valutaria incombente sui mercati sviluppati sembrano sempre più i preparativi per commemorare il 35° anniversario del crash dell’ottobre 1987. Quello che manca, per ora, è solo una capitolazione e/o una dislocazione e/o un evento creditizio (sinonimi gentili di “crash”). Purtroppo è il prezzo da pagare per scatenare forze disinflazionistiche rapide e sufficientemente ampie, che forse faranno riflettere i banchieri centrali o rivaluteranno il loro atteggiamento restrittivo nel breve termine.

Per concludere con una nota positiva, una statistica mostra che le azioni statunitensi hanno sempre registrato rendimenti positivi nei 12 mesi successivi alle elezioni di metà mandato, indipendentemente dal risultato. Potrebbe rivelarsi ancora una volta corretta, soprattutto perché le prossime elezioni di metà mandato negli Stati Uniti si terranno a novembre. 

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