Investimenti: diffidare dei rally nelle fasi ribassiste dei mercati

“Rimaniamo cauti nei confronti dei mercati azionari ravvisando al contempo, nei mercati obbligazionari, una fonte di rendimento potenziale e di diversificazione del portafoglio sempre più interessante”. Ad affermarlo è Erik L. Knutzen, Chief Investment Officer—Multi-Asset Class di Neuberger Berman, che di seguito illustra l’outlook della casa per i prossimi mesi.

Ottimismo eccessivo

Come ha scritto Raheel Siddiqui nel nostro ultimo aggiornamento trimestrale sui mercati azionari, si tratta di una situazione niente affatto inedita.

Quando tra giugno e luglio l’inflazione primaria negli Stati Uniti è diminuita, ha alimentato un consistente rally di metà estate sulla scia della speranza che le banche centrali iniziassero presto a moderare l’inasprimento delle proprie politiche monetarie.

L’esuberanza della scorsa settimana, in modo analogo, sembra essere stata innescata da un rialzo dei tassi sorprendentemente contenuto messo in atto dalla Reserve Bank of Australia, nonché alimentata dai possibili segni di un raffreddamento dell’indice JOLTS (Job Openings and Labor Turnover) statunitense. Il tasso sui Fed Fund alla fine del 2023 scontato dai mercati è passato rapidamente dal 4,5% a solamente il 4,1%. Nel corso della settimana i titoli azionari hanno messo a segno un forte rally prima di tornare in qualche modo ad arretrare, mentre il dato di venerdì sull’occupazione negli Stati Uniti non ha dato alcun motivo alla Federal Reserve USA per deviare dal proprio percorso.

Come accaduto a luglio, gli investitori sono a nostro avviso troppo ottimisti. Troppo ottimisti per quanto riguarda i prezzi al consumo, il cui aumento ci appare sempre più generalizzato e irreversibile, in linea con le nostre prospettive su un’inflazione persistente e strutturalmente più elevata. Troppo ottimisti anche per quanto riguarda la volontà delle banche centrali di allentare le proprie politiche monetarie; né la Fed né la Banca Centrale Europea sembrano infatti in procinto di abbassare i propri toni insolitamente aspri sull’urgenza e sull’importanza di riportare l’inflazione al di sotto del relativo livello obiettivo.

Nello specifico, prendendo per buone le proiezioni della Fed sull’economia e sui propri rialzi dei tassi, potremmo passare da un tasso sui Fed Fund in territorio profondamente negativo ad uno positivo. Tassi reali positivi sono stati la norma fino alla Grande Crisi Finanziaria, eppure per molti investitori è ancora possibile tornare alla “norma” di questo ultimo decennio.

Fattori di diversificazione

Quello che riteniamo potrà accadere, pertanto, è un maggiore inasprimento delle politiche monetarie, un ulteriore rallentamento dell’economia e una revisione al ribasso delle prospettive per gli utili aziendali. È per questo che, in questo frangente, diffidiamo dei rally a breve termine dei mercati azionari.

Tuttavia, pur non essendo convinti che le prospettive economiche si riflettano già nelle prospettive sugli utili, riteniamo che questo ciclo di inasprimento delle politiche sia vicino al risultare del tutto prezzato dai mercati obbligazionari. Pensiamo inoltre che molti investitori abbiano iniziato a scontare una possibile recessione negli spread creditizi, specialmente nel caso degli emittenti di alta qualità.

I rendimenti attuali nei mercati obbligazioni sono interessanti, dunque, e riteniamo che lo saranno ancor di più qualora gli asset rischiosi venissero nuovamente messi sotto pressione. Si viene così a creare una possibilità allettante. I titoli obbligazionari, a nostro parere, possono aiutare ancora una volta a diversificare rispetto alle azioni in periodi di stress, specialmente se l’inflazione iniziasse a scendere rispetto ai suoi livelli estremi, con i tassi di riferimento e timori sulla crescita ancora in aumento.

Domande

Da tempo parliamo delle difficoltà con cui è alle prese la tradizionale allocazione 60/40 azionario/obbligazionario. Gran parte della nostra attenzione è stata concentrata su quel “40”: gestire le proprie posizioni obbligazionarie in modo più attivo per cercare di conservare rendimento e diversificazione, dotandosi di una maggiore esposizione agli investimenti alternativi. Pur continuando a credere in linea generale in quest’approccio, l’aumento dei rendimenti rende le obbligazioni più interessanti.

Ora potrebbe tuttavia essere il momento opportuno per concentrarsi maggiormente sul “60”. Non ci sono più tassi bassi e in calo a far galleggiare tutto il mercato azionario.

Ravvisiamo la necessità di analizzare in modo più dettagliato le proprie esposizioni azionarie, non solo nel tentativo di generare un rendimento potenziale ma anche per preservare la diversificazione del portafoglio. Potrebbero esserci aree geografiche o settori meglio posizionati per reggere in un contesto di inflazione e tassi strutturalmente più elevati? È possibile che il denaro di oggi (redditi azionari) valga più di quello futuro (growth)? Il credito high yield può offrire talvolta un’esposizione al rischio più interessante rispetto ai titoli azionari? Per ridurre al minimo la correlazione tra azioni e obbligazioni, gli investitori dovrebbero ridurre il più possibile la sensibilità ai tassi, o la duration, della propria esposizione azionaria?

Si tratta di domande a cui è difficile dare una risposta ma sicuramente importanti, non solo nel corso dell’attuale rallentamento economico ma perché stiamo entrando in quella che riteniamo sarà una nuova era per l’economia globale. A nostro avviso, se ci lasciassimo convincere dai rally dei mercati ribassisti che è ancora in qualche modo possibile tornare al contesto degli ultimi dieci anni, non faremmo che posticipare il giorno in cui inizieremo a porci queste domande.

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